La tiepidezza, pericolo per i cristiani

Nella prima giornata dei lavori del Sinodo all'ordine del giorno le qualità del nuovo evangelizzatore.

08/10/2012
Monsignor Carlo Maria Celli al termine della conferenza stampa  della prima sessione del Sinodo. Le foto di questo servizio, copertina inclusa, sono dell'agenzia Reuters.
Monsignor Carlo Maria Celli al termine della conferenza stampa della prima sessione del Sinodo. Le foto di questo servizio, copertina inclusa, sono dell'agenzia Reuters.

«È la tiepidezza il più grave pericolo per i cristiani». Benedetto XVI, intervenendo a braccio ai lavori della prima giornata del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione insiste sulla «passione che deve trasformarsi in fuoco della carità».

«La qualità dei nuovi evangelizzatori» tiene banco anche nella cosidetta relatio ante disceptationem del cardinale di Washington Donald William Wuerl. «Audacia, coraggio, legame con la Chiesa, un senso di urgenza e di gioia» sono le «qualità identificate e richieste agli evangelizzatori di oggi».

Per riproporre Cristo oggi, sia a quanti si sono allontanati, sia a coloro, soprattutto delle nuove generazioni, sono sinceramente in ricerca «bisogna avere un atteggiamento di profonda simpatia», insiste monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio consiglio per le comunicazioni. «Abbiamo sempre posto l’accento più sul magister che sul mater della Chiesa e questo forse ci ha impedito di entrare in sintonia con quello che è nel cuore degli uomini e delle donne di oggi».

I 262 vescovi, provenienti da tutto il mondo, sono da oggi al lavoro per capire come riparlare di Dio agli uomini di oggi dopo quello che il cardinale di Washington ha definito «uno tsunami laicista che ha scardinato tutto il paesaggio culturale, portando via con sé indicatori sociali come il matrimonio, la famiglia, il concetto di bene comune e la distinzione fra bene e male».

Ma non è solo una questione di linguaggi e mezzi, è stato detto stamattina. La fede va vissuta oltre che annunciata e questo implica «lo sforzo costante di essere i migliori cristiani possibili». Gli scandali che hanno attraversato la Chiesa, non ultimo quello pedofilia, «anche se peccati di pochi hanno incoraggiato in un modo tragico una sfiducia in alcune delle strutture insite alla Chiesa stessa», ha sottolineato il cardinale Wuerl.

Ma bisogna tornare al Concilio, insiste monsignor Celli e ricordare che «il Sinodo non è una società per azioni che si ritrova per pianificare il suo futuro, ma un’assemblea attraversata dal soffio dello spirito. Ed è per questo che, nonostante tutte le difficoltà, la Chiesa guarda al futuro con speranza aiutando tutti noi a sognare e a riscoprire un Dio che ama il cammino dell’umanità».

Annachiara Valle
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Postato da Andrea Zilio il 08/10/2012 21:59

La tiepidezza dei cristiani, credo, viene da lontano. E' sempre stata una forma di sicurezza, di difesa nei nuovi posti di lavoro, di studio, di residenza. I bravi parroci ci hanno insegnato molto, ma costretto ad ubbidire troppo, a riflettere poco, a rischiare poco. Quando abbiamo cominciato ad agire in proprio, fuori dall'ambiente familiare, parrocchiale, spesso ci siamo sparpagliati in partiti e associazioni diversi, spesso contrapposti. Ma sempre riparati, dietro ad altri, succubi. Troppo disposti ad alzare la mano comunque senza rischiare, senza obiettare. In certe associazioni ci sono sacerdoti che tengono i propri associati quieti, troppo quieti, a comando. Quei rfagazzi difficilmente saranno capi. La fede? Credo che la fede debba essere messa in discussione sempre ed essere riconquistata, rafforzata sempre. Mai quieta. Certo, occorrono maturità, responsabilità, onestà. Ringrazio mos. Celli per avermi fatto tirar fuori queste parole.

Postato da Celso Vassalini il 08/10/2012 17:28

Tovini, Paolo VI e Camadini la loro testimonianza nello spirito di Assisi. Giuseppe Camadini capitano della finanza bianca. Figura guida per Camadini, soprattutto nei passi iniziali, è stato Giuseppe Tovini, Secondo il mio modesto e povero osservatorio, Camadini ha esercitato un' influenza determinante nella vita delle principali istituzioni cattoliche bresciane, molte delle quali erano affidate alla sua guida e alla sua responsabilità. Ed è stato protagonista e forte punto di riferimento per l'intera società civile. Ideatore e costruttore instancabile di opere e iniziative benefiche, di ordine culturale ed educativo con lo scopo di creare uno spazio neutrale d’incontro tra credenti e non credenti”. Papa/Camadini: fede, opera, educazione, il “modello” Paolo VI è ancora attuale. Ancora una volta, abusando di Camadini e di San Francesco. L’evento di Assisi grazie a un’iniziativa cattolica sono stati celebrati i fasti della laicità. Come era nell’impegno di Camadini nel ricordo appassionato di Paolo VI, il papa del Concilio. Benedetto XVI ha dedicato la sua omelia, celebrata a Brescia in occasione della sua visita pastorale, alla memoria del grande pastore. La riflessione del Papa Montini sulla chiesa –ha detto Benedetto XVI – è più che mai attuale. Papa Ratzinger saluta così il grande frutto spirituale della chiesa bresciana, espressione di un popolo credente e non la cui esperienza rimane esemplare per tutti. L'Istituto Paolo VI Centro internazionale di studi e di documentazione, autorevoli voci di cattolici e di non cattolici, uomini di Chiesa, personalità politiche e intellettuali, voci di popolo. Era un silente impegno instancabile di Camadini, dare forma al grido spesso silenzioso e spezzato dell’uomo contemporaneo verso un Dio che per un numero crescente di persone rimane un ‘Dio sconosciuto’. L’opera di Camadini è più viva che mai nella due giorni di Assisi. Uno splendido parterre che pare quasi l’elenco delle figurine di un gioco di società che potrebbe chiamarsi “Bravo chi trova il cattolico”. E invece è qualcosa di serio, di terribilmente serio. Tanto serio che la due giorni di Assisi si apre con un serissimo dialogo tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il cardinale Gianfranco Ravasi e si chiude con un dialogo tra il ministro Corrado Passera e, naturalmente, il cardinale Gianfranco Ravasi. La matrice è evidentissima sin dalla pagina del sito del Cortile dei Gentili in cui si presenta l’iniziativa: “In occasione dell’Anno della Fede, indetto da Papa Benedetto XVI. Il Cortile dei Gentili intende così proporsi come laboratorio di un dialogo di pari dignità tra atei e credenti che purifichi gli atteggiamenti profondi di entrambi nei confronti di Dio e della fede. Ci sostiene in questa impresa la nobile figura di Francesco, il Poverello di Assisi, amato dai credenti di ogni confessione e dai ‘non credenti’, che ci indica sempre di nuovo le vie di questo dialogo attorno alla fede: il grido dei poveri e della Creazione, il grido della pace e della non-violenza, la sfida del dialogo interreligioso e interculturale, una nuova centralità della contemplazione attiva, il grido della bellezza contro la bruttezza e la bruttura”. Ma l’alto profilo intellettuale del loro confronto non confinava le argomentazioni nella serra degli spiriti magni (da Giobbe a Thomas Mann, Benedetto Croce, Ingmar Bergman, Norberto Bobbio). Ne ha dato avviso il Presidente nel suo esordio, dove rammentava di rappresentare tutti gli italiani, credenti e non credenti. Quando ha esaltato lo spirito dell’Assemblea Costituente che ha saputo conciliare diverse ispirazioni ideali in vista del bene comune e dell’interesse generale. Questo deve essere il minimo comun denominatore, il punto d’incontro delle rispettive culture e vocazioni. Il discorso è inevitabilmente franato dalle cime trascendentali sulla considerazione dei mali che affliggono l’Italia, sul degrado politico e morale dei nostri giorni che esige, nelle parole di Napolitano, una vigorosa riscossa: Abbiamo bisogno in tutti i campi di apertura, di reciproco ascolto e comprensione, di dialogo, di avvicinamento e unità nella diversità. abbiamo cioè bisogno dello spirito di Assisi. Il cardinal Ravasi ha sostenuto, di rincalzo, che non si tratta soltanto di atei e credenti. Il Paese ha vissuto momenti più tetri e dolorosi, all’ombra delle guerre e dei totalitarismi che hanno insanguinato il Novecento. Ma tutta nuova è la diffusa amoralità, l’incapacità di distinguere tra nero e bianco, tra bene e male. Si arriva a giustificare con tracotanza, in questa zona grigia, i comportamenti più aberranti. L’idea del Dio sconosciuto, della sua assenza, sembra proiettarsi sul deserto di un qualsivoglia ideale. Celso VassaliniBrescia

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