Beata Savina Petrilli

17/06/2013
Beata Savina Petrilli
Beata Savina Petrilli

Questa è la seconda donna di Siena, dopo santa Caterina, ad essere elevata all’onore degli altari. Nata il 29 agosto1851, secondogenita di otto figli di Celso Petrilli e di Matilde Vetturini, al battesimo le furono imposti i nomi di Savina e Assunta e dopo appena un anno, nel settembre 1852, le fu amministrata la Cresima perché una grave malattia l’aveva ridotta in fin di vita.


Passò gli anni della fanciullezza nella sofferenza fisica, amorevolmente assistita dalla mamma, e sui nove anni poté frequentare la scuola delle Figlie della Carità di S. Girolamo, dove trovò un ambiente congeniale alla sua già matura fede ricevuta in famiglia. Più tardi si affidò alla guida spirituale di don Francesco Ballati, canonico della cattedrale. Pur non frequentando le scuole superiori, era desiderosa di approfondire lo studio del catechismo e si impegnò a insegnarlo ai fratelli, a casa, e in parrocchia ai bambini che si preparavano alla prima Comunione.


Entrata a far parte delle Figlie di Maria, delle quali sarebbe poi diventata la direttrice in qualità di presidente, fin da allora avvertì il desiderio di consacrarsi totalmente al Signore, tanto che fu ammessa alla Prima Comunione pur non avendo ancora compiuto i dodici anni. Nel 1910 scriverà al suo nuovo direttore spirituale, il benedettino padre Odilone Otten: «Appena ricevuto Gesù, mi sentii come immersa in Lui. Il cuore mi batteva così forte che mi pareva dovesse scoppiare per la pienezza del gaudio che provavo!  Piangevo a dirotto e non rammentavo più dove ero: a nulla più pensavo se non al mio caro Gesù che sentivo realmente dentro di me, e ne udivo la voce divina tanto chiaramente, che mi attraeva fortemente ad amarlo... Contemplavo Gesù, ascoltavo Gesù, amavo Gesù che, tanto amorosamente, mi invitava ad amarlo e a servirlo».


Il 7 luglio 1869, insieme a un gruppo di concittadini, fu ricevuta in udienza da Pio IX, il quale le disse: «Cammina sulle orme di Caterina da Siena e seguine gli esempi». E lei, pur non avendo rivelato al Papa i suoi progetti, accolse quelle parole come consiglio di ciò che il Signore voleva da lei. Alcuni giorni dopo, nella festa dell’Assunta, confermò davanti al suo confessore il voto di verginità che aveva già emesso l’anno prima.


Nel 1872, al termine di un ritiro spirituale, fece questo proposito: «Con l’aiuto di Dio farò ogni sforzo per farmi santa e grande santa unicamente per amare meglio lo sposo dell’anima mia, per piacere sempre più a lui solo, bramando di essere sconosciuta e disprezzata dal mondo che riguarderò come il mio più grande nemico».

Cominciò allora col consenso dei genitori a occuparsi delle bambine abbandonate. Prima di accogliere in casa propria la prima – Nazarena Cancogni -  ne parlò con l’arcivescovo di Siena, mons. Enrico Bindi, il quale le disse: «Prendetela, perché questo è un segno dell’opera che il Signore vuole da voialtre». Savina acquistò un appartamento con il contributo di alcuni benefattori e vi si trasferì nel settembre 1874 con cinque compagne e le prime orfane.


Con l’aiuto di mons. Bindi e il consiglio del domenicano mons. Pio Alberto Del Corona, coadiutore del vescovo di San Miniato e poi suo successore, che aveva fondato la Suore Domenicane dello Spirito Santo, scrisse le costituzioni per quelle che furono chiamate “Sorelle dei Poveri di S. Caterina da Siena”.

Per circa 50 anni, la Beata lavorò alla formazione delle religiose, mentre la congregazione si espandeva.

Una prima filiale fu aperta nel 1881 a Onano presso Viterbo, ma a causa del comportamento non obbediente della suora che vi era stata mandata da Savina, dopo qualche tempo venne chiusa. Non mancarono difficoltà anche da parte del canonico Ballati il quale, ritenendosi il fondatore dell’istituto per il solo fatto di esserne il confessore, cercò di modificarne la natura e gli scopi mettendo in cattiva luce la Petrilli anche presso i superiori e i benefattori. Ma una visita canonica ordinata dal vescovo accertò che l’istituto «spiritualmente non lasciava nulla a desiderare».


Nei momenti più critici fu determinante per la Fondatrice l’aiuto di mons. Del Corona che mediante corsi di esercizi e prediche alle Sorelle dei Poveri la consigliò nella giusta direzione, assistendola anche nella revisione delle Costituzioni, che furono approvate da Roma nel 1899 consentendo a Savina e alle sue compagne di emettere i voti religiosi “ad experimentum”  l’8 dicembre 1900 .

L’opera si sviluppò presto, abbracciando in seguito i vari campi dove la miseria e il dolore si manifestavano attraverso l’ignoranza, l’handicap fisico e psichico, la vecchiaia, la solitudine, l’abbandono,la malattia e l’assenza del senso di Dio. La definitiva approvazione pontificia arrivò nel 1906. Successivamente, madre Savina emise il voto di «non negare nulla volontariamente al Signore», il voto di «perfetta obbedienza» al direttore spirituale, il voto di «non lamentarsi deliberatamente nei patimenti esterni ed interni», nonché il voto di completo abbandono» alla volontà del Padre.


Nello stendere le Regole, era stata sempre guidata  da un criterio di stretta rigidità , essendo persuasa che solo una vita veramente impegnata e assorta poteva sufficientemente venire incontro alle necessità dei poveri e degli abbandonati. Alle consorelle ripeteva spesso: «La vera sorella dei poveri risparmi con scrupolo il tempo, mai se stessa. La sorella dei poveri da povera lavora molto senza temere la fatica […]Un cuore buono non si abitua a vedere la miseria, né si stanca di sollevarla ma, ovunque la incontri si inchina verso di essa». Madre Savina aveva un carattere impulsivo, forte e deciso che la portava spesso a rimproverare aspramente le collaboratrici. Ma a poco a poco, sotto la guida di un saggio direttore spirituale, riuscì a dominarsi e ad essere più materna verso le consorelle, nonostante le varie sofferenze fisiche che si facevano sempre più palesi. Per tutta la vita, infatti, la Beata fu di salute molto cagionevole: oltre ad avere un piede deforme fin dalla nascita, a partire dal 1890 fu affetta da fibromi multipli diffusi in tutto il corpo.

Malgrado queste sofferenze, però, lei continuò a svolgere la sua attività in qualità di superiora generale, incarico che mantenne fino al 1911 in totale dipendenza alla volontà del Signore fino all’immolazione, facendo come centro della sua vita l’Eucaristia.

Negli ultimi anni i  fibromi si diffusero nel petto ed a questi si aggiunsero ascessi in bocca e un tumore sotto il braccio che le causarono una  gravissima infezione generale, in seguito alla quale madre Savina morì santamente il 18 aprile 1923. Nel 1925, le sue spoglie furono traslate nella chiesa della Visitazione a Siena. Giovanni Paolo II il 24 aprile 1988 in piazza San Pietro l’ha proclamata beata. Oltre che nelle 25 case attualmente esistenti in Italia, la Congregazione svolge il suo apostolato in Brasile, Argentina, Paraguay, Stati Uniti, India e Filippine.

Angelo Montonati


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