Il silenzio non è d'oro

Drigo Paola, verlato Giovanna, Ferrante Anna, Chiandetti Lino, L'etica della comunicazione al bambino malato, Piccin, 2011

19/01/2011

Quando ad un bambino viene posta la diagnosi di malattia grave, inizia per lui e per la sua famiglia un cammino particolarmente lungo e difficoltosoche deve durare per tutto il decorso delle cure e oltre.
La “presa in carico”, cioè il prendersi cura di tutti gli aspetti più strettamente medici ma anche psicologici e sociali in grado di aiutarlo a meglio comprendere e accettare ciò che sta succedendo, diventa indispensabile per accompagnarlo al conseguimento dell’obiettivo “vera guarigione” o comunque, qualora la situazione fosse più complessa la “miglior qualità di vita”.
Fonte:  Piccin
Nulla però deve essere lasciato al caso e occorre che tale strategia sia il punto di partenza di quella “Alleanza Terapeutica”dove vanno a confluire tutte le potenzialità operative delle persone che ruotano intorno al bambino e alla sua famiglia in modo che operatori sanitari (medici e infermiere), istituzioni (ospedale e società), volontari, sostenitori,non agiscano come “battitori liberi”, ma possano trovare insieme un’armonia di espressione e di operatività. Per poter impostare una simile iniziativa occorre tenere ben in considerazione:
a) i bisogni della famiglia e del bambino,
b) l’importanza del medicoe/o pediatra di famiglia. La famiglia e il bambino (compatibilmente con lasua età) devono essere aiutati a comprendere la nuova realtà e le implicazioni che essa comporta sul futuro della loro vita e sui cambiamenti che la famiglia dovrà affrontare; avere certezze sulla diagnosi ed essere informati sulle caratteristiche della malattia, sulla prognosi e le possibilità di cura; non sentirsi isolati, avere fiducia nel Centro e nei medici curanti, poter contare su un’équipemultidisciplinare e sul proprio pediatra curante in grado di infondere fiducia ecapacità di reazione positiva nell’impegno a sconfi ggere la malattia.
Il medico/pediatra di libera scelta deve assistere la famiglia nella definizione del programma di cura: assicurare al bambino un momento di continuità con la realtà precedente, saper infondere fi ducia nella famiglia ed aiutarla nelleeventuali necessità di scelte diffi cili ed impegnative (sia in caso di evoluzionefavorevole che meno favorevole).
Il percorso da fare è lungo e articolato e inizia con l’esordio della malattiadel bambino. La comunicazione di diagnosi alla famiglia e al bambino contraddistinguel’avvio di questo cammino dove più che la diagnosi occorre comunicare l’intero “progetto di cura”.
Progetto quindi è tutto ciò che ruota intorno al bambino e alla famigliae tutto ciò che la malattia comporta; progetto è qualcosa di più che semplice diagnosi, dei soli termini scientifi ci e tecnici, progetto di cura apre una panoramicae un orizzonte ben più ampi: quali sono i cambiamenti da affrontare ecome li aiutiamo ad affrontarli e con che mezzi e con l’aiuto di chi.
Essere informati non vuol dire capire ma condividere, accogliere nonvuol dire comunicare ma dedicare … tempo, dedizione, impegno, professionalitàe omogeneità, caratteristiche indispensabili di un intervento che possa accompagnare positivamente il bambino e i suoi genitori attraverso il “duro”cammino della malattia.
Comunicare quindi non è solo parlare ma è soprattutto condividere.

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