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Le figlie femmine? Più costose dei maschi

Lo scorso 24 Maggio è apparso sul Corriere della Sera un articolo su uno di quegli argomenti di cui le famiglie hanno da sempre esperienza, ma che non sono mai stati messi a tema o sui quali non abbiamo dati statistici e studi comparativi.

Ossia: allevare una figlia (femmina) costa più che alleva un figlio (maschio). Questa "incredibile" scoperta è il risultato di uno studio condotto in Gran Bretagna dal sito lovemoney.com, che ha condotto un'indagine su un campione di 3000 genitori inglesi. Dallo studio è emerso che "allevare" una figlia femmina dai 5 ai 18 anni costa 2.000 sterline in più, rispetto ad "allevare" un figlio maschio.

Quasi 2.500 € di differenza, dunque. Per una figlia si spendono infatti, nell'arco di 13 anni, circa 28.439 sterline, pari a 34.018 euro, contro le 26.630 sterline per un ragazzo, cioè 31.854 euro. A fare la differenza sembrano essere vestiti, scarpe, attività sportive (più costosi i corsi frequentati dal gentil sesso). I maschi, a differenza delle femmine, riescono però ad ottimizzare sui regali: per il loro compleanno e per Natale i genitori spendono di più per i pargoli. 

La ricerca considerava solo le spese per vestiti, hobby, uniformi scolastiche e accessori, e non le spese per il mantenimento (spese alimentari, scolastiche ecc.). Peraltro alcuni genitori, commentando i dati della ricerca apparsa anche sul quotidiano Daily Mail, li hanno ritenuti del tutto inattendibili: una media di 150 sterline all'anno per vestire i figli è sembrata, ad alcuni una cifra troppo bassa.

E voi, cosa ne pensate? Spendete più per le vostre figlie che per i figli? Ma soprattutto, spendete in modo differente a seconda dei generi di appartenenza?

Pubblicato il 03 giugno 2010 - Commenti (0)
03
mag

Mamme e povertà: un'indagine

Un milione di madri con un bimbo piccolo, nel nostro paese, vive in difficoltà. Il dato, abbastanza allarmante, è stato diffuso ieri in occasione della presentazione di due rapporti della ONLUS Save the Children su maternità a povertà. Un rapporto sulla situazione mondiale, ed un rapporto che si focalizza in particolare sulla situazione italiana, redatto disaggregando alcuni dati Istat di una rilevazione sulle condizioni di povertà, effettuata nel 2008.

Il punto di partenza delle indagini condotte da Save the Children è molto semplice, e costituisce una specie di cornice di riferimento per qualsiasi situazione, da  quelle analizzate nei paesi più poveri, a quelle relative ai paesi scandinavi: il benessere di un bambino è direttamente collegato al benessere della sua mamma.
 
Detto questo, il rapporto su Le condizioni di povertà tra le madri in Italia analizza le condizioni delle madri in Italia secondo tre tipologie: madri che vivono in coppia (dette anche famiglie, soprattutto da queste parti), le madri sole, le madri in famiglie con membri aggregati.

Il risultato che emerge da questa indagine è abbastanza sconfortante: l'11,3% delle famiglie italiane vive in condizioni di povertà relativa, e le madri povere con un figlio minorenne costituiscono il 59,7% delle madri povere, e l'8,73% delle madri italiane. La maggior parte di esse vive in coppia (l'86,3%) e fa la casalinga in oltre il 64% dei casi.

Un dato mi ha particolarmente colpito: il 25,8% delle madri lavoratrici con un figlio si trova in difficoltà economiche, e le madri contribuiscono comunque al reddito familiare per meno del 40% del reddito complessivo. Il che vuol dire lavori con redditi molto bassi, o comunque insufficienti se venisse a mancare il reddito del "capofamiglia".

L'altro dato che mi ha molto colpito riguarda il numero dei cosiddetti working poors, cioè delle famiglie bi-reddito che comunque affrontano problemi economici: secondo il rapporto di Save the Children, il 19,7% delle famiglie povere è composta da famiglie in cui lavorano entrambi i coniugi.

L'indagine si focalizza poi su un altro aspetto tipicamente italiano: l'abbandono del lavoro da parte delle donne in seguito alla nascita del figlio, e la scarsissima percentuale del part-time e delle altre forme di lavoro flessibile. Una politica del lavoro che permetta la presenza simultanea delle donne sul mercato del lavoro e in famiglia sarebbe indubbiamente un argine alla povertà delle famiglie, e delle donne in particolare.

L'Italia non è un paese per le mamme, verrebbe da dire: infatti, si situa al diciassettesimo posto nella classifica Mother's Index, stilata da Save the Children tenendo conto dei livelli di salute, educazione e status socio-economico. Primi, in questa classifica, sono Norvegia, Australia, Islanda e Svezia. Ultimo l'Afghanistan. Gli Stati Uniti sono al ventottesimo posto. Tutti i dati, qui.

Pubblicato il 03 maggio 2010 - Commenti (0)

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Il costo dei figli

Esther Banfi

Siamo Augusto e Esther, abbiamo 5 figli: Giuseppe (9 anni), Linda (8), Francesco (7), Pietro (3) e Giovanni (5 mesi). Abbiamo anche una figlia in cielo, la piccola Maria Regien.

Augusto lavora come impiegato in un’azienda elettronica e io, Esther, che scrivo sul blog, sono mamma a tempo pieno.

La nostra, pur essendo un po’ più numerosa rispetto allo standard comune, è una famiglia come tante, alle prese con la gestione quotidiana della spesa, della scuola, del lavoro, dei trasporti e anche (per fortuna!) con la gestione delle occasioni speciali e dei momenti di festa, del tempo libero e delle vacanze.

Questo blog è il luogo dove raccontiamo come tentiamo, ogni giorno, di far quadrare il nostro bilancio familiare.

Il Blog è promosso in collaborazione con l'Associazione Nazionale Famiglie Numerose

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