14 feb
"Conciliare vita e lavoro non è come settare un termostato, e
dimenticarsene". Inizia così un articolo davvero interessante sulla
conciliazione famiglia-lavoro che mi è stato segnalato attraverso LinkedIn.
L'articolo, apparso online sulla rivista di business BNet, spiega come molte
persone, nella pratica quotidiana, non scelgano di mettere il lavoro
prima della famiglia - ma di come gli impegni, i piccoli aggiustamenti,
avvengano pian piano e di come il lavoro si insinui pian piano nella
vita dei professionisti, fino a diventarne la parte principale a
discapito della cura e delle relazioni familiari. Ron Askhenas, blogger e
dottorando in ricerca sul tema della work-life balance, ha analizzato
il fenomeno studiando i percorsi di carriera e intervistando molti
professionisti.
Il testo dell'articolo, che merita una lettura ed un
approfondimento, lo trovate qui.
Pubblicato il 14 febbraio 2011 - Commenti (0)
11 feb
Se nell'ultimo post (ossia qui) ho parlato delle discriminazioni sempre più pesanti che le mamme devono sopportare sul luogo di lavoro e particolarmente nelle aziende (italiane, ma non solo), oggi vorrei parlarvi invece di un'azienda che proprio sulle mamme ha deciso di scommettere.
L'azienda, un'impresa familiare con 450 dipendenti (tra i quali un'alta percentuale di donne), ha infatti lanciato ieri a Milano un'interessante iniziativa, Mamme fanno Impresa, in collaborazione con GiGroup, Moms@Work e Confesercenti. Preca Brummel, questo il nome dell'azienda, produce abbigliamento per bambini 0-16 anni con i marchi Brums e Bimbus (i più conosciuti), Mek e Suomi e già lo scorso anno aveva fatto parlare di sé per aver assunto, nei propri punti vendita, commesse mamme: d'altronde, chi meglio di una mamma può dare consigli su come vestire un bambino?
Mamme fanno Impresa fa un passo avanti: il progetto prevede infatti di coinvolgere mamme che vogliano diventare imprenditrici nel piano di apertura di nuovi negozi in franchising nei prossimi tre anni. La cosa interessante di questa iniziativa riguarda l'aspetto della conciliazione ed in particolare l'accordo, nato appunto dalla collaborazione con GiGroup e Moms@Work, di assicurare alla mamma imprenditrice una sostituzione per tre settimane all'anno, nei primi tre anni di attività. Oltre a questo, una borsa di studio di 5 anni, riscattabile al compimento del 18esimo compleanno del figlio, e un guardaroba Brums di 1.000 € all'anno per ogni figlio.
Perché le mamme, si chiederà qualcuno. Perché, come mostrano anche parecchi studi, le donne (cito dal sito) "sono determinate, flessibili, con grandi capacità di problem solving e predisposizione alle relazioni umane. D’altronde, mandare avanti una famiglia, magari con più figli, è un’ottima scuola di business management. In più, le mamme sono fortemente motivate a svolgere un’attività in proprio, per avere maggior autonomia nel dividere il proprio tempo tra lavoro e famiglia."
La scommessa è degna di nota, soprattutto per la capacità dei vertici aziendali di gestire la crisi e di immaginare nuovi modi di "andare oltre". Guardate i video della presentazione qui.
Pubblicato il 11 febbraio 2011 - Commenti (0)
01 feb
Se siete una neo-mamma e state cercando lavoro, sappiate che la strada è tutta in salita. I motivi? I pregiudizi dei datori di lavoro che incombono su di voi.
Secondo una recente indagine condotta da Pr Marketing per la multinazionale Regus e pubblicata su Terra (trovate l'articolo qui) sull'intenzione di assumere, per il 2011, mamme che lavorano o che tornano a lavorare. Solo il 36% degli intervistati ha affermato di avere intenzione di assumere questa "categoria" di lavoratrici, contro il 44% dello scorso anno. L'Italia, al solito, è il fanalino di coda: solo il 28% delle aziende ha affermato di voler coinvolgere un mamma (il 36% ha dichiarato di aver bisogno di assumere personale).
I motivi? La convinzione che le mamme dimostrino poca flessibilità e il terrore che una neomamma che torna a lavorare possa rimanere nuovamente incinta di un secondo figlio. D'altronde, mostrano laconicamente i dati, in Gran Bretagna dove il congedo di maternità è stato recentemente innalzato fino al compimento dell'anno del figlio, la propensione ad assumere madri è crollata.
Che dire? I dati si commentano da sé, a parte il fatto che la parola flessibilità risulta (ancora e sempre) una delle più bistrattate nel vocabolario lavoristico italiano. Forse proprio da una riflessione su cosa sia flessibilità si potrebbe ripartire per una seria riflessione sull'argomento.
Pubblicato il 01 febbraio 2011 - Commenti (0)
26 gen
I giornali ne hanno parlato qualche giorno fa, e finalmente sono riuscita a metterci le mani sopra. Sto parlando di uno studio della Banca d'Italia, a cura di Concetta Rondinelli e Roberta Zizza, su Effetti (non) persistenti della fecondità sull'offerta di lavoro femminile, disponibile sul sito di Banca d'Italia (abstract in italiano e versione integrale in inglese)
Le due studiose di Bankitalia affermano che «In gran parte della letteratura economica, si stima una relazione negativa tra maternità e offerta di lavoro femminile: l’impegno per la cura dei figli sembrerebbe quindi costituire un ostacolo alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro.» Se questo poteva essere vero all'inizio degli anni Novanta, tutte le statistiche (sia nazionali sia internazionali) hanno ormai largamente confutato questo approccio. Tuttavia, dato anche il basso tasso di partecipazione delle donne italiane al mercato del lavoro (nel 2008 intorno al 47,2 e calato ulteriormente nel corso del 2009), rimane da stabilire se avere figli possa essere un deterrente all'occupazione delle donne.
Rondinelli e Zizza analizzano il rapporto tra fecondità e partecipazione al mercato del lavoro non a partire dalle statistiche sui primi anni di vita dei bambini, ma a partire da una serie di statistiche sulla fecondità delle donne intorno ai 40 anni. Inoltre, hanno analizzato l'impatto dell'infertilità sulla partecipazione al lavoro.
Incrociando questa serie di dati è emerso come avere figli non incida, nel lungo termine, sulle scelte lavorative delle donne. Al contrario, secondo questo studio emerge che avere figli costituisce un «leggero effetto spinta» verso l'occupabilità femminile.
Dall'esame incrociato delle tipologie di lavoro (full-time o part-time), dai tipi di contratto (a tempo indeterminato o altre tipologie) e dal tipo di occupazione emerge tuttavia come avere figli continua a costituire una «long-run penalty», una penalizzazione a lungo termine, sulla qualità del lavoro femminile, un refrain che chi si occupa di lavoro femminile conosce bene.
Due aspetti in particolare emergono dallo studio e mi sembrano degni di nota, oltre che spunti di riflessione e di ulteriori ricerche:
1. Da un'indagine sul gap tra figli desiderati e figli avuti (2008) emerge come, nella scelta di avere meno figli di quelli desiderati, i due fattori che incidono maggiormente (se si escludono le cause biologiche o fisiche) sono il reddito insufficiente (5,2%) e l'incompatibilità con il lavoro (5,3%). La mancanza, lontananza o il costo degli asili nido incide per lo 0,3%.
2. Anche da questo lavoro emerge come il titolo di studio sia una determinante fondamentale nel tasso di occupazione femminile (più elevato è il titolo di studio, più elevato il tasso di occupazione), mentre le due economiste legano il successo scolastico all'educazione impartita dalla madre. Questo approccio matrifocale risulta molto interessante, e il tema dell'educazione al lavoro all'interno della famiglia merita certamente più attenzione.
Trovate il testo integrale in inglese qui
Pubblicato il 26 gennaio 2011 - Commenti (0)
19 gen
Eccoci qui, a scrivere un altro blog.
Ancora? Sì
Inutile? No
Noioso? Speriamo di no.
Un blog su famiglia e lavoro sul sito del Cisf - Centro Internazionale Studi Famiglia ha tanti perché.
Prima di tutto perché il Nono Rapporto Cisf sulla Famiglia in Italia, nel 2005, affrontava (quasi) per primo il tema famiglia lavoro che, in questi ultimi anni, è diventato decisamente mainstreaming. Il titolo del Rapporto era, d'altronde, significativo: Dal conflitto a nuove sinergie. Consapevole di una fatica, tutta sulle spalle della famiglia, per quanto riguarda la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, il Rapporto gettava il sasso oltre lo stagno con proposte innovative, come il contratto relazionale, che oggi stanno entrando nella riflessione sulle nuove forme di contrattazione aziendale.
Dalla riflessione maturata con il Nono Rapporto è nata, con la collaborazione dell'Agenzia per la Famiglia del Comune di Parma, una Banca Dati di buone prassi di conciliazione famiglia-lavoro. Esperienze differenti, sia in grandi aziende, sia in enti pubblici, sia in piccole e medie imprese, che hanno saputo sicuramente dare una risposta positiva alle necessità dei dipendenti, senza arrivare però a fare sistema.
Infine, terzo e ultimo perché: perché abbiamo un appuntamento importante per il quale prepararci. Il settimo incontro mondiale delle famiglie, che si terrà proprio qui a Milano dal 28 Maggio al 3 Giugno 2012, avrà proprio a tema famiglia e lavoro: La famiglia: il lavoro e la festa è infatti il titolo scelto dal Santo Padre per questo evento.
Non sarà un blog inutile, dunque. Vogliamo invece che diventi luogo di scambio, riflessione e rilancio su un tema complesso che, soprattutto in questi ultimi anni e in seguito alla crisi economica, sta affrontando un passaggio epocale. E' cn le contraddizioni e le possibilità insite in ogni crisi, in ogni rottura, che vogliamo confrontarci.
E quindi, pronti via. Il cammino verso il 2012 è iniziato.
Pubblicato il 19 gennaio 2011 - Commenti (0)
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