Rapporto famiglia Cisf 2009

Il costo dei figli. quale welfare per le famiglie, Rapporto Cisf sulla famiglia, Franco Angeli

Rapporto in breve

15/04/2010

Donati Pierpaolo (a cura di)
Il costo dei figli: quale welfare per le famiglie? Rapporto famiglia Cisf 2009, Franco Angeli, 2010.
Con questo volume inizia la nuova serie del Rapporto Cisf sulla famiglia in Italia che presenta i risultati della prima edizione di una propria indagine originale, che verrà ripetuta ogni due anni, con 4.000 interviste su un campione statisticamente rappresentativo delle famiglie italiane. Il tema di questo Rapporto è il costo dei figli, affrontato come costo della famiglia, nonconcepito in termini meramente economici ma in un quadro di scelte culturali, sociali e politiche.Dalla ricca serie di dati quantitativi e qualitativi del Rapporto Cisf 2009 si possono evidenziarediversi punti di attenzione, organizzati attorno a tre nodi essenziali: la situazione attuale, il costoreale dei figli, le sfide per un nuovo welfare relazionale. 1. I figli: un costo, per pochiNel nostro Paese i dati dimostrano che da oltre trent’anni il comportamento riproduttivo dellapopolazione italiana non giunge ad assicurare il ricambio tra genitori e figli; il tasso di feconditàtotale è attualmente pari a 1,41 e deriva dalla media tra 1,33 figli per donna relativi allapopolazione italiana e 2,12 attribuiti alla componente straniera. Eppure esiste un grande distanzafra il numero medio dei figli avuti dagli intervistati, pari a 1,71, e il numero medio dei figli desiderati, pari a 2,13.Questa situazione è determinata anche dalla difficoltà, per le famiglie, di mettere in campo diverserisorse per la sfida della cura dei figli, attorno a tre nodi fondamentali:- una disponibilità economica sufficiente a garantire l’incremento delle spese che una famiglia deve sostenere con l’arrivo dei figli; - il tempo su cui i genitori possono contare per occuparsi direttamente della cura;- la presenza di una rete di servizi che possano affiancare la famiglia nel compito di cura. Si spiega così anche il fatto che le famiglie con figli in Italia siano diventate meno del 50% dellefamiglie.D’altro canto l’economia nella società contemporanea ha mercificato il costo dei figli,comparandolo con quello di altri beni di consumo, quali un automobile, una seconda casa al mare,o fare un bel viaggio in Paesi esotici. Ma se i figli hanno dei costi, non hanno però un prezzo,perché non sono beni vendibili o acquistabili sul mercato. Il costo dei figli deve essere cioè trattatocome un “dato relazionale”; a che cosa può essere confrontato il costo di un figlio? Chi lo pensasemplicemente come un dono, non sta a calcolare il prezzo! 2. Il costo reale dei figli per le famiglie Dai dati Istat emerge come non tutte le famiglie con figli siano in grado di garantire il mantenimentodi uno standard di vita ritenuto “accettabile”. Il rischio di collocarsi sotto questo standard, e quindidi vivere in condizioni di “povertà assoluta”, aumenta al crescere del numero di figli. In particolaresi osserva un evidente aumento del rischio per le famiglie numerose: quando nella famiglia sonopresenti almeno tre figli l’incidenza di povertà assoluta è doppia (8,0%) rispetto a quella calcolataper il complesso delle famiglie italiane (4,1%) e tripla rispetto a quella stimata per le coppie con unsolo figlio (2,6%). La popolazione italiana sopravvive decentemente proprio perché rinuncia adavere figli. Ma che cosa si intende per costo dei figli? Nel Rapporto Cisf viene definito e misurato il costo dimantenimento (spesa per i soli beni necessari, quali casa, vitto, vestiario), il costo di accrescimento, che misura l’esborso reale per i figli, il costo totale di accrescimento, dato dal costodi accrescimento più il valore del tempo dedicato alla cura dei figli, che raramente i genitoriconteggiano esplicitamente, ma che sicuramente viene “valutato” per decidere se fare un figlio omeno. Dai dati risulta che: - la spesa media mensile per i figli a carico è il 35,3% della spesa familiare totale;- il costo mensile di mantenimento del bambino (i soli beni indispensabili) in termini assoluti per la classe di età 0-5 anni è uguale a 317 euro (tab. 1, p. 177) e corrisponde ad un costodi mantenimento per figlio di circa 3.800 euro annui (p. 179);- in media il costo di accrescimento di un figlio (che comprende il costo di mantenimento) è di798 euro al mese (tab. 2, p. 189). In media le famiglie benestanti spendono per i figli circal’83% in più delle famiglie povere” (p. 189). Siamo oltre i 9.000 euro annui di costo di accrescimento per il figlio. Rispetto all’equità fiscale verso la famiglia, lo Stato italiano non solo non riconosce i costi sostenutidalla famiglia, ma penalizza la famiglia che ha figli, e la penalizza quanti più figli ha. Inoltre laspesa sociale a favore della famiglia e bambini è in Italia solo all’1,1% del Pil (dati 2005), rispetto al2,5% della Francia e il 3,2% della Germania. Poiché un punto di Pil italiano vale 15,7 miliardi dieuro (2008), colmare il divario rispetto alla Francia comporta una riallocazione di spesa pari a 22miliardi di euro, che rappresenta una cifra impegnativa ma “possibile”, con un elevato rendimentosociale. 3. Le sfide per un nuovo welfare relazionale Eppure i figli sono il “bene comune” del nostro futuro, e il beneficio sociale dei figli non può esserecircoscritto alla sola sfera privata. Il loro costo è però in gran parte ancora sulla responsabilitàprivata delle famiglie, anziché essere una condivisione sociale: di conseguenza il costo privatosostenuto dalle famiglie è troppo elevato e il “bene comune” del futuro rappresentato dai figlicostituisce un rischio economico distribuito in modo non equo, né coerente con l’obiettivo di unosviluppo sostenibile e di una popolazione stabile.Urge una politica – non solo delle istituzioni pubbliche, ma anche di quelle private – chesia orientata ai figli. Occorre quindi un nuovo “welfare relazionale” per i figli, impostare cioé lepolitiche pubbliche con un concetto relazionale, cioè generativo, delle nuove generazioni. Le nuovegenerazioni non sono ‘figlie della società’, in modo generico, ma sono figlie di famiglie a cuibisogna dare l’attenzione che meritano in quanto famiglie.Tutta la società, non solo lo Stato, deve farsi carico di un equilibrato ricambio generazionale, cheincluda gli immigrati, e sia generativo delle nuove generazioni. Le politiche sociali relazionalinascono quindi da una nuova visione culturale della posizione dei figli nella società econtribuiscono a creare una nuova cultura e un nuovo welfare relazionale dell’infanzia e deigiovani, basandosi sulla nuova distinzione ‘benessere relazionale vs benessere non relazionale’.. Il suo slogan è ‘demercificare il welfare dei figli’.

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