Promuovere famiglia e lavoro: una battaglia di libertà, Francesco Belletti, Presidente Forum

20/05/2013


Anche quest’anno una Giornata per la famiglia!
Da oltre dieci anni il Forum delle associazioni familiari onora la Giornata Internazionale della Famiglia proclamata dall’ONU con un evento pubblico, di dialogo con le istituzioni, che di volta in volta ha messo sotto i riflettori questioni e nodi inseriti nel vivo delle priorità del Paese: educazione, mass media, società interculturale, sono stati di anno in anno al centro di importanti momenti di confronto con le istituzioni.

Quest’anno – e non per la prima volta – abbiamo scelto di affrontare la questione del rapporto tra famiglia e lavoro, e della loro difficile conciliazione –o meglio, come preferiamo dire, anche sulla base di quanto sostengono Stefano Zamagni e Pierpaolo Donati, della loro “armonizzazione” o delle loro “sinergie” (come titolava l’ancora attuale Rapporto Cisf curato proprio da Donati nell’ormai lontano 2005).

Sì, perché, al di là delle astruse distinzioni semantiche, la vera sfida non sta nel risolvere un inevitabile conflitto tra due interessi in ultima analisi inconciliabili – che la parola conciliazione necessariamente presuppone – quanto nel trovare modalità di alleanza tra due ambiti di vita che sono necessariamente uniti, nell’esperienza di vita di ogni persona.
Come per Freud la vita buona, la vita bella, la vita dignitosa era definita solo da due verbi, “amare e lavorare”, così, per ogni uomo e donna, la propria autorealizzazione passa dallo sperimentare vere relazioni di amore (sapere amare un altro, sentirsi amato o amata da un altro), e insieme dalla consapevolezza che il proprio agire operoso nella realtà la trasforma e la rende più bella – magari per poterla riconsegnare alle nuove generazioni come un’eredità migliore di quella che abbiamo ricevuto.

Abbiamo un Piano nazionale: che passi dalla carta alla realtà!
In fondo anche il Piano nazionale per  la famiglia ha scelto di avere nel titolo la parola “alleanza“: perché solo nell’alleanza tra tutte le diversità dei soggetti, degli interessi, dei gruppi sociali presenti oggi nel nostro Paese sarà possibile uscire dalla crisi.
E basta definire ogni possibile alleanza come  “inciucio”!  Il futuro del Paese sta nella sua capacità di ritrovare coesione e progetto condiviso, e le famiglie e il Forum saranno sempre “alleati” (appunto!) di chi si mette all’opera, in ogni ambito della vita pubblica e sociale, con l’obiettivo di costruire ponti, anziché scavare fossati o alzare muri.

Fuor di metafora, anche per questo stiamo chiedendo con forza al governo Letta di rimettere al centro dell’azione di governo la famiglia, attribuendo una delega esplicita, che prima di tutto non significa chiedere un eventuale nuovo posto di sottosegretario, da contrattare nel complesso manuale Cencelli di questi nuovi equilibri politico-partitici, ma chiede, più semplicemente, di attribuire ad una persona concreta (e no ad una generica responsabilità collegiale di governo) e ad uno specifico luogo organizzativo e di responsabilità politico-amministrativa di dare gambe e concretezza proprio al Piano nazionale dell’alleanza per la famiglia, già approvato nel giugno del 2012 (dopo un lungo travaglio), e dei cui oggi chiediamo con forza che venga costruita una road map analitica, con risorse certe, graduate nel tempo, e con esplicite scadenze di attuazione e di implementazione.
Che il Piano, insomma, passi dalla carta ai fatti!
Su questo come Forum delle associazioni familiari siamo disponibili alle diverse forme di collaborazione e di corresponsabilità che potranno essere progettate, a partire dalla urgente convocazione dell’Assemblea dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, recentemente nominato ma ad oggi mai convocato, proprio per l’assenza di una delega politica.

Tornando al rapporto tra famiglia e lavoro, da diversi anni come Forum stiamo sottolineando che entrambi queste sfere dell’esistenza e questi luoghi sociali fanno parte integrante di un disegno di cittadinanza attiva, di una dinamica di democrazia partecipativa, dove lavoro e famiglia sono qualificati da una responsabilità sociale forte, che richiama doveri ed esige diritti.

La nostra Costituzione fonda la Repubblica sul lavoro (art. 1), inteso come veicolo di costruzione del bene e comune e come strumento di autonomia (non solo economica), dignità e libertà per ogni cittadino; e insieme “riconosce la famiglia come “società naturale”, capace di generare naturalmente legami sociali di solidarietà ,reciprocità, anche in ambito intergenerazionale.
E che questo Paese abbia bisogno di un rinnovato patto di reciprocità tra le generazioni è talmente evidente che ormai anche in ambito politico e lavorativo lo scambio solidaristico tra le generazioni sta diventando – finalmente, aggiungiamo! – criterio orientativo delle politiche pubbliche e del lavoro.

Ma con orgoglio non possiamo non ricordare che, a prescindere da quanto possa avvenire nella sfera sociale – pubblica e di mercato – la famiglia è stata, è e continua ad essere il più importante operatore di scambi solidaristici tra le generazioni.

Altrimenti chi si prenderebbe cura di una massa così imponente di giovani senza lavoro, o addirittura senza speranza di lavoro (come denuncia drammaticamente la cifra di oltre 2 milioni di giovani NEET, fuori dalla formazione e fuori dal lavoro, in sostanza fermi, inerti…)?

E chi garantirebbe la quotidiana cura e prossimità  per le persone fragili, non autosufficienti, disabili, deprivati, presenti in numero crescente nel nostro Paese? Forse un welfare che prosegue nella strategia dei tagli? Un piano e un fondo per la non autosufficienza tuttora da costruire?

Mi piace però ricordare anche un ulteriore codice che accomuna la sfera familiare e la sfera lavorativa, troppo spesso dimenticato, fortemente intrecciato con il tema della partecipazione e della democrazia: si tratta della parola libertà.
Per spiegarmi uso le parole di Primo Levi, che nel suo troppo dimenticato “La chiave a stella”, una sorta di manuale etico del buon lavoro”, ricordava che “il termine libertà ha notoriamente molti sensi, ma forse il tipo di libertà più accessibile, più goduto soggettivamente, e più utile al consorzio umano, coincide con l’essere competenti nel proprio lavoro, e quindi nel provare piacere a svolgerlo”.
Del resto proprio nel lavoro Primo Levi individuava un fattore fondamentale di “sopravvivenza” umana, ma anche fisica (oggi diremmo di “resilienza”) all’esperienza disumana del lager nazista: “Sono convinto che l'uomo normale è biologicamente costruito per un'attività diretta a un fine, e che l'ozio, o il lavoro senza scopo (come l'Arbeit di Auschwitz) provoca sofferenza e atrofia. Nel mio caso, e in quello del mio alter ego Faussone, il lavoro si identifica con il “problem solving,” il risolvere problemi. Ma ad Auschwitz ho notato spesso un fenomeno curioso: il bisogno del “lavoro ben fatto” è talmente radicato da spingere a far bene anche il lavoro imposto, schiavistico. Il muratore italiano che mi ha salvato la vita, portandomi cibo di nascosto per sei mesi, detestava i tedeschi, il loro cibo, la loro lingua, la loro guerra; ma quando lo mettevano a tirar su muri, li faceva dritti e solidi, non per obbedienza ma per dignità professionale”.

Ma anche la famiglia, se rettamente vissuta, è e non può non essere il luogo della libertà assoluta. Dal libero progetto di amore dell’uomo e della donna nasce infatti il progetto familiare, liberamente aperto alla vita delle nuove generazioni.  E solo dal legame familiare e coniugale, “vincolo liberamente assunto” (un ossimoro assolutamente vero, anche se non è qui il contesto per spiegare),  dalla libertà nasce la responsabilità verso l’altro, a partire dal prossimo (il proprio congiunto) verso il bene comune. Per questo fare famiglia è anche atto pubblico di responsabilità sociale: per questo il matrimonio rimane passaggio qualificante, identitario, del luogo sociale famiglia: come del resto è chiaramente descritto nel già citato art. 29 della carta costituzionale, dove il riconoscimento della Repubblica è alla famiglia naturale “fondata sul matrimonio”.

Dove non c’è libertà “nella” famiglia si generano i mostri della violenza domestica, della prevaricazione dell’uomo sulla donna, dei genitori sui figli, dell’oppressione del forte sul debole.
Dove non c’è libertà “nel lavoro”, si genera lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, si genera l’alienazione del senso, si genera un disinteresse radicale all’esito del lavoro, e quindi alla qualità, al rispetto dei “consumatori” del nostro lavoro, e si costruisce una società disumano, dove profitto e opportunismo distruggono la sostenibilità del sistema socio-economico. In fondo questa crisi globale trova alcune sue radici in questo.
Giovani, giovani famiglie, lavoro: in altri termini, FUTURO!
Chiedo scusa per questa non breve introduzione, forse in modo imprevisto più valoriale che congiunturale, ma credo sia oggi essenziale prima di tutto restituire profondità esistenziale e prospettiva di lungo periodo alle scelte che si devono fare, come sistema Paese, come governo, come operatori sociali, come singole famiglie e cittadini. Quest’anno la parola giovani segna con chiarezza le nostre preoccupazioni e i nostri lavori: giovani famiglie, giovani nel lavoro che non c’è, giovani e anziani nella staffetta intergenerazionale… sullo sfondo, in controluce, la parola FUTURO.

Non spetta a me anticipare temi, i progetti e le sfide oggi presenti, né penso che sarà facile trovare soluzioni, che pure esigono scelte forti prima di tutto dalla politica e dal Governo. 

Tuttavia credo fermamente che, oltre a chiedere alla politica, oggi occorra fare i conti con quella che chiamerei una sfida alla corresponsabilità diffusa. Ogni giorno ciascuno di noi è posto davanti alla scelta – spesso drammatica, per tanti imprenditori, amministratori pubblici, padri e madri – che Kennedy, un po’ retoricamente, ma con verità, poneva ai propri connazionali: “Non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te: chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”.
In fondo milioni di famiglie, di lavoratori, di imprenditori, già oggi ogni giorno rispondono positivamente a questa sfida: occorre però che questa grande resistenza del Paese reale alla cattiva crisi e alla cattiva politica venga oggi ricomposta e moltiplicata in un progetto unitario, che scelga con più equità e decisione misure di sviluppo, di promozione, di sacrificio. …

Forum delle Associazioni Familiari
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