20/05/2013
Nel concetto di pari dignità sociale di cui all’art. 3 Cost. si può inserire l’elaborazione teorica del diritto alla conciliazione vita/lavoro, intendendo per vita quella connotata dalla dinamica relazionale persona/famiglia.
Il che porta a considerare il lavoratore e la lavoratrice come persone occupate non solo nella logica opportunistica del mercato ma anche in quella altruistica, e non meno impegnativa, di risposta ai bisogni altrui, anche mediante il lavoro di cura familiare che – ed è qui il punto nodale - non deve divenire un “limite di fatto” della libertà e dell’uguaglianza dei cittadini o una forma di “ostacolo/impedimento” al pieno sviluppo della persona e all’effettiva partecipazione del lavoratore all’organizzazione economico-sociale del Paese.
Quanto all’impatto pratico di quella elaborazione teorica sul diritto alla conciliazione vita/lavoro, si intenda tale diritto – per i fini di questa presentazione sintetica – come diritto procedimentalizzato del lavoratore in forza di norma di contratto collettivo.
Per la teoria procedurale della giustizia si rinvia a studi rilevanti nell’ambito della letteratura scientifica più accreditata (si v. in particolare Alexy, 1998 - secondo cui i diritti fondamentali si rafforzano in maniera più che proporzionale rispetto all'intensità degli attacchi perpetrati nei loro confronti e possiedono un nucleo resistente intangibile che è portato alla luce dall’attività interpretativa).
La tesi centrale sul fondamento della giustizia procedurale (e dunque sui correlati diritti procedimentalizzati che diventano esigibili) permette di individuare valori storicamente intuibili perché frutto di una valutazione razionalmente attendibile derivante da un uso corretto dell’argomentazione giuridica che - qui per oggetto specifico della materia - significa prassi di relazioni industriali.
In questa prospettiva si osservi la specifica responsabilità delle norme giuslavoristiche che è connessa anche alla capacità di organizzare un riequilibrio tra vita e lavoro.
In ambito europeo ciò è noto ed è praticato (Delsen - Smits, 2010; Gottardi, 2001 e 2012).
Tale responsabilità del diritto del lavoro si spiega con ciò che potremmo denominare “doppia tensione”: una prima tensione riguarda la determinazione della platea dei titolari del diritto alla conciliazione vita/lavoro e dei relativi bisogni oggettivamente rilevanti ai fini di questo diritto; una seconda tensione attiene al bilanciamento tra diritto così definito e potere del datore di lavoro di disporre delle prestazioni di lavoro.
L'attribuzione di un diritto a contenuto economico, come nel caso che qui si sta studiando, determina in ogni caso un costo finanziario e organizzativo per il datore di lavoro.
Nel nostro caso l’oggetto di tutela a rilievo costituzionale coincide con la conciliazione vita/lavoro che si traduce concretamente nell’attività di cura per/nella famiglia: il lavoratore si pone come titolare di un diritto a organizzare la propria vita lavorativa in modo compatibile con gli impegni familiari, subiti o scelti; il datore di lavoro determina il tempo, la qualità e la finalità della prestazione di lavoro.
In tale dinamica il problema di contemperamento tra interessi in conflitto è evidente (Ballestrero, 2009; De Simone, 2009).
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Forum delle Associazioni Familiari