Gli imprenditori stranieri crescono...

...e quelli italiani sono preoccupati dalla concorrenza sleale, dall’abusivismo e dalle attività in nero

29/12/2011

Il numero delle imprese in Italia condotte da stranieri è sempre in ascesa: +5,7% nell’ultimo anno per quelle ufficiali. Alle quali bisogna aggiungere le attività in nero e l’abusivismo. Secondo un’indagine della Fondazione Moressa, che ha coinvolto 600 imprenditori italiani, risulta – come maggiore preoccupazione – il fatto che le imprese gestite da immigrati non rispetterebbero appieno le normative. Gli italiani chiedono maggiori controlli da parte degli organi preposti. Più colpiti dalla concorrenza sleale si dichiarano il settore del tessile e quello del commercio. Il 60% degli intervistati ritiene che comunque le attività abusive e in nero siano molto più dannose rispetto alla concorrenza delle imprese regolari degli stranieri.


I numeri dell’imprenditoria straniera. A giugno 2011 gli imprenditori stranieri[1] in Italia erano oltre 400mila: questo significa che un imprenditore su dieci è nato all’estero. Ma se il numero di stranieri continua a crescere (+5,7% nell’ultimo anno), quello degli italiani cala (-1,4%). È ormai una tendenza consolidata negli ultimi anni: dal 2006 ad oggi la presenza degli immigrati nell’imprenditoria è aumentata del 38,6%, ma è calata quella degli italiani (-6,6%). Roma, Milano e Torino le province che raccolgono il maggior numero di imprenditori stranieri (rispettivamente l’8%, il 6,8% e il 5,1%). Il peso degli stranieri sul totale degli imprenditori è maggiore a Prato (dove uno su 4 è straniero), Trieste (16,9%), (15,2%) e Roma (14,8%). 

La concorrenza con le imprese straniere: quanto percepita e quanto reale? Gli imprenditori italiani intervistati ritengono che la presenza nel tessuto imprenditoriale di aziende condotte da stranieri sia un problema abbastanza rilevante (specie se si tratta di imprese del commercio, meno per edilizia, produzione e servizi). I motivi vanno ritrovati nella concorrenza sleale legata alla vendita di prodotti e di servizi a minor prezzo (57,5%) e di bassa qualità (15,1%), che determinano una svalutazione dei prodotti Made in Italy (27,4%). Ma rispetto alla propria azienda la concorrenza diretta con imprese straniere non rappresenta un vero problema: infatti, il 55,9% degli intervistati non è per nulla coinvolto dalla competizione con gli imprenditori di origine straniera nel proprio mercato di riferimento. Tra coloro che lo ritengono invece un problema, il 36,9% dice di aver perso negli ultimi tre anni tra il 10% e il 25% di fatturato a causa della concorrenza di imprese straniere, il 31,3% oltre 1/4 del fatturato e infine il 29,2% meno del 10%. 

Il rispetto delle normative. A detta degli imprenditori intervistati, le aziende gestite da italiani rispettano di più di quelle straniere le normative nazionali: oltre il 70% rispetterebbe le norme sulla sicurezza (76,5%), i contratti di lavoro (76,7%) e la normativa fiscale (71,4%). Si ricavano percentuali molto più basse se si considerano le imprese gestite dagli stranieri dove il valore non supera mai il 40%: in particolare, sempre a detta degli imprenditori italiani, appena il 37,5% degli stranieri rispetterebbe le norme sulla sicurezza, il 36,6% i contratti di lavoro e soltanto il 30,2% le normative fiscali. Per arginare questo problema andrebbero aumentati i controlli da parte degli organi competenti, specie sulla fiscalità e sulle condizioni di lavoro, addirittura proponendo di limitare le concessioni di permessi agli esercizi stranieri (13,8%). Tra tutti i settori di attività i più colpiti dalla concorrenza sleale sembrano essere il comparto del tessile (19,5%), del commercio (18,1%), i bar e i ristoranti (13,0%). 

Il vero problema: l’abusivismo e il “nero”. Ma più della concorrenza degli imprenditori stranieri, il problema risultano essere l’abusivismo e le attività in nero. In particolare il 59,6% degli intervistati ritiene che tali attività siano dannose per la propria azienda, mentre la concorrenza straniera risulta problematica per appena il 10,1% del campione; il rimanente 30,3% li considera entrambi alla stessa stregua. Il fenomeno è abbastanza diffuso, dal momento che il 38,3% è a conoscenza (diretta e indiretta) di attività in nero o abusive, in particolare nell’edilizia (50,0%) e nel commercio (40,9%). «La sempre maggiore presenza di imprese condotte da stranieri,» affermano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa, «è vista solo in parte come reale concorrente: il problema non sta tanto nella penetrazione degli immigrati nel sistema imprenditoriale nazionale, quanto nel mancato rispetto delle regole, da quelle sul lavoro, a quelle sulla sicurezza e sulla fiscalità. È proprio per questo che più minacciose agli occhi degli imprenditori italiani sembrano essere le attività abusive e in nero, gestite nella maggior parte dei casi proprio da italiani. È per questo che le imprese chiedono un maggior controllo da parte degli organi competenti per il rispetto delle normative in essere, alle quali sia italiani che stranieri sono tenuti a sottostare».    

Elena Zuccaro
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