I giovani non fanno gli imprenditori

In cinque anni 64mila titolari o amministratori in meno sotto i 30 anni. In fuga dall’industria, un po’ meglio nei servizi e al Sud

26/08/2011

Dal 2006 al 2011 il numero di titolari ed amministratori giovani si è ridotto di circa 64 mila unità, 7.800 in meno solo nell’ultimo anno. L’area più colpita è il Nordest, mentre al Sud le incidenze di imprenditori giovani sul totale sono le più elevate. Commercio, costruzioni, alberghi e ristoranti sono le attività a maggiore vocazione giovanile, mentre nell’industria si registra una vera e propria fuga. Se il tasso di imprenditorialità giovanile è più elevato nelle province del Centro-Nord, negli ultimi 5 anni sono quelle del Sud che hanno evidenziato le dinamiche migliori.
Questi i principali dati di uno studio di Datagiovani che ha esaminato le evoluzioni intercorse nel numero di titolari ed amministratori soto i 30 anni attivi a giugno 2011 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e al 2006. La scelta di considerare tra le cariche imprenditoriali i titolari di imprese individuali e gli amministratori di società è motivata dalla possibilità di avere una misura più fedele dell’imprenditorialità giovanile derivante dalla gestione diretta dell’impresa.

In cinque anni persi quasi 64 mila imprenditori giovani.
Questo è il valore assoluto, che corrisponde ad una flessione in termini percentuali del 16,4% dal 2006 al 2011 nel numero di titolari ed amministratori giovani. Al 30 giugno 2011 sono circa 326 mila, 7.800 in meno rispetto allo stesso periodo del 2010 (-2,3%). Questi dati sono ancora più negativi se se considera che le stesse cariche imprenditoriali complessivamente considerate senza distinzione d’età sono rimaste pressoché stabili rispetto all’anno scorso e addirittura in crescita rispetto al 2006 (+3,4%).

Nel Nordest sempre più rarefatti i giovani imprenditori. Oltre a detenere la minore quota di titolari ed amministratori giovani sul totale delle cariche (4,2%, un punto in meno del valore di riferimento nazionale), il Nordest è anche l’area in cui in cinque anni si è assistito alla perdita maggiore di imprenditori giovani (-22,9%), in particolare in Emilia Romagna (-24,6%). Nel Centro Italia le dinamiche appaiono invece meno negative, grazie soprattutto ai dati del Lazio, in cui rispetto a cinque anni fa gli under 30 sono addirittura aumentati.

In fuga dal manifatturiero, reagiscono meglio i servizi. Benché non sia possibile operare un vero confronto diretto tra i dati del 2006 e del 2011 in seguito al cambiamento delle classificazioni intervenute, si può comunque stimare con buona approssimazione una flessione intorno al 46% di titolari ed amministratori giovani nelle imprese manifatturiere. Ciò va certamente ricondotto anche ai processi di deindustrializzazione in atto nel nostro Paese nonché alla crisi economica che ha colpito particolarmente il comparto produttivo, ma certo non vi è stata una riconversione completa verso altri settori. Lo testimonia il -21% dell’agricoltura, il -14% delle costruzioni ed il -9% dei servizi, l’ambito che contiene maggiormente le perdite di imprenditorialità giovanile.
Relativamente all’ultimo anno, poi, si possono apprezzare alcune differenze: in maggiore contrazione appaiono le costruzioni ed il manifatturiero, l’agricoltura sembra in ripresa (+1). Più variegato il terziario, in cui si concentra la gran parte dei giovani imprenditori (il 28% del totale nel commercio e l’11% negli alberghi e ristoranti): ad ambiti in crescita, come le attività di alloggio e ristorazione, quelle professionali, di servizio alle imprese e sanitarie e di assistenza sociale (+3,5%) fanno da contraltare i ridimensionamenti nelle attività immobiliari (-6,4%), nelle attività finanziarie ed assicurative (-4,9%) nei trasporti (-3,8%) e nei servizi di informazione e comunicazione (-2,9%).

Le province sull’asse Nordovest/Centro spiccano per i tassi di imprenditorialità più elevati, la fascia Nord/alto Centro per le evoluzioni più negative in cinque anni. Guardando ai dati provinciali, si può notare come un’ampia area del Nordovest fino alla bassa Toscana, passando per l’Emilia Romagna, presenti tassi di imprenditorialità giovanile molto più elevati. Nella top 20 delle province per maggiore presenza di titolari ed amministratori giovani sugli under 30 residenti troviamo 3 piemontesi, con Cuneo in testa (65,6 imprenditori ogni 1000 giovani), 6 toscane (Prato è la seconda d’Italia in linea con Cuneo), 2 liguri (Savona occupa il gradino più basso del podio), 2 emiliano-romagnole e 2 lombarde. Le eccezioni del Sud sono rappresentate da Nuoro, Enna e Crotone.
Se si va però poi a vedere quali siano le province che hanno riscontrato le maggiori flessioni negli ultimi cinque anni in termini di imprenditorialità giovanile, si nota come esse siano in larga parte proprio quelle a più elevata vocazione. Le prime tre province sono tutte dell’Emilia Romagna: Reggio Emilia (-24), Parma (-21) e Modena (-18). La gran parte delle provincie del Sud invece hanno mantenuto molto più stabile il rapporto tra giovani imprenditori e popolazione giovane.

Vedi tabella allegata

P.M.G.
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