Stipendi: l’Italia non sta così male

I dati Eurostat considerano le retribuzioni italiane fanalino di coda in Europa, ma l’esperto spiega che non è vero

01/03/2012
Tomaso Mainini, dg Michael Page International
Tomaso Mainini, dg Michael Page International

In Italia stipendi più bassi che altrove, guadagni inferiori anche rispetto a Grecia e Spagna. Questo è ciò che la settimana scorsa ha dichiarato l'Eurostat, subito smentita dai dati Istat. Abbiamo chiesto a Tomaso Mainini, direttore generale di Michael Page International, agenzia che si occupa di manager di medio e alto livello se le cose stanno davvero così.

 

«Sicuramente in Italia si guadagna in media meno che altrove, con retribuzioni più basse rispetto a Germania, Francia, Austria, Olanda o Lussemburgo. Ma sicuramente non siamo messi peggio di Grecia o Spagna: questo non è assolutamente vero, sia per quanto riguarda il nostro osservatorio sui manager e i dirigenti di azienda, sia più in generale. Certo, altrove si guadagna di più: in Francia la busta paga è più pesante di circa il 20%, in Germania anche del 50% in più».

 

La differenza è data dalle tasse?

«Queste percentuali si riferiscono al lordo, poi là dove il lavoro è meno tassato il guadagno vero può essere anche molto superiore. L'Italia però non è uno dei Paesi dove la tassazione è maggiore, in Francia per esempio la decurtazione sul lordo è notevole».

 

Con la crisi economica si è avuto un abbassamento generale delle retribuzioni?

«Sicuramente. Fino a qualche anno fa manager e dirigenti cambiavano abbastanza spesso posto di lavoro per avere maggiori esperienze, responsabilità e stipendi più alti: ora non c'è più questa mobilità e, anzi, in alcuni casi gli stessi manager devono rinunciare almeno alla parte variabile dello stipendio che è proporzionale ai risultati raggiunti nel corso dell'anno».

 

In quali settori si guadagna di più?

«In genere premiano di più le multinazionali, ma è difficile fare un ragionamento per settori: le banche sono quelle dove è più facile trovare retribuzioni elevate, a livello di dirigenza, ma non solo. Tutto dipende dall'andamento del settore: tagli e razionalizzazioni hanno colpito tutti e anche i dirigenti si sono visti decurtare lo stipendio. Piuttosto è possibile prevedere quali sono i settori dove si avranno maggiori aumenti legati allo sviluppo futuro: il mondo digitale e dell'on line, le aziende della green economy (anche se sull'energia pulita molto dipende dagli incentivi) e l'health care, inteso come salute, bellezza e benessere. Tutto quello che ruota intorno alla cura della persona avrà ancora campi di sviluppo e crescita».

 

A che età si inizia ad avere uno stipendio di buon livello?

«In Italia più tardi che altrove, in genere dopo i 40 anni. Questo è dovuto sia al nostro sistema scolastico, che rende i ragazzi pronti a posti di responsabilità con qualche anno di ritardo rispetto ai coetanei europei, sia alla mentalità organizzativa che non sempre premia i giovani. Le multinazionali continuano a essere un'eccezione e troviamo dirigenti anche di 35 anni. Quello che aiuta è però la formazione: studiare all'estero e, ancora di più, fare un'esperienza di lavoro fuori confine permette di fare prima carriera. Non si tratta di conoscere bene l'inglese, ma di fare un'esperienza di alto valore formativo premiata poi nel mondo del lavoro».

Eleonora Della Ratta
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