Torino (Torino) - PIEMONTE

La poesia sulla primavera

Inviato da: Redazione CaraFamiglia

30 marzo 2011
Sventurata primavera, della scienza prigioniera!
Nel cielo plumbeo / dall’aria fètida
fugaci scorrono / sol nubi asfittiche,
avvelenate, assassinate /
dagli scienziati, / dotti ignoranti,
che sol fan piovere / sui campi aridi,
nei fiumi lividi, / nei corpi deboli
polveri sottili, / i killer vili,
che non perdonano.
La gente ànsima: / le manca l’anima!
Torino amore: / ah, che dolore!
d’Italia prima / per Piemme 10/
hai per bandiera/ la maglia nera!
Sei decaduta, / sei tu perduta!
Persin i passeri / del pesco accanto
l’autunno scorso / partiron gàrruli
senz’un rimpianto. / Ci ha lasciato
senz’un saluto / lo stormo aèreo,
mai sì sparuto. / E poi per mesi
li abbiamo attesi, / ma dopo un anno…
ritorneranno? /
Intanto l’aria / già si fa tiepida;
col sole fulgido / il pesco trepida;
un bòcciol umido / si schiude timido,
seguito sùbito / lassù sui rami
da mille gemme / vestite a festa
con i ricami multicolori,
ornanti l’albero / di rosei fiori!
O Primavera, / fasciata, di sole,
vestita di màmmole, / ornata di viole,
sei Tu ritornata: / stupisci, Natura!
E finalmente, / là dall’oriente
stormi di passeri, / giunti dal mare,
riecco spuntare!
“Mammina, presto: / vieni a guardare
dei puntolini / dal ciel sbucare!”.
A frotte arrivano, / sul pesco plànano
e poi intonano / gorgheggi angelici:
sui rami ondeggiano / com’altalena,/
cantand’in coro: / “Siam senza cena!”.
“Amici cari, / - chiama quei bimbo
gettando briciole / a piene mani -
tornate domani / e posdomani:
dovete stare / sempre con me!”.
Ed ora i passeri / sui ram’infiorati
riposan beati, / mentre già sognano
altri orizzonti, più puri, più limpidi,
varcati quei monti. /
Il bimbo cullato / in braccio alla mamma,
che fa ninnananna, /or dorme beato,
volando su nuvole / nel cielo stellato.
Ma quando ‘l piccino /di primo mattino
si sveglia felice / per porger i chicchi
di grano dorato, /sol piume per terra
lui vede lasciate, / estremo saluto
dei passer fuggiti, / si sente tradito
e piange sommesso, /nel cuore ferito.
“Mio caro tesoro, / i passeri migrano,
né mai più ritornano / così lor ripagano
l’ingrata città!
Non pianger, piccino! / Lor volan lontano
in spazi infiniti, / in boschi puliti,
non più insidiati / dall’uomo feroce,
da metter in croce!”.
Così Primavera / per noi di città
finita è già!
Ma ditemi voi / che gioia provate
saltar nell’estate / così d’improvviso,
mai senz’il sorriso / sgorgante dal cuore,/
d’un coro d’autore?
Se quest’è ‘l progresso /
che porta la Scienza, / facciamone senza!
Ben torni ‘l regresso / a “Madre Natura:
val più un concerto / di quei passerotti,
che mille frastuoni / dei gran fracassoni!
Giovanni Bosca - Torino

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