A 50 anni dal concilio Vaticano II

Il concilio Vaticano II si presenta come un evento singolare: è stato indetto per ridire l’identità cristiana all’interno del contesto storico e culturale dell’umanità globalizzata.

A 50 anni dal concilio Vaticano II

30/07/2012

Il concilio Vaticano II si presenta come un evento singolare. Non ha inteso condannare eresie o affermare nuove Verità di fede. Piuttosto, è stato indetto per ridire l’identità cristiana all’interno del contesto storico e culturale dell’umanità globalizzata. Un “triplice balzo” in avanti ne spiega le novità non ancora comprese.


A 50 anni dall’inizio del Concilio, gli ostacoli maggiori alla sua realizzazione non sono venuti da coloro che lo rifiutano, né da coloro che non ne accettano l’una o l’altra riforma, o lo declassano a mero evento di natura «pastorale». La difficoltà maggiore sta nel fatto che si continua a considerare il concilio Vaticano II come uno qualsiasi degli altri venti precedenti, uno dei tanti. Ma le cose non stanno così. Infatti, il Vaticano II rappresenta un unicum nella storia della Chiesa, un caso del tutto singolare, in quanto nessun altro Concilio è stato mai convocato per le ragioni che hanno spinto Giovanni XXIII a indirlo. Lo scopo non era, come per i Concili del passato, di condannare l’una o l’altra eresia o di affermare l’una o l’altra verità di fede, né di contrapporsi a movimenti scismatici. Il Vaticano II è stato convocato al fine di ridire e quasi ridefinire l’identità cristiana, presa nel suo insieme e nei suoi aspetti principali, nel contesto storico e culturale dell’umanità globalizzata. Come annunziare il Vangelo in una società multietnica, multiculturale e multireligiosa? Come dialogare con il mondo, condividendone la sorte, le speranze e i problemi? Come presentare al mondo globalizzato la natura e la missione della Chiesa?


Pertanto il dibattito sulla recezione del concilio Vaticano II non si può ridurre al confronto sul metodo da usare per interpretarne i documenti, cioè se si debba applicare l’“ermeneutica della rottura” oppure l’“ermeneutica della riforma nella continuità”. Nel caso del Vaticano II, più che verificare i contenuti dei singoli decreti, è importante vedere in che misura la Chiesa ha assimilato ed esprime oggi l’identità cristiana, rinnovata sia nella sua comprensione, sia nei rapporti con il mondo e delle diverse componenti ecclesiali tra di loro. Perciò, per un giudizio sulla sua eredità, occorrerà valutare: 1) l’«aggiornamento» teologico del Concilio; 2) il rinnovamento pastorale rimasto a metà; 3) la riforma interna della Chiesa da completare.

Bartolomeo Sorge
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