Giovani e crisi: un futuro da progettare

Un sondaggio fotografa le nuove generazioni. I ragazzi di oggi credono nella famiglia ma conducono vite precarie e sono pessimisti sul lavoro. Ecco le storie di chi ha regito.

Creare una sedia per non restare seduti

13/12/2012

«Per la prima volta dal dopoguerra, la nostra generazione sembra perdere le conquiste di quelle precedenti. È un fatto nuovo, vanno trovate risposte innovative. La situazione generale è indubbiamente negativa, ma per i singoli, come è capitato a noi, reinterpretare la fluidità del mercato del lavoro, passando da un campo all’altro con spirito attivo, può addirittura diventare una risorsa». Reinventarsi ai tempi della crisi.
Con un pizzico di determinazione. È la chiave con cui Marco Lampugnani e Gaspare Caliri, entrambi 31enni, hanno vinto la rassegnazione sulle opportunità del mondo del lavoro.
Grazie a un finanziamento europeo, hanno inventato un’agenzia di servizi per la dimensione pubblica. Partendo da una panchina pubblica. Proprio così. Ma facciamo un salto all’indietro.

Marco, dopo la laurea in Architettura nel 2007 a Milano, ha lavorato in uno studio di Barcellona; nel 2009 il ritorno in patria, presagendo le prime avvisaglie della crisi in Spagna (dove la disoccupazione giovanile è ormai oltre il 50 per cento).
Gaspare invece ha una laurea in Semiotica e, come ricercatore, ha avuto una serie di contratti a progetto di alcuni mesi, «il massimo della precarietà e i primi a essere tagliati quando c’è una crisi». Le cose cambiano nel 2010, «quando», come spiega Marco, «abbiamo ottenuto dalla Regione Emilia-Romagna, il finanziamento, con i soldi del Fondo Sociale Europeo, di un anno di start-up, che è la fase di avvio di un’impresa. Volevamo capire se il mercato del lavoro offriva occasioni per progetti di sviluppo urbano innovativo». In parole povere, creare servizi o oggetti per la città.

Mentre passeggiano, un giorno si rendono conto della difficoltà di trovare panchine per sedersi nei centri urbani. E così, insieme con Sonia Fanoni, salta fuori l’idea del chair-sharing, un sistema per prendere gratuitamente a noleggio, per alcune ore, una «sedia mobile» in alluminio, un ibrido tra sedia e bici, con antenna Wi-fi incorporata per collegarsi a Internet.
Il secondo progetto, Okobici, è un nuovo modello di bikesharing per migliorare la mobilità urbana con la condivisione di biciclette pubbliche. Racconta Marco: «Abbiamo costituito un’associazione. Ora partirà una società low profit, una via di mezzo tra un’azienda non profit e una a fini di lucro. Abbiamo committenti privati e pubblici, ci chiedono progetti molto diversi, ma finalizzati a rendere più vivibile lo spazio pubblico».
Spiega Gaspare: «I soldi pubblici sono pochi: tutto parte da privati che vogliono essere parte attiva del cambiamento». L’ultimo progetto mira a favorire la raccolta differenziata nel Comune di Santarcangelo attraverso i social network Facebook e Twitter. E pensare che tutto è partito da una panchina.

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Postato da Giuseppe (Pino) Verbari il 14/12/2012 08:28

La sterilità è l'incapacità biologica da parte di un uomo o di una donna di contribuire al concepimento, ma, secondo me non è l’unica forma di improcreabilità. Quella che mi attanaglia è la sterilità mentale della quale se ne parla solo a livello diagnostico e terapeutico in considerazione di tante persone verso le quali la natura è stata avara nel distribuire bellezze, intelligenza, savoir faire, e simpatia, per non parlare dell’umiltà e della modestia. E’ la condizione, anche, di chi, non essendo stato dichiarato interdetto, si trova, in particolari circostanze, in stato di incapacità di intendere o di volere per qualsiasi causa, anche transitoria, nell’esporsi in particolari situazioni. Appartiene a quella categoria di persone che non vedono per evadere dalla realtà al pari di chi beve. Quindi, costoro si astengono dal partecipare e se ne guardano bene dal decidere. Il loro focus mentale è la capacità di porre attenzione su di una cosa particolare, cioè su una determinata porzione di realtà solo a loro confacente. Senza saperlo sono intorno a noi e prima o poi finiremo con l’incontrarli Non è difficile renderci conto; quello che ci imbarazza è accettarli. Sembrano del tutto normali ma, caratterialmente danno l’impressione di assestarsi su un gradino superiore al nostro per privilegiarsi di uno status conquistato in un modo o nell’atro ma non del tutto scevro da vizi e imperfezioni. Questa persona di cui vorrei parlare soffre solamente della sindrome definita dell'idiota-sapiente perché si esprime in concomitanza con colui che la società definisce: “senza scrupoli di coscienza”. Ma, ce ne sono tante e in particolar modo nel mondo politico. Leggo: un sindaco ha fatto eliminare dalla biblioteca comunale della sua città un libro sgradito perché parlava male del suo partito. Pareva troppo grossa, far fuori dei libri. Lo facevano Hitler, Stalin, Pinochet. Il sindaco in giro si vanta della sua trovata: appena il libro è arrivato alla biblioteca comunale, uno di loro se l’è preso, formalmente in prestito. Ce l’ha da quattro mesi. Fra un po’ lo restituirà, andando in biblioteca con un altro collega di partito, che lo riprenderà subito dopo. E così via, all’infinito: perché nessun cittadino possa sapere quanto è idiota l’idiota in politica E, questo è soltanto uno dei tanti. Altro episodio, alcuni giorni fa: una dimostrazione di chi lotta per il lavoro viene ritenuta inutile e superflua perché i manifestanti, secondo un politico locale, percepiscono qualche indennità relativa al loro status di disoccupati e, così, l’interesse di coloro che lottano per la sicurezza finisce col passare in secondo piano rispetto al lavoro grazie ad un ammortizzatore sociale che tranquillizza la coscienza di una classe politica inetta e insensibile ai problemi altrui. Quasi come, per dirla: si purga in salute. Speriamo che non diventi quella di regime. Purtroppo non si tratta di una cosa da me voluta ma imposta dal sistema, vedi che rottura; fatti di ordinaria cretinabilità. Giuseppe (Pino) Verbari

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