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giu
Per quello che vale, le rinnovo il mio sostegno per la battaglia morale che sta portando avanti. Ho sessant’anni e sono nonna
di due splendidi nipoti, che adoro. Spesso passo sopra alle loro marachelle, ma se per caso, qualche volta, dico «ora basta», la loro mamma mi zittisce in malo modo. E io devo tacere. In altre parole, è come se mi dicesse: «Fai la baby sitter e zitta!». Le sembra il modo? La prego, dica una parola anche per noi nonni. La mamma in questione legge Famiglia Cristiana, ed è mia figlia. Non la nuora.
Maria Grazia
Non importa se nuora o figlia, ma quel modo di fare è deprecabile. L’importanza dei nonni, per il prezioso aiuto che danno alle giovani famiglie, si capisce solo quando non li si ha a portata di mano. Lei non è la “serva” di sua figlia, anche se volentieri si presta ad accudire i nipotini. Glielo faccia capire subito, invitando sua figlia, altrimenti, a procurarsi una baby sitter. La sua disponibilità non può essere trasformata in obbligo, come fosse una “servitù” dovuta. Certo, il ruolo primario dell’educazione spetta ai genitori. Ma, se non apprezzano la collaborazione, se ne assumano le conseguenze.
Quando viene meno il buonsenso, qualche scossa può essere salutare. Anche nei confronti di sua figlia. I nonni non sono “usa e getta”. Sono un capitale di saggezza, che è da insensati sciupare così malamente.
Pubblicato il
22 giugno 2011 - Commenti
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30
mag
Ho quarant’otto anni. Sono
lavoratrice a tempo pieno
e ho due figli. A fine settimana,
arrivo molto stanca e cerco
di occupare il poco tempo
disponibile nella cura della casa
e dei figli. Come tante donne.
Mia madre, al sabato mattina,
si presenta sempre da me per
essere accompagnata al cimitero
per andare a trovare mio padre.
E questo, ormai, dura da dieci
anni. Premetto che l’ho sempre
accompagnata con tanto piacere,
ma ultimamente mi è diventato
un peso. Mi sento obbligata.
O quasi. E non c’è nessun altro
che la vuole accompagnare,
perché ognuno ha i suoi impegni.
Mia madre vuole andare,
tassativamente, ogni settimana.
E se non l’accompagno mi sento
in colpa.
Franca S.
Visitare i propri cari al cimitero è
cosa sacrosanta. È gesto che esprime
comunione di affetti e rafforza
non solo il ricordo, ma anche gli insegnamenti
che ci hanno lasciato.
Lo faccio anch’io coi miei genitori,
sepolti nel piccolo cimitero del paese
in cui sono nato, in Sicilia.
Ogni
occasione è buona, anche per pochi
minuti, per un saluto, una preghiera
e un fiore da deporre sulla loro
tomba. Per questo comprendo tua
mamma, che mantiene nel tempo
un legame di amore, più forte della
morte. Un po’ meno la capisco,
quando è così ossessiva con i vivi,
cioè con te. Senza alcun rispetto per
i tuoi impegni di lavoro e di famiglia.
Approfittando della tua arrendevolezza,
rispetto al rifiuto degli
altri familiari. Così da trasformare
un “piacere” in peso e obbligo. La
disponibilità non è schiavitù. Non
avere, quindi, sensi di colpa a farle
comprendere che sei sempre disponibile,
compatibilmente ai tuoi impegni.
Anche tuo padre capirà!
Pubblicato il
30 maggio 2011 - Commenti
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