Beata Giovanna Francesca della Visitazione

14/05/2013
Beata Giovanna Francesca della Visitazione (Anna Michelotti)
Beata Giovanna Francesca della Visitazione (Anna Michelotti)

La fondatrice delle Piccole Serve del S. Cuore di Gesù e dei malati poveri nacque ad Annecy, in Savoia, il 29 agosto 1843 da Gianmichele Michelotti, oriundo di Almese in Val di Susa, provincia di Torino, e da Pierina Mugnier-Serrand.
Dalla madre ricevette un’educazione profondamente cristiana, mentre dal padre, purtroppo, non ebbe che cattivi esempi di una vita disordinata che ridusse la famiglia in miseria. Alla sua morte, nel 1849, quando Anna aveva solo cinque anni, i giudici sequestrarono alla moglie tutto e la famiglia dovette ricorrere all’aiuto della Congregazione di Carità.

Nonostante ciò, la madre trovava il modo di assistere gli ammalati, portando spesso con sé la figlia, che da lei assorbì i germi della sua futura vocazione. Uno zio paterno, don Angelo Michelotti, intuendo che la ragazza era portata alla vita religiosa, la indirizzò al monastero della Visitazione di Torino, ma essa non vi fu accolta probabilmente perché priva della dote. Sui diciassette anni, entrò come probanda nell’Istituto delle Suore di San Carlo, fondate a Lione per l’educazione della gioventù, ma pur avendovi cominciato il noviziato, ne uscì perché non si sentiva portata all’insegnamento.
Morta anche la mamma nel 1864, in attesa di conoscere quello che Dio voleva da lei, per un paio d’anni fece da istitutrice alle due figlie di un architetto, mentre l’anno successivo lo trascorse in casa di una pia signorina dedicandosi all’apostolato fra i malati.
Nel 1868 incontrò una certa suor Caterina, ex novizia delle suore di S. Giuseppe, che condivideva i suoi sentimenti, e insieme decisero di dedicarsi all’assistenza dei malati poveri e abbandonati, sistemandosi in due stanzette prese in affitto.

Il loro direttore spirituale, il domenicano padre Mathieu, le aiutò a ottenere dall’arcivescovo di Lione il permesso di vestire l’abito religioso e il 29 luglio 1869 entrambe fecero la professione temporanea come membri dell’Istituto Piccole Serve dei malati poveri.
In quella occasione, Anna assunse il nuovo nome di suor Giovanna Francesca di S. Maria della Visitazione, in onore di Giovanna di Chantal e di Francesco di Sales, i santi fondatori dell’ordine della Visitazione (le suore Visitandine) il cui scopo, secondo il progetto iniziale, era proprio la cura dei malati poveri. La guerra scoppiata tra la Francia e la Prussia nel 1870, terminata con la sconfitta della Francia, separò le due compagne: Anna riparò prima ad Annecy poi in Piemonte, ad Almese, per riscuotere la parte di eredità familiare che le spettava.

Richiamata poi dalla superiora a Lione, essendovi giunta in ritardo per motivi non dipendenti da lei, venne duramente rimproverata e costretta a ricominciare il noviziato nonostante avesse già emesso i voti. Lei accettò umilmente il castigo, ma quando fu riammessa alla professione, su consiglio del suo confessore, lasciò l‘Istituto, che si sarebbe presto estinto con la morte di suor Caterina.
Un giorno, mentre stava pregando ad Annecy nella cappella delle Visitandine dove si conservano i resti o dei loro due fondatori, si sentì toccare la spalla da una mano invisibile mentre una voce le diceva: «Vai a Torino a fondare il tuo istituto!».


Vi si recò sul finire del 1871, ospitata per circa tre anni a Moncalieri dalle signorine Lupis, poi stabilendosi definitivamente in città. A lei si unirono presto alcune ragazze per un tipo di apostolato molto apprezzato dai parroci e dallo stesso arcivescovo mons.
Gastaldi, che nel 1874 autorizzò nella chiesa di S. Maria in Piazza la vestizione delle religiose e il 2 ottobre dell’anno seguente la loro professione con i voti di povertà, castità, obbedienza e di servizio ai poveri.
Come sempre, non mancarono le difficoltà, anche per la penuria di mezzi, alcune defezioni e i vuoti dolorosi provocati dalla morte delle prime compagne per morbi contratti nella cura degli infermi; il superiore ecclesiastico, canonico Antonio Nicco, e il medico della comunità, dottor Fissore, erano del parere che l’Istituto si dovesse chiudere, ma la fondatrice trovò un valido appoggio in padre Felice Carpignano, religioso dell’Oratorio di S. Filippo Neri, che la esortò a continuare con fede perché la sua opera era voluta da Dio.

In effetti, nonostante tutto le vocazioni affluivano numerose e nel 1879 una generosa benefattrice, Antonia Sismonda, mise a disposizione della comunità una villa che possedeva sui colli di Torino, che fu lasciata tre anni dopo perché era stata acquistata quella che sarebbe diventata la casa madre della congregazione, a Valsalice. Nel frattempo, nel 1880, era stata fondata un’altra filiale a Milano, poi ne furono aperte molte altre.
La beata curava la formazione delle sue suore dando loro l’esempio nella virtù e nel sacrificio: poiché rifuggiva dalle simulazioni e dalla doppiezza, nel correggerle o nel consigliare usava un linguaggio molto semplice, facendosi capire da tutte, anche da quelle meno intelligenti. Diceva loro: «Se sbagliate, discendete di un gradino; se vi umiliate, ascendete di tre».

Per esse nutriva il massimo rispetto, usando grande carità e assoluta imparzialità, e per questo era amata da loro, che la vedevano sempre serena e gioviale anche in mezzo alle difficoltà. A loro leggeva sovente brani della Sacra Scrittura e teneva delle conferenze in occasione delle feste e dei capitoli mensili, raccomandando a tutte di pregare per il Papa, per la Chiesa e per la conversione dei peccatori.
«Le sorelle destinate all’assistenza degli ammalati», soleva dire sintetizzando il carisma della congregazione, «devono essere prudenti, zelanti e piene di carità; in essi devono vedere la persona stessa di Gesù Cristo, quindi li tratteranno da veri padroni, li serviranno con tutto il rispetto possibile, saranno umilissime nel loro operare e dolcissime nelle parole per entrare così nel loro cuore e portarli ai santi sacramenti».

Avrebbe desiderato costituire all’interno della comunità un gruppo di suore adoratrici, ma il canonico Nicco glielo proibì, allora lei dispose che ogni religiosa facesse quotidianamente un’ora di adorazione e sette visite al SS. Sacramento. Una delle sue giaculatorie preferite era «Tutto per il S. Cuore di Gesù…Tutto per Te, o mio Dio, quanto penso, dico e faccio; a ogni mio respiro Ti consacro il mio cuore e l’anima mia».

Il 26 dicembre 1887, già gravemente malata, fu esonerata dalla carica di superiora e si spense santamente il 1° febbraio 1888, il giorno dopo Don Bosco, che era stato anche uno dei suoi consiglieri.
Paolo VI la beatificò il 1°novembre 1975. I suoi resti mortali sono venerati nella casa madre di Valsalice.


Angelo Motonati

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