De Bortoli: padre in tempi inquieti

Il direttore del Corriere della sera ricorda la figura del cardinale Martini, "felice incontro fra un grande teologo e un pastore che si siede accanto alla gente".

02/09/2012
Ferruccio De Bortoli con il cardinale Martini al "Corriere della Sera" (foto Fotogramma).
Ferruccio De Bortoli con il cardinale Martini al "Corriere della Sera" (foto Fotogramma).

“E' stato soprattutto un padre comprensivo in una società che di padri ne ha sempre meno, pur avendone un disperato bisogno”. Sono parole forti, sgorgate dal cuore, persino irrituali quelle con cui il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli ha ricordato la scomparsa del cardinale Martini. “Fu un padre e un maestro in una società che di padri e maestri ne ha sempre meno”, spiega. “In un'epoca di valori annacquati e di passioni tristi la sua parola ha rappresentato una bussola morale. Nel mezzo di un periodo storico in cui assistiamo a un processo di secolarizzazione che non risparmia nemmeno la Chiesa, all'indebolimento dell'etica pubblica e dei legami comunitari, ho posto attenzione a segnalare la testimonianza civile, ancor prima che pastorale, del cardinale, grande educatore alla coscienza civica”.

Sorprese, e al tempo stesso affascinò, nella parte finale dell'esistenza dell'arcivescovo, l'umiltà con cui diede voce alle sue paure, ai suoi dubbi. “A volte i dubbi vengono considerati una forma di relativismo etico o di indifferenza, ma io in lui non trovai affatto questo”, dice De Bortoli. “Molti di noi ricordano esempi di sacerdoti che sostituivano la figura paterna, sacerdoti che integravano il lavoro dei maestri: erano uomini di grande umiltà, forse non dotati di un'istruzione eccelsa, ma sempre pronti a sedersi accanto ai fedeli, condividendone paure e incertezze. Il che non significa indebolire la fede, ma, al contrario, rafforzarne l'identità. Allora perché il cardinale Martini fu visto come una figura quasi eccentrica, eretica persino, più vicina al protestantesimo? Fu, invece, un felice incrocio fra un grande biblista e teologo e un parroco che sta accanto alla gente, portatore non solo di verità dogmatiche, impegnato senza sosta a portare il Vangelo nel contesto in cui viveva”.

L'editoriale che il direttore ha firmato all'indomani della morte dell'arcivescovo si chiudeva con un auspicio: che il Papa prendesse parte ai funerali, come segno dell'unità della Chiesa. “Era solo un auspicio, col quale intendevo segnalare una grande opportunità”, precisa De Bortoli. “La Chiesa ha vissuto la sua corsa verso la modernità attraverso alcuni gesti simbolici di grande efficacia: la visita ai carcerati di Giovanni XXIII, il “non abbiate paura” o la visita alla sinagoga di Giovanni Paolo II... Ecco, il lutto è l'occasione propizia per mostrare ai fedeli che nella Chiesa certamente c'è confronto, ma al di sopra di tutto prevale l'unità. Abbiamo così poche voci profetiche, le istituzioni civili sono in crisi... Occorre un gesto simbolico, che non passa necessariamente attraverso la presenza di Benedetto XVI ai funerali. Non è morto solo un cardinale, è morto un profeta”, insiste De Bortoli. “Noto con rammarico una certa freddezza da parte di certi ambienti ecclesiastici. Che messaggio si dà alla società?”.

A De Bortoli si deve l'intuizione di aver riaperto un dialogo diretto fra Martini, una volta tornato da Gerusalemme, e la gente comune, attraverso le pagine del Corriere della Sera. “Ebbi modo di conoscerlo personalmente già durante la mia prima direzione. Poi andai a trovarlo a Gerusalemme. Fu lui stesso ad aprirmi, mi fece accomodare in una stanza semibuia, mi parlò delle divisioni fra cattolici ed ebrei e fra i cristiani locali. Gerusalemme era l'amata città della sua vita, ma la mia impressione fu che lo avesse accolto con freddezza. Alla partenza dall'aeroporto di Fiumicino, fu interrogato dal funzionario israeliano: “Che mestiere fa?”. “Il cardinale”, rispose Martini. “Dove?”. “A Milano”. “Chi può testimoniarlo?”, incalzò quello. Rircordò di aver cenato con l'ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, che risolse la situazione”.

Paolo Perazzolo
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Postato da cristal il 04/09/2012 11:14

La rettitudine e la capacità di trasmettere le Scritture, di vivere davvero seguendo le indicazioni del Vangelo saranno ricordate per sempre. Un uomo di Chiesa che è stato esempio, guida, accoglienza del diverso, luce di conoscenza per tutti. Ci ha lasciato un grande uomo ma l'amore che ci ha donato non ci lascerà mai. GRAZIE.

Postato da aldo abenavoli il 04/09/2012 09:41

Ho voluto aspettare i funerali del Cardinale Martini prima di parlare tenuto conto anche del fatto che i miei commenti al vetriolo mal si conciliano con la atmosfera di sereno distacco che dovrebbe accompagnare il mistero della morte. Il direttore del Corriere De Bortoli si stupisce di una certa freddeza della Chiesa davanti alla fine di un uomo che da taluni è stato definito essere 300 anni avanti. Personalmente non mi stupisco affatto perché, al di la della ipocrisia che sempre accompagna la fine dei personaggi scomodi, il cardinale Martini è stato l’esponente di una concezione di un cattolicesimo alternativa se non diametralmente opposta a quello dei vari Ruini, Bagnasco, Betori, Bertone, Fisichella e via dicendo che hanno avuto sempre il pieno sostegno dall’ex e dell’attuale direttore dell’Avvenire Boffo e Tarquinio. Sulle differenze abissali che esistono tra le due concezioni si potrebbero scrivere e sono stati scritti interi trattati ma è sufficiente un solo esempio. I personaggi testé citati a proposito di peccati come divorzio, aborto, eutanasia, procreazione assistita e coppie di fatto più che esprimere la condanna verso l’autore del peccato, circostanza che quando si è verificata è costata cara a Dino Boffo, si sono sempre scagliati con veemenza contro la concezione “cattocomunista” responsabile delle leggi “ aberranti” che sulla base del principio di laicità disciplinano queste materie dal punto di vista civile; al contrario la corrente di pensiero “laicista e relativista” che con il cardinale ha perso un punto di riferimento ma mi auguro non la voglia di combattere, nel condannare senza alcun tentennamento la azione in se si sforza di comprendere il dramma umano che sta dietro la persona coinvolta, come nell’esempio citato dallo stesso cardinale della donna con figli a carico abbandonata dal marito che incontra un uomo disposta a prendersi cura di lei e della prole, alla quale non dovrebbe essere negata la eucarestia qualora dovesse accettare la eventuale proposta di matrimonio civile. Ecco il nocciolo della questione sulla quale chiedo invano a FC e oggi lo chiedo anche al direttore del Corriere un pronunciamento chiaro: come possono concezioni così diametralmente opposte convivere all’interno di una medesima fede religiosa? unlaicoallaricercadellaverita.myblog.it

Postato da luciocroce il 03/09/2012 15:14

Ti cadono le braccia nel leggere i giudizi astiosi sul Cardinal Martini di taluni cattolici... Per chi pensa, invece, che sia necessario andare oltre la Chiesa della Controriforma e di ritornare ad una Chiesa che si affidi essenzialmente alla forza dello Spirito più che ai poteri mondani, il Cardinal Martini è una figura provvidenziale. A mio avviso, l'essenza del problema è tutta qui: non si tratta di stilare classifiche di "cattolicità" (come se queste potessero importare al Signore...) ma di pensare a come testimoniare il Vangelo nell'età post-industriale: chiudersi in un isolazionismo sacrale - rigettando sistematicamente il punto di vista dei "nemici", in quanto inevitabilmente frutto del Maligno - o, viceversa, confrontarsi sui temi fondamentali della vita nei quali tutti - "buoni" e "cattivi" - siamo coinvolti? Fare tale ultima scelta è indice di un atteggiamento pavido, arrendevole nei confronti dei"senza Dio"? Rappresenta la spia inconfutabile di una Fede tiepida? Evidentemente no, ed il Cardinal Martini lo ha testimoniato con l'intera Sua esistenza. Nel ringraziare Padre Carlo per tutto quello che che ci ha dato, credo non sia arrischiato sostenere che se il pensiero di questo grande cristiano fosse penetrato maggiormente nel l corpo della Chiesa, Essa oggi non si troverebbe a vivere una crisi così grave. Cordialmente lucio croce

Postato da lettore02 il 03/09/2012 14:39

martinporres il 02/09/2012 14.52 E' andata buca anche sta volta. D'altra parte per il Vaticano questa è una parentesi da chiudere il più velocemente possibile tenendo il profilo basso basso, che la pletora di progressisti si sfoghi ricordando il loro campione, poi arriviamo noi con i valori irrinunciabili e rimettiamo le cose a posto, altre voci fuori dal coro contano meno di 0. Cardinale Tettamanzi batti un colpo io non ne conosco altri

Postato da martinporres il 02/09/2012 14:52

Sottoscrivo l'invito di Ferruccio de Bortoli apparso sul Corriere della Sera nell'articolo di fondo:" Il mendicante con la porpora" Sarebbe un gesto altamente simbolico per l'unità della Chiesa, persino rivoluzionario, se lunedì in Duomo, per l'estremo saluto, ci fosse anche Benedetto XVI. Invito altri lettori a sottoscriverlo

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