Anziani, gioco d'azzardo e alcol: il ruolo possibile di servizi e operatori

12/11/2022

ANZIANI, GIOCO D’AZZARDO E ALCOL:

IL RUOLO POSSIBILE DI SERVIZI E  

OPERATORI DOMICILIARI E DI PROSSIMITÀ


Relazione introduttiva di Francesco Belletti, direttore Cisf (Centro Internazionale Studi Famiglia) al seminario di formazione CISF/Ordine degli Assistenti Sociali Lombardi - 10 novembre 2022

 

 

Dopo un webinar online, il 4 aprile 2022, che trovate tuttora sul canale Youtube del Cisf  (https://www.youtube.com/watch?v=l8J3wvZVMKQ),  e l’incontro del 20 settembre scorso, tenutosi in questo stesso Auditorium, l’Ordine regionale Assistenti sociali della Lombardia e il Centro Internazionale Studi Famiglia (il Cisf) si ritrovano nuovamente oggi a collaborare, su un tema specifico di grande interesse: come intervenire e supportare persone anziane che si trovano intrappolate in comportamenti abusivi e di dipendenza dall’alcol e dal gioco d’azzardo. Un evento ed un percorso di collaborazione, in cui entrambi gli organismi hanno impegnato gratuitamente le proprie energie e risorse, con compiti ed impegni distinti, ma sicuramente rilevanti per entrambi i soggetti.

 

Il merito di aver messo sotto osservazione questo “intreccio di temi” va all’Ordine degli assistenti sociali, e in particolare al gruppo di lavoro dedicato, che ha realizzato negli scorsi anni un’indagine presso i propri associati (di cui poi dirà meglio Beatrice Longoni).

 

In effetti obiettivo prioritario e metodo del Cisf è verificare se e come la dimensione familiare sia importante per qualificare il benessere delle persone e della società, sia a livello macro-sociale (politiche economiche, fiscali, servizi), sia nelle micro-relazioni (progetti vita, educazione, interventi di cura, ecc.).  Il paradigma relazionale (il soggetto è in quanto in-relazione con altri) guida il nostro lavoro di ricerca, osservazione e di comunicazione.

 

Un tema innovativo e sfidante,  per tre principali motivi:

 

Tornando al  seminario che stiamo avviando, che ha come focus primario la formazione degli operatori,  il tema è innovativo e sfidante. In particolare mi permetto di richiamare brevemente tre sfide interpretative ed operative:

1) la sfida dell’integrazione;

2) la sfida della presa in carico precoce;

3) la sfida della promozione del soggetto;

4) una nuova alleanza tra relazioni familiari e professioni di aiuto. 

 

1) la sfida dell’integrazione

 

In primo luogo la sfida all’integrazione dentro i servizi e all’integrazione dentro le reti: dialogare tra servizi per anziani e servizi sulle dipendenze, e altre modalità di intervento istituzionali, dei vari soggetti pubblici e privati attivi sul territorio.

Ma a me spetta segnalare un’ulteriore integrazione, cioè l’importanza che in questo lavoro vengano tenuti accesi i riflettori su tutte le relazioni corte, primarie, prima di tutto familiari, ma anche amicali, di vicinato, ecc., che sono (o possono essere, adeguatamente stimolate) risorse strategiche  estremamente preziose, e in questo rinnovare l’alleanza tra professioni dell’aiuto e le relazioni familiari ed informali di care).

In particolare ci pare importante l’intergenerazionalità come dimensione ermeneutica/interpretativa di partenza, per non restare in un modello “a compartimenti stagni”: in altre parole, serve pensare alla condizione anziana come ridefinita dentro l’intreccio tra le generazioni, non solo all’interno delle reti familiari, ma anche a livello comunitario. E questo, quando si tratta di relazioni di aiuto, ci pare sicuramente importante.

 

2) la sfida della presa in carico precoce

 

In secondo luogo, perché in questo ambito è ancora più evidente l’esigenza di “anticipare” la presa in carico e di sapere leggere prima possibile i segnali di questi specifici comportamenti. Perché troppo spesso si arriva tardi (quando l’alcol è diventato dipendenza, oppure quando i conti correnti sono stati svuotati nelle slot del bar o in Gratta e Vinci).

 

3) la sfida della promozione del soggetto

 

In terzo luogo qui si attiva una sfida di estrema complessità sia per la famiglia che per i servizi sociali e più in generale per il welfare di aiuto a livello micro-sociale, e che mi pare assuma anche implicazioni etiche e deontologiche: la difficoltà di adottare un processo di promozione della autonomia e dignità del soggetto e della sua libertà quando proprio la libertà del soggetto sembra essere il motore della sua propria dipendenza (si può parlare di empowerment, di promozione della resilienza delle persone,  di promozione della capabilities o delle competenze residue…).

Ma qui proprio la rimessa al centro della libera volontà della persona è in gioco, perché la dipendenza è un fattore di limitazione e di “perversione” della libertà di scelta, e chi aiuta (operatore o familiare) deve fare i conti con questo.

Rimango fermamente convinto che, pur con tutti i limiti del caso (che chi vive e opera sul campo in queste situazioni conosce bene, sia in famiglia che nei servizi), l’obiettivo non possa che essere “restituire dignità e libertà” alla persona in difficoltà, anche quando si tratta di un anziano, magari solo ed isolato, che non riesce a liberarsi dalla bottiglia o dall’appuntamento quotidiano con il Gratta e Vinci.

 

4) una nuova alleanza tra relazioni familiari e professioni di aiuto

 

In questo sia la famiglia (in tutte le sue relazioni) che i servizi (nelle diverse modalità di intervento) devono uscire da un modello di presunta “autosufficienza” nella risposta ai bisogni, che rischia di diventare una presunzione di “potenza” (capacità ed efficacia nel rispondere e nel risolverli) che facilmente diventa anche “pre-potenza”. La soluzione da percorrere è quella della partnership, della coprogettazione, dell’alleanza, anche a livello micro sociale delle relazioni di aiuto.

Così la famiglia viene aiutata nel chiedere aiuto, rimanendo legittimata anziché “depotenziata”, e chi offre aiuto si pone in una relazione dialogica e promozionale, anizchè asistenziale e risolutiva. Oggi né la famiglia né i servizi possono illudersi di poter essere come quel personaggio di Pulp Fiction, di Quentin Tarantino, che suona al campanello e dice: “Mi chiamo Mr. Wolf: risolvo problemi”.  Si tratta piuttosto di rimettere in gioco, per quanto possibile, la libertà della persona, insieme proteggendola. Facile da scrivere e da dire qui, certamente molto più difficile da agire nel concreto.

 

Anche nel Cisf Family Report 2022 in uscita a fine novembre questo nodo è emerso con grande chiarezza, soprattutto rispetto alla domanda di aiuto relazionale e psicologico da parte di minori, adulti e famiglie durante e dopo la pandemia. Infatti (come emerge dalle interviste e soprattutto dal contributo clinico di Maria Pia Colella) la pandemia è stata una forte opportunità per “sdoganare” la richiesta di aiuto da parte delle famiglie, che non si sentono più “sbagliate” o “psichiatriche”, se chiedono un sostegno psicologico per  i propri figli, per le propri angosce personali, per le relazioni di coppia.

E proprio in questa sfida di restituzione di dignità e di libertà alla persona anche quando chiede aiuto  diventa ancora più virtuosa e strategica una rinnovata  alleanza tra mondi vitali e intervento professionale ed istituzionale, che è la cifra irrinunciabile della welfare community – ed è anche origine di questa collaborazione tra il Centro Internazionale Studi Famiglia e un Ordine professionale, in particolare con il profilo degli Assistenti Sociali. Per aiutare le persone e le famiglie ad aiutarsi e a tornare protagoniste dei propri progetti di vita.

 

Del resto – a concludere questa breve introduzione - credo sia ormai evidente che il futuro di una condizione anziana dignitosa non è solo o soprattutto nella costruzione di isole felici per soli anziani, e nemmeno in prestazioni socio-sanitarie “perfette”, ma in un “permanere integrati” nel vivo delle relazioni (anche intergenerazionali) di una comunità che cura. Così, per sfruttare un proverbio ampiamente utilizzato in altri ambiti, se è vero che “per educare un bambino serve un intero villaggio”, è ancora più vero che “per aiutare un anziano fragile serve un intero villaggio”.  Ma forse potremmo anche andare oltre, e dire, con ancora maggiore verità: “Per promuovere il benessere di ogni essere umano serve un intero villaggio”.

 

Francesco Belletti,

direttore Cisf

(Centro Internazionale Studi Famiglia)

 

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