Edimburgo, Natale con il brivido

Le luminarie natalizie promettono di accentuare il gioco di luci e ombre che è la caratteristica della città scozzese. Tra strade e locali che sembrano usciti da un romanzo di Dickens.

23/12/2011

"Vedessi com'è durante il festival": a Edimburgo ormai è quasi una frase idomatica, che salta fuori non appena si commenta in bene con qualcuno del posto uno scorcio della città vecchia abbarbicata sulla rocca attorno al castello, o il via vai sul Royal Mile che sembra tuffarsi nell'oceano in lontananza, o il calendario degli eventi teatrali che si rincorrono come gli ennesimi atti di uno spettacolo continuo. Il Fringe Festival d'agosto getta la sua ombra su tutto l'anno, con l'eccezione di Natale. E' adesso che la capitale scozzese fa le prove generali per l'appuntamento dell'estate, senza neanche ingegnarsi troppo per offrire vie di fuga al tempo volubile.


Anzi, la famosa atmosfera di Edimburgo, che le ha consentito l'ingresso tra i patrimoni dell'umanità dell'Unesco e tra le più belle città del Regno Unito, emerge proprio dalla tensione tra l'esterno roccioso nero di fumo e lucido di pioggia e l'intimità ambrata di pub e sale da té, caldi come i cachemire ubiqui nelle vetrine del centro, accesi dai riverberi di camini che danno agli interni una sfumatura da single malt (magari un Tallisker o un Laphroach) e il calore di uno Shortbread, il biscotto di puro burro gloria locale e nemesi del colesterolo a tutte le latitudini.  A offrire un'ottima ragione per metter fuori il naso sono così le iniziative lanciate in concomitanza con la prima finestrella del calendario dell'Avvento.


Sulla salita del Mound, il mercatino tedesco, tradizione d'origine medievale, offre come incentivo fiumi di Glühwein, vino bollente speziato, che mantiene mente leggera e dita sciolte per pescare nel portafogli tra i banchetti che espongono capi di lana e confezioni di Haggis, il piatto forte (ma magari non il piu' raffinato) della cucina scozzese, un insaccato di interiora di pecora da cuocere in centinaia di modi che, essenzialmente, fanno dimenticare com'è fatto. Ai piedi del castello, Princes Street e i giardini che la separano dalla rocca sono l'epicentro dei festeggiamenti: sul palco montato all'estremità occidentale si annunciano percussionisti africani, danzatori indiani, gruppi tradizionali scozzesi e irlandesi e infine il coro della St. John Church per il One World Marquee.


Ma in realtà l'intero percorso che conduce al monumento a Sir Walter Scott passando per la Scottish National Gallery è un grande palco costellato di artisti di strada, pronto ad accogliere il Santa Express con tanto di renne nonché centinaia di Babbi Natale per la cosiddetta Santa Zumbathon di beneficienza, maratona dove l'importante non è vincere ma ridere. Se sudare in pigiama rosso e barba posticcia non fa per voi, resta sempre la famosa atmosfera. Se avessero potuto commercializzarla, gli scozzesi l'avrebbero fatto. Eppure c'è chi, in un certo senso, l'ha fatta fruttare: nell'Elephant House di George IV Bridge, J.K. Rowlins ha fatto muovere i primi passi al suo Harry Potter, animandolo in una realtà che, di Edimburgo, cattura l'aria gotica da racconto di mezzanotte e anche dei luoghi specifici: Hogwarts, ad esempio, è la proiezione del castello e della George Heriot School.


Ma magia e mistero non sono certo arrivate in città con la saga bestseller: la tradizione gaelica abbonda di prodigi e rituali, uno dei quali apre il nuovo anno. L'Hogmanay affonda le radici nei miti precristiani ed è la festa che ancora oggi si celebra a mezzanotte del 31 quando, per buon auspicio, ci si lancia nella corsa a essere i primi dell'anno nuovo ad attraversare la soglia di casa di amici o vicini, offrendo in regalo whiskey o dolciumi, magari di ritorno dalla grande festa di strada che riempie le strade della New Town, linearità razionalista che contrasta con i cupi angoli della città vecchia. La compenetrazione tra luci e ombre è il segno stesso di Edimburgo, una città che celebra gli eventi più sanguinosi della sua storia aggiungendo salsa di pomodoro a iosa. Chiedersi se sia stata la famosa atmosfera a creare quella catena locale di scrittori del mistero che, da Robert Louis Stevenson, arriva fino a Ian Rankin passando per Arthur Conan Doyle, o viceversa, è come cadere nel famoso dilemma dell'uovo e della gallina.


Dilemma che i ghost tour, appuntamento immancabile per chi da bambino si sarebbe fatto due giri di seguito alla casa degli spettri del luna park, risolvono nell'affabulazione, meglio se dal tono ispirato e soprattutto oltretombale. Ce n'è per tutti i gusti: i murati vivi per la peste del '600 di Mary King's Close e le messe nere nella città dei Morti tra Settecento e Ottocento, senza scordarsi i profanatori di tombe al servizio della scienza. Il pezzo forte delle guide in mantello che accompagnano i tour alla scoperta del lato oscuro di Edimburgo è appunto la storia di Burke e Hare, tombaroli intraprendenti dell'Illuminismo scozzese e fornitori ufficiali della facoltà di anatomia, all'epoca la più avanzata del mondo. Di fronte alle proteste dei medici, che lamentavano cadaveri troppo tali, i due decisero di portarsi avanti col lavoro, conducendo a martellate mendicanti e prostitute direttamente dalla strada al tavolo delle autopsie, senza passare dalla fossa.


Catturati e giustiziati, continuarono a rendere servigi alla scienza medica: di Burke si può ammirare lo scheletro al Surgeon's Hall Museum, nonché un portafogli fatto con la sua pelle. La luminarie promettono di accentuare le ombre invece di attenuarle, e molti ristoranti annunciano già il Murder Mistery Dining, l'invito a cena con delitto a tema natalizio. Ma per chi al rosso preferisce il bianco dell'innocenza, Edimburgo sa anche offrirsi in versione dickensiana: la sua vetrina è lo Ye Olde Christmas Shoppe di Canongate, il suo simbolo il cagnetto Bobby, che per 14 anni vegliò fino alla morte la tomba del padrone sepolto nel cimitero di Greyfriars e fu infine immortalato nella statua più fotografata della città.


Natale a Edimburgo è soprattutto l'occasione per sedersi ai tavoli di alcuni tra i migliori ristoranti del Regno Unito: il Castle Terrace, fresco di stella Michelin; il Royal Cafe, un'istituzione nel cuore della New Town; il Dome, sorto all'interno di una banca in stile neoclassico, che offre bistecche di qualità Angus ovviamente al sangue; oppure uno dei tanti ristorantini di pesce su Grassmarket o su High Street, o il meglio della cucina asiatica su Nicholson Street o attorno a Meadows Park. Per dormire, chi ha nostalgia dell'Italia e un portafogli ben fornito può far capo all'Hotel Missoni su George IV Bridge o, sempre nella sfera del lusso, all' Apex Hotel di Grassmarket, da cui si gode una vista panoramica sul castello, o all'imponente Balmoral, che sorge all' imbocco di North Bridge come un richiamo più sfarzoso all'altura di Arthur Seat. Più a portata di tasca, il Point Hotel a due passi da Castle Terrace e l'Haymarket, fascino vittoriano nel West End, in una zona che sembra davvero uscita da un romanzo di Dickens.

Gianluca Iazzolino
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