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Aiutare i poveri o curare i randagi?
Sono una donna di trent’anni, di un paesino del Sud Italia. Sono volontaria. Si domanderà: a favoredi chi? Degli animali! Scommetto che ora accantonerà la mia e-mail, perché il mio volontariato non è degno d’essere definito tale. Vero? Da sola, senza aiuto dalle istituzioni, seguo due colonie di randagi, per un totale di quaranta gatti. Sono quella che, comunemente, viene definita una “gattara”. Mi occupo della loro salute, li sterilizzo a mie spese, li curo e li sfamo. La gente mi chiede: ma perché ti sbatti tanto? Sono solo animali! Altri si indignano, perché non mi dedico agli “esseri superiori”, cioè agli uomini. Ma sono “esseri superiori” quelli che torturano gli animali? Dovrei “sbattermi”per loro? Noi “gattare”, per bene che vada, siamo prese per pazze. Non mi dica anche lei che ci sono i poveri, gli immigrati che muoiono di fame e cose simili.
Unavolontaria di serie B
Di “gattare”, a portata di mano, ne ho diverse, qui in redazione. Alcune molto attente e rispettose, che oltre a nutrire e curare gli animali, si preoccupano anche di tenere pulito il cortile e rispettare l’ambiente. Altre, invece, dall’esterno, non si fanno scrupolo di invadere il giardino, con arroganza, sporcando e lasciando resti dappertutto.Tanto, c’è chi pulisce! Su questi temi si misura il buonsenso.Che non sempre c’è. Però, è sbagliato mettere in contrapposizione l’amore per gli uomini e quello per le bestie, perché sono beni non comparabili. A ognuno il suo. Purtroppo,spesso, si mischiano le carte. Così, c’è gente che vive peggio dei randagi, e animali accuditi più delle persone. Non possiamo trovare una via giusta?
Pubblicato il 04 maggio 2010 - Commenti (0)