Siria, salviamo almeno i bambini

Nel Paese mediorientale la guerra civile continua, ma la comunità internazionale ritarda decisioni risolutive per fermare un'emergenza umanitaria che colpisce soprattutto i minori.

Troppa cautela da parte dell'Occidente

05/03/2013
Una dimostrazione di oppositori siriani rifugiati in Giordania (Ansa). Nella copertina: bambini siriani in un campo profughi (Reuters).
Una dimostrazione di oppositori siriani rifugiati in Giordania (Ansa). Nella copertina: bambini siriani in un campo profughi (Reuters).

In Siria il massacro va avanti, sotto gli occhi del mondo, davanti all'impotenza - o alla scarsa determinazione nonostante i buoni propositi - della comunità internazionale, a partire dall'Unione europea e gli Stati Uniti. Nel Paese mediorientale continua la sanguinosa guerra civile fra le forze governative di Bashar al-Assad e le forze ribelli, riunite nel Consiglio nazionale dell'opposizione, che chiedono la fine del regime e l'avvio di nuovo corso politico. I dati diffusi dalle Nazioni Unite fanno rabbrividire: a causa delle violenze interne, 3 milioni e 600 mila siriani sono sfollati all'interno del Paese.

Nel giro di soli due mesi un milione e 100 mila civili sono stati costretti ad abbandonare le loro case. L'Alto commissario delle Nazionim unite per i rifugiati (Unhcr), Antonio Guterres, ha rivelato che, se nell'aprile del 2012 i rifugiati siriani nei Paesi della regione erano 33mila, oggi i profughi in Medio Oriente e in Nord Africa sono arrivati a 940mila. Una cifra gigantesca, che fotografa con forza la gravità dell'emergenza.

La Siria è sulla strada della totale distruzione, ha dichiarato all'Ansa Radhouane Nouicer, coordinatore a Damasco degli aiuti umanitari dell'Onu. Il quale ha anche denunciato le promesse non mantenute dalla conferenza dei donatori tenuta in Kuwait a fine gennaio: Emirati Arabi, Kuwait e Arabia Saudita avevano promesso in totale 900 milioni di dollari di fondi, ma «solo 200 milioni sono stati effettivamente inviati all'Onu».

Promesse e buoni propositi, ma ancora ben distanti da una soluzione concreta. A fine febbraio Roma ha ospitato il vertice dei Paesi Amici della Siria e i rappresentanti riconosciuti dell'opposizione siriana. In questa sede il capo della Coalizione nazionale siriana Moaz al-Khatib ha chiesto all'Occidente di «guardare al sangue dei bambini siriani», e non alla «lunghezza della barba dei combattenti ribelli», sfatando la paura occidentale che l'opposizione si ispiri al fondamentalismo islamico. Questo timore, infatti, è uno dei problemi che frenano un intervento concreto e deciso da parte della comunità internazionale. 

Al vertice di Roma l'Italia e gli altri Paesi amici si sono impegnati a prendere misure serie nei confronti dell'opposizione siriana. Ora resta da vedere che cosa, concretamente, sarà fatto. L'impressione è che l'Occidente stia usando con Damasco una cautela eccessiva. E intanto, mentre europei e americani si prendono il loro tempo per riflettere, vagliare, misurare, in Siria si continua a morire.

a cura di Giulia Cerqueti
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