Economia, chi ci tiene in pugno

La Trilateral, ma anche il World Economic Forum. Ovvero le stanze di chi pensa e decide. Nel mondo ci sono 1645 think tank. Eccone l'identikit aggiornato. Non mancano gli italiani...

28/07/2012
Foto Reuters.
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Non sono società segrete, si tratta piuttosto di ambienti spesso molto elitari che elaborano riflessioni, ma soprattutto intessono relazioni. Si chiamano think tank, organizzazioni indipendenti dai Governi che promuovono studi e seminari per ragionare sul futuro con una prospettiva internazionale.


Con la globalizzazione che aumenta le interdipendenze, sia la politica sia l’economia si trovano a giocare sullo scacchiere mondiale. La politica mira a individuare le forme per coniugare interessi nazionali e globali, guardando in particolare alla creazione di condizioni di sicurezza e di pace, non fosse altro che per ridurre le minacce agli interessi nazionali. L'economia ricerca quella medesima sicurezza per usufruirne nell’apertura di nuovi mercati. In questo l’economia si muove molto più veloce della politica, ma della politica ha bisogno per definire il quadro normativo entro cui collocare i contratti che animano il mercato. 

Ovviamente compito della politica non è solo questo. È il luogo in cui la comunità riconosce e formalizza i diritti (lo abbiamo fatto con la Costituzione e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo), e sceglie obiettivi e strumenti per costruire un futuro che quei diritti tuteli. L’economia è parte di questo quadro, non ha regole e etica propria avulse da quei diritti, anzi è strumento per realizzarli. Stimolare un aumento dell’occupazione, ad esempio, è fare in modo che un maggior numero di persone possa vivere con dignità e autonomia, e con la possibilità di concorrere alla corresponsabilità fiscale per usufruire, insieme agli altri cittadini, dei servizi pubblici che difendono la vita, come la scuola e la sanità. Che condividano questa più ampia accezione della politica, o che ne considerino solo la parte utile a garantire il funzionamento del mercato, gli uomini di impresa spesso cercano il rapporto con la politica e poiché questa si muove più lenta, in ragione del rispetto dei passaggi di consultazione e concertazione democratica, tentano di stimolarne e influenzarne il processo di formazione delle decisioni. 


Foto Thinkstock.
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Come ti influenzo il potere: le lobby

Per farlo, soprattutto negli Usa, si è formata la dinamica delle lobby, gruppi di interesse che si organizzano e lavorano con i preparatissimi lobbysti per influenzare le decisioni dei parlamentari e del governo. Con l’aumentare delle interdipendenze sono nati centri rivolti specificamente a sostenere una attività di ricerca basata sul confronto delle idee e dedicata alla loro diffusione per creare una sorta di cultura comune. I think tank (“squadre di pensiero”, che anni fa avremmo chiamato più prosaicamente centri studi) si sono sviluppati quindi secondo modalità diverse, ma con la cifra comune dell’organizzazione di seminari che fanno incontrare i decisori internazionali. Per farli discutere, per farli conoscere e magari per influenzarli. I think tank più qualificati hanno una intensa attività di ricerca e produzione scientifica, quelli più efficaci hanno soprattutto capacità di relazione e riescono a coinvolgere i personaggi più influenti o con maggior potere. 

Il primo Think tank moderno: Rockefeller e la Trilateral

Quello che forse è il primo esempio di think tank moderno nasce nel 1973 su iniziativa di David Rockefeller, attuale decano della ricchissima famiglia americana. Con la consapevolezza che la crescente integrazione internazionale stava ponendo problemi che richiedevano risposte concertate da parte delle tre aree più ricche del pianeta, Rockefeller propose la creazione della Trilateral Commission invitando a farne parte circa 400 personalità degli Stati Uniti, dell’Europa occidentale e del Giappone. Oggi la Trilateral è ancora più influente di quando è nata e si divide in tre gruppi regionali, quello nordamericano, quello europeo e quello pacifico-asiatico. Il primo comprende Stati Uniti, Canada e Messico, il secondo i paesi membri dell’Unione Europea (inizialmente erano solo alcuni membri della Comunità), il terzo Australia e Nuova Zelanda, i giganti India e Cina, e i paesi del Pacifico che formano l’Asean (Association of southeast asian nations) in particolare Thailandia, Filippine, Singapore, Indonesia, nonché Hong Kong e Taiwan (che dunque dialogano nel gruppo con i membri cinesi).


Foto Reuters.
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Tuttora si diviene membri per invito e la responsabilità della commissione è condivisa dai tre presidenti regionali: Joseph S. Nye jr., professore ad Harvard e già alto collaboratore del ministero della difesa americano, Jean Claude Trichet, ex governatore della Banca Centrale Europea, e Yotaro Kobayashi, ex presidente della Fuji Xerox. Chairman europeo prima di Trichet era Mario Monti, che diede le dimissioni diventando Presidente del Consiglio italiano. Membri della Trilateral sono capitani d’impresa, banchieri, ex Segretari di Stato come Henry Kissinger, Madeleine Albright e Condoleezza Rice ed economisti che ebbero grandi responsabilità come Larry Summers, già capo economista della Banca Mondiale e consigliere di Clinton, e Paul Volcker, già governatore della FED, la banca centrale Usa e consigliere di Obama. Fra i membri italiani John Elkann, Carlo Secchi, i presidenti di Eni ed Enel, Tronchetti Provera ed Enrico Letta.

Il Bilderberg Club e l'originale lista di 1645 think tank mondiali

La Trilateral ha rafforzato, nelle sue attività, ciò che aveva avviato il Bilderberg Club , una riunione annuale ad inviti che si svolge a porte chiuse a partire dal 1954 coinvolgendo poco più di un centinaio di personalità di spicco del panorama politico ed economico europeo. L’iniziativa nacque allora per promuovere l’atlantismo. Oggi è una occasione per intessere relazioni tra personaggi influenti dei due continenti. I think tank che promuovono studi e occasioni di incontro sono numerosissimi. La Pennsylvania University ha provato a classificarli in base alla loro influenza e alla loro produzione scientifica. Tra i 1645 censiti naturalmente troviamo anche organizzazioni con storie molto diverse. Sono presenti nella lista l’autorevolissimo Sipri (Stockholm international peace research institute) collocato al terzo posto assoluto, enti che si occupano di mettere in rete i soggetti della società civile del Sud del mondo per dare loro maggiore voce nel dibattito internazionale o che controllano la violazione dei diritti come Amnesty international o ancora hanno un impegno ambientalista come il Wwf.


Foto Thinkstock.
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Nella classifica della Pennsylvania University (Global Go to Think Tank Rankings) compare al primo posto assoluto l’americano Peterson Institute for International Economics, fondato nel 1981, che negli anni ha messo in rete uomini come W. R. Cline, lo stesso Paul Volcker, ancora Larry Summers, Sergio Marchionne, Stanley Fisher (già vice direttore del FMI e attuale governatore della Banca Centrale di Israele) e molti altri. Al secondo troviamo la Chatham House, ufficialmente definito The Royal Institute of International Affairs, basato a Londra. Chatham House è famosa per la Chatham House Rule, una regola che i partecipanti ai seminari accettano e che comporta la facoltà di raccontare all’esterno le idee discusse durante gli incontri ma senza citarne gli autori. In questo modo si sono potuti affrontare con serenità e in modo aperto questioni delicate, sulle quali i giudizi non sono ancora completamente formati, che in una discussione pubblica avrebbero potuto generare fraintendimenti o tensioni.

Se Peterson e Chatham, come Brookings Institute, Nber (National Bureau of Economic Research) e Center for Economic Policy Research (Cepr), per citare alcuni tra i maggiori, hanno una rigorosa attività di ricerca scientifica, alcuni tra i think tank più influenti sono soprattutto organizzazioni che fanno incontrare le persone, magari usando la Chatham House Rule per i propri incontri. Tra questi abbiamo già citato la Trilateral Commission e il Bilderberg Club. Oltre ad essi vanno ricordati la Allen & C. Sun Valley Conference che si svolge ogni anno all’inizio dell’estate, o il World Economic Forum di Davos, che sono diventate occasioni per fare pubblicamente vetrina, ma nella sostanza per creare possibilità di incontro in cui parlare off the record e verificare le reciproche sintonie tra partner e competitori. A Sun Valley, una remota e gradevole località sciistica nello Idaho, dove per la cronaca gareggiarono e vinsero Gustavo Thoeni e Ingemar Stenmark e dove Hemingway scrisse buona parte di “Per chi suona la campana?” nel 1939, ogni anno la Allen & C, un gruppo finanziario statunitense, riunisce i più importanti personaggi dell’economia americana e mondiale per una riunione improntata all’informalità, invitando politici internazionali per parlare delle prospettive economiche. 
 

La Cancelleria tedesca, Angela Merkel, interviene al Forum di Davos,. Foto Reuters.
La Cancelleria tedesca, Angela Merkel, interviene al Forum di Davos,. Foto Reuters.

Il World Economic Forum di Davos

Negli ultimi anni le star erano state i giovani proprietari delle imprese della new economy, da Google a Facebook, ma la crisi e le loro evoluzioni negative in borsa ne hanno ridotto il fascino quest’anno. In Italia abbiamo avuto notizia di questo incontro soprattutto perché vi ha partecipato il premier Monti a metà luglio. Il Forum di Davos è viceversa più noto in Italia, anche per la vicinanza geografica. Qui dal 1971, su iniziativa di Klaus Schwab, un economista tedesco che ha insegnato per trent’anni all’Università di Ginevra, si celebra il World Economic Forum, che, come recita il suo statuto, “è una organizzazione internazionale indipendente, impegnata nel migliorare lo stato del mondo coinvolgendo leader del mondo delle imprese, della politica e dell’università e altri leader della società per definire le agende globali, regionali e dell’industria”. 

E in Italia? Il Forum Villa d'Este di Cernobbio, ad esempio...

Non mancano, infine, le esperienze italiane. Citiamo il Forum Villa d’Este di Cernobbio, l’incontro più ampio tra i Workshop Ambrosetti, e la sezione italiana dell’Aspen Institute, che ha visto per diversi anni la contestuale presidenza di Giulio Tremonti, già Ministro delle Finanze, e la direzione di Marta Dassù, attuale sottosegretario agli Esteri. Leggendo le liste dei partecipanti a queste diverse occasioni di dialogo, si notano spesso gli stessi nomi: ex Segretari di Stato, ex presidenti, ex ministri, insieme a CEO delle principali multinazionali e dei maggiori gruppi finanziari. Sempre più spesso, in qualità di invitati, premier e capi di stato in carica. Che organizzazioni svolgano il servizio di fare riflettere insieme, elaborare e far circolare le idee è prezioso. Ma l’impressione che alcuni di questi gruppi offrono è quella di una élite esclusiva, autoreferenziata, che non include, ma individua da sola il futuro del mondo. 


David Rockefeller. Foto Reuters.
David Rockefeller. Foto Reuters.

Chi non ci sta e reagisce: il World Social Forum, ovvero il popolo di Porto Alegre

Non per nulla dal 2001, proprio in esplicita reazione al World Economic Forum, è nato il World Social Forum. Ogni anno, normalmente nel mese di gennaio, centinaia di migliaia di cittadini di tutto il mondo partecipano all’incontro mondiale, che si è svolto a Porto Alegre, in Brasile,  nei primi anni e in altre città del Sud del mondo in quelli anni successivi. La sua preparazione coinvolge milioni di persone e non mancano personalità internazionali del calibro di Noam Chomsky o dell’ex presidente brasiliano Lula, per citarne solo due. 

Il perdurare della crisi, provocata dalla irresponsabilità di alcuni gruppi finanziari, che oggi da un lato consente ulteriori guadagni alla speculazione, ma contemporaneamente rischia di indebolire i sistemi economici-sociali e politici fino oltre i desideri degli stessi speculatori, induce l’élite preoccupata della finanza e del potere ad aumentare la frequenza degli incontri dei loro think tank. 

Chi scrive ritiene che la politica sia un’arte fortemente ancorata all’etica e nello stesso tempo pragmatica. Incontrare i decisori serve. Parlare e scambiare idee è utile. Facciamolo. Ma ricordiamoci nello stesso tempo che la democrazia è partecipazione di tutti alla scelta del nostro futuro e alla sua realizzazione. Non è qualcosa riservato ad una élite autonominata. Il disoccupato che a 50 anni non riesce a trovare un lavoro, il giovane che deve accettare condizioni umilianti, il pensionato che vede ridotto il suo potere d’acquisto o, peggio, chi pensione praticamente non ha, tutti questi uomini e donne che fanno fatica hanno lo stesso dovere e lo stesso diritto di partecipare che hanno capitani d’impresa e leader internazionali che si incontrano nei seminari a inviti. Facciamo attenzione a non confondere la competenza messa a disposizione della comunità con la selezione elitaria e a non far passare per democrazia qualche sorriso di fronte agli obbiettivi a Sun Valley, in maniche di camicia e braghe corte da 1000 euro.

Riccardo Moro, economista, docente di Politiche dello sviluppo all'Università Statale di Milano
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Postato da giogo il 31/07/2012 10:18

Dor 55 Ho scritto quel che ho scritto" perchè ho letto parecchi toui post" (molte volte troppo prolissi) anche con i famosissimi trentanni di malgoverni. Dici poi a me, senza cognizione di causa...perchè la tua è cognizione di causa confondere il celeste con Prodi...(e quì è palese il dentino evvelenato) perchè mai NON può essere stato un buon governo se ha durato poco??? anzi quando hai maggioranze risicate e qualche giuda all'interno un plauso per quel poco che se riuscito fare(quanti scilipoti in giro).Rileggendo poi il tuo precedente "questo governo per di più non eletto dal popolo" diciamo allora che tu "ESPERTO DI ECONOMIA"(da tanta critica al prof. Moro se ne deduce) cosa volevi in una situazione di GRAVITA' ESTREMA ricorrere ad elezioni anticipate? o tenersi il Berlusconi (detto anche il sultano o il fuggitivo o il venditore di fumogeni iridati)??? Anche al sottoscritto (pensionato) la situazione preoccupa e non ci "vorrei stare" ,anche se fuori tema...ma tantè quando uno scrive filippiche è facile o provocatorio uscirne.... dal tema. Saluti

Postato da DOR1955 il 30/07/2012 12:25

giogo, giogo, perchè cerchi di interpretare il pensiero altrui senza cognizione di causa? Sei proprio sicuro che io rimpianga il cosi detto "sultano" come lo definisci tu? Prova a leggerti gli oramai più di 100 post che ho inviato a questa testata web e forse ti ricrederai. Per quanto riguarda Prodi, se i suoi fossero stati "buoni governi" come mai sono durati così poco? O non sarai mica come il cosi detto "celeste" il quale, blasfemamente, ha dichiarato che anche Gesù sbagliò collaboratore. E comunque mi sembra che il tuo post sia completamente fuori tema rispetto all'articolo. E se ti rileggi con calma il mio post precedente e lo colleghi all'articolo, scoprirai che mi sono concentrato solo ed esclusivamente su ci, a mi modesto avviso, sono oggi coloro che ci "tengono in pugno". E inoltre evidenzio, e ribadisco, che la maggioranza degli italiani, come sintetizzato da martinporres, è "suddito" (me compreso). Ed è per questi motivi che "non ci sto"!

Postato da martinporres il 30/07/2012 04:15

Questo articolo dimostra che non siamo più cittadini ma sudditi!.

Postato da giogo il 29/07/2012 16:55

Amico Dor55 credo "senza tirare in ballo lo Spirito Santo" che qualche Santo lassù ci ha dato una mano, nel senso che "anche senza elezioni" il sultano finalmente si è dimissionato...o no??Colpo di stato o quasi dici tu?? Ti andava bene quel barzellettiere colluso con le cricche?? Perchè dai tuoi lunghissimi post questo traspare...anche se ti sforzi di non farlo apparire e di rimanere in una specie di limbo con i "famosi 30 anni di pessimi governi" e qui ti voglio perchè fortuna per il Paese c'è stato nel frattempo qulche buon governo...il suo difetto fu che purtroppo arrivò per ben 2 volte a governare meno di 2 anni...tanto per non fraintenderci PRODI.Saluti

Postato da DOR1955 il 28/07/2012 11:26

Finalmente il professor Moro, volontariamente o involontariamente, è “sceso con i piedi per terra” e si è accorto di due cose fondamentali che in due precedenti suoi articoli aveva omesso (spero in buona fede ma posso avere dubbi fino a risposte chiare?) e che in qualche modo, più o meno esplicitamente, nei miei commenti gli ho fatto notare. Il primo (ma non necessariamente per importanza) è quello relazionato al titolo stesso dell’articolo, e cioè “Economia: chi ci tiene in pugno”; in questo caso la risposta (già da me data) ce la serve su “un piatto d’argento” lo stesso professor Moro quando scrive “….Trilateral Commission ……… è ancora più influente di quando è nata ……. la responsabilità della commissione ….. era Mario Monti, che diede le dimissioni diventando Presidente del Consiglio italiano……”. Questi passaggi dell’articolo del professor Moro sono segno inequivocabile che, almeno in Italia, “chi ci tiene in pugno” non sono altro che i massimi esponenti del nostro stesso governo, e specificatamente “Mario Monti e Corrado Passera” . Per cui, come già avuto modo di scrivere e confermo, supportato dalle stesse parole del professor Moro, sono a ribadire che è il sistema bancario, sia esso nazionale o internazionale (non vi sembra perlomeno strano o sospetto che i maggiori estimatori di super-mario-fmi siano la FED-BCE-alcuni governi e tante organizzazioni finanziarie, tutte straniere?), e quello delle lobby, che di fatto determinano e condizionano la politica di questo Paese, relegando la politica stessa a uno strumento di facciata “inutile” circa le scelte strategiche da fare per oggi e il futuro (il bello, anzi il brutto, è che gli italiani onesto debbono continuare a mantenere questi politicanti inutili). Personalmente ritengo che questo governo, per di più non eletto dal popolo, seppur legittimato da un parlamento “deligittimato” dal mercato che, ironia della sorte, ora ci sta facendo pagare anche gli interessi, non sta facendo affatto l’interesse del popolo italiano ma solo ed esclusivamente, e mi ripeto, quello di banche – lobby – speculatori – amici degli amici e migliaia di parassiti privilegiati. Quando si prenderà coscienza di questo ritengo sarà tardi per porvi rimedio. Ma, da Cristiano, confido nello Spirito Santo. Il secondo punto su cui voglio soffermarmi, sempre supportato dallo stesso professor Moro, è quando scrive: “ ….. Chi scrive ritiene che la politica sia un’arte fortemente ancorata all’etica e nello stesso tempo pragmatica. Incontrare i decisori serve. Parlare e scambiare idee è utile. Facciamolo. Ma ricordiamoci nello stesso tempo che la democrazia è partecipazione di tutti alla scelta del nostro futuro e alla sua realizzazione. Non è qualcosa riservato ad una élite autonominata. Il disoccupato che a 50 anni non riesce a trovare un lavoro, il giovane che deve accettare condizioni umilianti, il pensionato che vede ridotto il suo potere d’acquisto o, peggio, chi pensione praticamente non ha, tutti questi uomini e donne che fanno fatica hanno lo stesso dovere e lo stesso diritto di partecipare che hanno capitani d’impresa e leader internazionali che si incontrano nei seminari a inviti. Facciamo attenzione a non confondere la competenza messa a disposizione della comunità con la selezione elitaria e a non far passare per democrazia qualche sorriso di fronte agli obbiettivi a Sun Valley, in maniche di camicia e braghe corte da 1000 euro.” Forse il professor Moro, illuminato dallo Spirito Santo, si è accorto che il “Paese reale” è fatto di esseri umani, esseri pensanti, esseri con un’Anima e una Dignità calpestata da chi governa “pro domo sua” e da tutti coloro che sostengono le loro tesi, in buona o cattiva fede. E prima di questo articolo il professor Moro apparteneva alla schiera dei sostenitori “tout court” di super-mario-fmi e della bontà di quanto sta facendo, o mi sbaglio? Ripeto una domanda gia posta al professor Moro: “Non è che quelli che sbagliano siete voi?”. Attendo fiducioso una risposta, la quale, anche se non dovuta, è segno di rispetto verso il Prossimo e “fortemente” Cristiana. Sempre pronto, comunque, a confrontarmi con lei personalmente e pubblicamente. Anche se non appartengo a una qualsiasi “elite” autoreferenziale.

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