Appalti, è ora di premiare gli onesti

È necessario “snellire” il pesante apparato normativo che regola gli appalti pubblici. Qualche idea per un rilancio del lavoro delle imprese e contro la corruzione dilagante.

21/03/2012
(Eidon)
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Secondo il nostro Governo infrastrutture e trasporti, comprese le grandi opere, sono fondamentali per il rilancio del Paese. Condivido senz’altro, anche se qualcuno si manifesta dubbioso perché ritiene che proprio attorno alle grandi opere si concentrino gli interessi della malavita organizzata e dunque, rilanciando i grandi lavori, si finisca indirettamente per alimentare quel torbido giro di corruzione e malaffare di cui purtroppo abbiamo spesso notizia sui quotidiani. Ritengo che questa preoccupazione abbia fondamento ed anzi prescinda dalle dimensioni delle opere, visto che si registrano fenomeni di corruzione e di infiltrazioni mafiose anche in appalti di modesta entità.

Daniele Degennaro, direttore generale della Dec Spa, azienda al centro di una inchiesta della magistratura barese per la costruzione di due parcheggi sotteranei, all'uscita dalla procura di Bari (Ansa).
Daniele Degennaro, direttore generale della Dec Spa, azienda al centro di una inchiesta della magistratura barese per la costruzione di due parcheggi sotteranei, all'uscita dalla procura di Bari (Ansa).

Tali evenienze, però, non possono frenare, o peggio fermare, la realizzazione delle infrastrutture, devono semmai indurre a rafforzare i controlli sugli appalti e spingere il legislatore a emanare leggi che, oltre a essere seriamente e severamente “anticorruzione”, prevedano meccanismi premianti e incentivanti per le ditte oneste. Si fa un gran parlare di tutte quelle imprese (e sono molte) che scandalosamente attendono da anni di essere pagate dallo Stato per lavori che hanno già svolto e, ovviamente, per questo hanno disagi economici. Molte sono ditte sane che a queste condizioni hanno necessità di ottenere prestiti agevolati dalle banche per continuare a lavorare, purtroppo però i nostri istituti di credito si manifestano poco sensibili al riguardo ed anzi le considerano imprese a rischio di “solvibilità”. Incredibile! Le banche, che hanno chiesto allo Stato di farsi garante dei loro debiti, non hanno fiducia che quello stesso Stato possa pagare quanto dovuto ai piccoli imprenditori.

Si arriva finanche al triste paradosso che lo Stato, grande debitore di tali imprese, le multi ulteriormente quando queste, per ovvia carenza di liquidità, non pagano o pagano in ritardo alcune imposte o tributi. E così molte piccole e medie imprese vengono “strozzate” dal sistema e rimangono in piedi solo le grandi, quelle che riescono ad ammortizzare i ritardi nei pagamenti, e quelle meglio “strutturate”, ovvero quelle che sanno come guadagnare con la pubblica amministrazione sfruttando proprio le sue pecche e cioè la pesante “burocrazia” ed i lunghi infiniti “contenziosi”.

Il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri con il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, nella Prefettura di Milano, in occasione della firma del protocollo di legalità per gli appalti dell'Expo 2015.
Il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri con il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, nella Prefettura di Milano, in occasione della firma del protocollo di legalità per gli appalti dell'Expo 2015.

Un’impresa di costruzioni che lavora con gli appalti pubblici dovrebbe guadagnare realizzando le opere, invece purtroppo non sempre è così. Quando ero Commissario del Sarno seguivo numerosi lavori, alcuni dei quali anche molto complessi dal punto di vista tecnico; ricordo che i miei ingegneri al tempo erano più preoccupati dei problemi amministrativi che di quelli tecnici perché, dicevano, questi ultimi erano generalmente superabili mentre “se partono i contenziosi … è finita! L’opera non si fa più”. E mi duole riconoscere che spesso avevano ragione. La nostra normativa nel tempo si è via via complicata a tal punto che le imprese di costruzioni, che una volta annoveravano nel proprio organico molti tecnici e qualche avvocato consulente, oggi hanno strutture per lo più costituite da avvocati e più che studiare progetti analizzano carte e contratti e ce n’è più di una che si è “strutturata” per guadagnare con le cause più che con i lavori.

(Eidon)
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Per carità non voglio essere frainteso, gli operatori economici hanno il diritto di ricorrere al Giudice per vedere riconosciute le loro ragioni, ma oltre a garantire giustamente le imprese il nostro legislatore dovrebbe trovare il modo di garantire anche il contribuente che con le proprie tasse ha già pagato un’opera che sarà realizzata in ritardo o, peggio, non sarà realizzata perché i fondi si sono intanto dileguati nei meandri dei contenziosi. Un simile farraginoso sistema scoraggia peraltro le imprese straniere che poco o nulla partecipano alle gare d’appalto nel nostro Paese, e questo non fa certo bene alla concorrenza.

E’ necessario “snellire” il pesante apparato normativo che, peraltro, non mi sembra si sia dimostrato così efficace nel contrasto alla corruzione e prevedere meccanismi che limitino al massimo o scoraggino l’insorgere dei contenziosi. Un’efficace modalità sarebbe quella di far si che con i “contenziosi” non ci si guadagni. Tra lucrosi arbitrati, commissioni per la risoluzione bonaria dei litigi insorti in corso d’opera, compensi ai collaudatori per la valutazione delle richieste economiche dell’impresa (le cosiddette riserve), si direbbe che tutti, chi più chi meno, ci guadagnino nelle litigate; tutti tranne lo Stato, ovvero i contribuenti.

I motivi di litigio sono molti ma la mia esperienza di Commissario mi ha insegnato che è fondamentale nell’affidamento delle opere l’esistenza di un valido progetto; tanti e tanti problemi ( e quindi tanti contenziosi) si possono evitare in corso d’opera grazie a un buon progetto redatto sulla base di accurate indagini e rilievi sul territorio, e invece molto spesso proprio su questi fondamentali aspetti si tende a risparmiare. Le conseguenze si avvertono dopo, in corso d’opera, quando le imprese, che pur di acquisire i lavori spesso fanno ribassi esagerati, cominciano a fare causa lamentando carenze progettuali, malgrado in tutte le gare sia previsto che costoro prendano piena visione del progetto e lo condividano.

Per limitare, se non evitare, tale spiacevole fenomeno ritengo opportuno che tra le varie norme “semplificative” che il Governo sta varando ne sia inserita una che preveda che il progetto sia verificato concretamente (in gergo tecnico si direbbe “validato”) dalla ditta vincitrice prima di procedere alla aggiudicazione definitiva dell’appalto ed alla stipula del contratto. Tale attività di verifica dovrebbe essere correttamente remunerata all’impresa la quale dovrebbe attivamente collaborare con la stazione appaltante e, se ritenuto, proporre qualche variazione progettuale.

Una volta condiviso il progetto nessun contenzioso deve poter essere ritenuto ammissibile per problematiche inerenti presunti “errori progettuali”. Così facendo avremmo un allungamento dei tempi di progettazione e di gara ma pochi ritardi in corso d’opera, un minor numero di contenziosi e un notevole contenimento complessivo dei costi. Questi pochi interventi non saranno la panacea di tutti i mali di cui sono gravati gli appalti pubblici ma, senza grandi sconvolgimenti normativi, potrebbero contribuire a un rilancio del lavoro delle imprese, quelle oneste soprattutto.

Roberto Jucci
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