Scuola media, il nostro anello debole

La Fondazione Agnelli fotografa le "medie" inferiori in Italia: qualità scolastica peggiorata e insegnanti demotivati. La ricetta: tempo pieno e docenti reclutati con chiamata diretta.

30/11/2011

C’era una volta la scuola media dove si studiava la grammatica e il latino, dove i professori di storia davano filo da torcere a quelli universitari, dove tutto si faceva meno che restare indietro rispetto al percorso di formazione che dovrebbe andare sempre di pari passo con l’età degli alunni. Non è nostra intenzione fare i nostalgici, quella scuola aveva i suoi difetti e oggi non sarebbe riproponibile tale e quale. Non è nemmeno il caso però di stoppare la memoria dimenticando che la famosa riforma della scuola media ha fatto la fine di quello che è stato il famigerato voto politico all’ Università. Ha abbassato cioè la qualità scolastica senza portare nessun giovamento ai ceti sociali più fragili che anzi oggi si vedono ricacciare sempre più in basso, con scarse o nulle possibilità di prendere in corsa l’ ascensore sociale.

Non ci voleva il rapporto della Fondazione Agnelli per dimostrarlo. Secondo i dati della ricerca, curata dal direttore della Fondazione Andrea Gavosto, la scuola media di primo grado si presenta come l’anello debole del nostro intero sistema scolastico. Le comparazioni internazionali dimostrano che gli studenti italiani, alla fine dei tre anni delle medie, sono quelli che registrano la più profonda flessione dei risultati di apprendimento rispetto alla preparazione raggiunta alla fine della scuola elementare. Gli insegnanti della scuola media risultano essere i più anziani, hanno in media 52 anni, ma soprattutto sono i meno soddisfatti in assoluto della loro condizione, come se lavorassero in una specie di limbo. Inoltre sono coinvolti nel più vorticoso giro di cattedre di tutta la scuola italiana: 35 docenti di scuola media su 100 non insegnano l’anno dopo nello stesso istituto, alla faccia della continuità didattica dei loro allievi.

A questo punto, come anticipavamo nella premessa, le differenze sociali e culturali dei ragazzi, tenute a bada alle elementari, esplodono e si radicalizzano. Secondo la ricerca, per esempio, la probabilità di rimanere indietro per un ragazzo nato all’estero è venti volte superiore a quella di un italiano. La scala sociale e culturale incide in proporzione e pregiudica pesantemente la scelta o la non scelta della scuola superiore. Non dimentichiamo che ogni anno quasi 120.000 ragazzi nel nostro Paese sono senza istruzione né formazione, come dire che non frequentano né una scuola superiore né un corso professionale. La Fondazione Agnelli non si limita a fotografare la situazione ma propone anche la ricetta: tempo pieno alle medie e reclutamento mirato della nuova classe docente, con chiamata diretta e concorsi, approfittando dell’alto numero di pensionamenti previsti entro questo anno scolastico.

A insegnare alle medie, in altre parole, dovrebbero andare gli insegnanti migliori e i più motivati. Insegnanti preparati a misurarsi con allievi adolescenti, che non considerino il loro ruolo come un insegnamento di serie B o peggio. Bisognerà vedere cosa pensano i sindacati di questa ricetta meritocratica, che contrasta con quasi tutto quello che si è fatto negli ultimi anni. L’orientamento attuale della scuola non è incoraggiante. La politica degli istituti comprensivi, infatti, non ha fatto che avvicinare la scuola media a quella elementare, accentuando la continuità anziché il distacco e questa scelta, visti i risultati, si è rivelata perdente. Oggi i nostri adolescenti sono costretti a crescere precoci in tutto, anche e soprattutto negli aspetti più negativi.

Le discoteche, il sabato sera, sono piene di dodici e tredicenni, in preda a tutti i pericoli dello sballo. Possibile che solo la scuola non si renda conto di questo e continui a trattarli come bambini? La discoteca sì, Dante, Foscolo e Pascoli, quando va bene, solo a piccole dosi, per non annoiarli, ammesso e non concesso che la Divina Commedia e i Sepolcri debbano essere per forza noiosi e che ci sia bisogno di un Benigni per dimostrare il contrario. È chiaro che ci sono le debite eccezioni, il panorama scolastico italiano è variegato, anche per quanto riguarda la scuola media. Ma i risultati, nonostante l’inglese e l’informatica, sono quelli che sono. Non lo diciamo noi. Oggi va di moda, lo dicono i tecnici.

Simonetta Pagnotti
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Postato da martinporres il 29/12/2011 06:51

Segnalo alla cortese attenzione della Professoressa Mariafra questo articolo : I prof delle medie, furbi o eroi? É la scuola peggiore, ma aumentano promossi e voti finali27/12/2011 ItaliaOggi Il ministero pubblica i dati sui risultati 2010/2011. La Fondazione Agnelli: è equità al ribasso di Giovanni Bardi Scuola media, il grande dilemma. Il ministero dell'istruzione pubblica i risultati degli scrutini finali e degli esami di Stato del 2010/2011: tutti promossi e voti più alti. «Tutti promossi» scrivevano poche settimane fa gli autori della ricerca sulle medie della Fondazione Agnelli, sottolineando però una sorta di «sanatoria» delle incompetenze degli alunni che poi si sarebbe riversate alle superiori. Oggi il ministero conferma il dato, anche se non l'analisi. Ma la scuola media non era l'anello più debole della catena, visti i risultati di apprendimento in italiano e matematica rispetto alle elementari rilevati dalle ricerche internazionali? Delle due l'una, o, come si legge nel Rapporto sulla scuola della Fondazione Agnelli, alle medie la selezione viene ipocritamente rimandata alle superiori, o quello che sembra disimpegno e opportunismo valutativo potrebbe riflettere qualcos'altro, ovvero una specie di resistenza civile ai velleitarismi autoritari di una meritocrazia dei poveri. Appare infatti lecito chiedersi, a fronte dei tagli a pianta organica e risorse, se i docenti e i dirigenti non si siano trovati da soli e senza strumenti di fronte alla scelta se salvare lo studente o la selezione meritocratica. A farne le spese, alla fine, soprattutto l'orientamento, cioè l'altra mission della scuola media, oltre a quella del successo formativo. Il fatto è che a fronte dei bassi tassi di apprendimento delle scuole medie, testimoniati dai test di apprendimento del sistema nazionale di valutazione, quello del successo agli esami di Stato è altissimo: «Tutti promossi» e in tutte le parti del Paese. Come si spiega? Non solo passano tutti, ma salgono pure i voti: rispetto all'anno scolastico 2009/10, nel 2010/11 scendono i «sei» e aumentano gli studenti con valutazioni dal sette al 10 e lode. Nel 2010/11 la percentuale degli ammessi (in seconda e terza) è stata del 95,3% e quella dei non ammessi del 4,7%, mentre nel 2009/2010 erano rispettivamente 95% e 5%. Gli ammessi all'esame di Stato sono stati il 95,4% degli studenti nel 2009/10 e il 95,9% nel 10/11. I licenziati sono stati 99.5% nel 2009/10 e 99,6% nel 10/11. Praticamente tutti promossi, effetto di un ammorbidimento degli standard di valutazione? «Effetto della tacita affermazione di un principio di equità al ribasso e della ratifica a posteriori del fallimento scolastico degli alunni», ragionava la Fondazione Agnelli. Tradotto significa che così si è rimandata opportunisticamente la sanzione, cioè la bocciatura, alle superiori, con buona pace dell'obbligo scolastico. Ma è singolare come questo sia accaduto in contemporanea con la vulgata meritocratica in atto, secondo cui la scuola che boccia di più, è quella più credibile. Invece, «tutti promossi», quando bocciare, con le norme introdotte dal 2008, sarebbe anche più facile: «Sono diversi i profili normativi, si legge nel rapporto sugli scrutini ed esami 2010/11 del miur, introdotti negli ultimi anni, che rendono la valutazione finale meritevole di attenzione e di adeguata riflessione». Alla fine siamo il Paese sì più appiattito, con il tasso di ricambio delle scelte degli studi secondari, tra una generazione e l'altra, più basso fra le economie avanzate. Ma forse anche quello con la classe docente tra le più convinte che non si possano fare le nozze coi fichi secchi, se non lasciando tutto il conto in capo all'utente. È così che è andata? Oppure è stato solo opportunismo valutativo? Lecito chiederselo, a meno di non dubitare se a scuola, alle medie, siano tutti usciti di senno o stiano barando. Ma i dati di fonte Invalsi sul «recupero tra prima e terza media» confermerebbero il contrario. Ai posteri l'ardua sentenza. Questo articolo non è più in "prima pagina", ma se la redazione di F.C. intende riaprire il dibattito sulla scuola media, in modo da poter conoscere il pensiero della Professoressa Mariafra.

Postato da Franco Salis il 01/12/2011 20:40

Non intendo affatto “ stoppare la memoria dimenticando che la famosa riforma della scuola media ha fatto la fine di quello che è stato il famigerato voto politico all’ Università”, MA AL CONTRARIO RENDERE GIUSTIZIA. Il “6” politico dell’università e scuole superiori non ci “azzecca” niente con la scuola media unica o unificata che dir si voglia. Troppo frettolosa questa inchiesta. “Ha abbassato cioè la qualità scolastica senza portare nessun giovamento ai ceti sociali più fragili che anzi oggi si vedono ricacciare sempre più in basso, con scarse o nulle possibilità di prendere in corsa l’ ascensore sociale”. Questo può essere vero nuovamente oggi, ma la colpa non è della scuola media che ha FATTO L’ESATTO CONTRARIO. Ci si rende conto di quello che significa creare le condizioni di far sedere il figlio del sottoproletario accanto al figlio del professionista? Allora partiamo dalla riforma della scuola media unica. Prima vi era la scuola media nelle città e grossi centri in cui si insegnavano anche rudimenta sermonis latini e i brani dei principali autori italiani e stranieri (per lo più francesi).Anche a quei tempi nella storia si arrivava al massimo alla I guerra mondiale e non oltre, per esigenze politiche, per non affrontare temi troppi vicini al vissuto. Nei centri minori e nelle periferie delle città vi erano le scuole di avviamento professionale maschili, lavorazione del ferro e del legno, e femminili per lo più cucito e governo della casa. Professore di falegnameria era non un docente laureato, ma un falegname e quello di ferro un fabbro, lavori femminili una sarta. Ora non so se questi ultimi partecipassero e votassero nei consigli di classe. Falegnami e fabbri vennero sostituiti con insegnanti diplomati di applicazioni tecniche, poi cambiato in educazione tecnica. I professori venivano reclutati secondo una graduatoria costruita sulla base di esami di abilitazione (eccezione dei maestri il cui diploma era abilitante)e concorsi per cattedre, ma una alta percentuale di cattedre esistenti non veniva messa a concorso, per assicurarsi che una eventuale flessione delle classi non si avessero professori in esubero. Una cosa che forse molti hanno dimenticato: quanti ricordano che esistevano i concorsi speciali per scuole delle grandi città? Pochi vero? Ora dalla organizzazione della scuola e dal reclutamento degli insegnanti, si può affermare che la scuola tendeva non a promuovere(promuovere= far crescere qualcosa che già esiste) i cittadini ma a conservarne il carattere classista. La gente “per bene” mosse subito L’obiezione alla scuola media unica con l’abolizione di falegnami, fabbri e sarte e del latino che il livello della scuola media era stato portato a livello di scuola di avviamento professionale. La stessa obiezione che muove oggi la Fondazione Agnelli. Il sottoscritto negava questo giudizio, perché infondato. Infatti il metro della levatura scolastica di un popolo si misura con il livello medio di tutti i cittadini. E’ vero che se prima la media di uno studente delle medie era 80/100 con la riforma quella media si era di fatto abbassata a 60/100,ma è anche vero che se moltiplichi 80 per il numero degli studenti che lo detenevano, avrai un prodotto inferiore a quello che ottieni moltiplicando 60 per il numero degli studenti che lo ha conseguito. Chiaro adesso che il giudizio “Ha abbassato cioè la qualità scolastica senza portare nessun giovamento ai ceti sociali più fragili che anzi oggi si vedono ricacciare sempre più in basso, con scarse o nulle possibilità di prendere in corsa l’ ascensore sociale” è del tutto FALSA. Ma vi erano buono cristiani praticanti che dicevano: ma a che me ne frega del prodotto, io voglio che mio figlio consegua anche 100/100 non solo dell’80/100.Bellissimo esempio di solidarietà cristiana perspicace esempio di costruire il bene comune. Forse i malanni di oggi vanno ricercati in quella cultura allora dominante. Data la diffusione della scuola media furono assunti non solo i docenti vincitori di concorso a cattedre, ma persino studenti universitari. Il criteri di questi ultimi era a discrezione (o ad arbitrio) dei presidi . In una struttura spaventosamente verticistica, qualunque cosa accadesse a scuola, anche grave, la verità stava nel ministero a danno dei provveditorati, del preside a danno dell’insegnante e nell’insegnante a danno dello studente. Anche in caso di delitti, la studentessa (cittadina italiana) che aveva denunciato la molestia è stata punita ma non l’insegnante, per il buon nome della scuola. Pari, pari, cronaca recentissima, a quanto accaduto a quella ragazza che, denunciato lo stupro, viene inviata al CIE perché clandestina: meno male che problema è stato risolto. Con qualche ritocco si andò avanti così sino alla diminuzione delle classi per effetto del calo delle nascite. Le lotte sindacali per aumentare il numero delle ore per tenere occupati tutti gli insegnanti . Ciò ha determinato alcune incongruenze, perché pagare un insegnante di laboratorio se il laboratorio non c’è, perché pagare l’insegnante di educazione fisica se la palestra non c’è. Veniamo dunque alla ricetta della “Fondazione Agnelli”: “tempo pieno alle medie e reclutamento mirato della nuova classe docente, con chiamata diretta e concorsi, approfittando dell’alto numero di pensionamenti previsti entro questo anno scolastico”. Prima obiezione è da vedere se l’unico Monti che ci è rimasto (ne abbiamo perduto due)consentirà l’uscita dei professori, sebbene ormai esausti. La Fondazione dimostra di non conoscere la problematica del tempo: Il tempo “pieno” (dicitura errata) l’ha sbaragliato la Gelmini. Se la Fondazione Agnelli non aggiorna il suo linguaggio, dà messaggi proprio di ritorno al passato. Tale proposta, comunque chiamata, richiede molti finanziamenti. Da dove prendiamo i soldi, da un aumento del debito pubblico? Da un aumento delle tasse? Da una patrimoniale? Rinviando a dopo rilancio dell’economia=produttività e non finanza “creativa”? Se la Fondazione non ha risposto a queste domande, fa come colui che lancia il sasso e nasconde la mano. E veniamo al reclutamento, che la Fondazione propone “con chiamata diretta e concorsi ” . Ma sa la Fondazione che si tratta delle scuole della Repubblica Italiana e non per esempio del Regno Unito? Sa la Fondazione chi andrebbe ad insegnare nelle scuole siciliane e calabresi e non solo? Ecco perché è stata istituita la graduatoria rigida per titoli. Che è una cosa assurda, ma indispensabile perché risponde al principio del minor male. Qui in Italia non esiste la mentalità di accaparrarsi le migliore risorse, ma i migliori amici. Ancora si ragione: ”ah in comune ho un amico. Mio suggerimento: attingere da una graduatoria che sia garante di una preparazione minima, ma sufficiente. Poi, sulla base delle esigenze didattiche formulate dalla scuola in collaborazione con le associazione di imprenditoria, l’insegnante curerà l’ulteriore preparazione specifica per quella scuola eventualmente con stipendi differenziati a seconda della problematicità. In questa maniera quella scuola della periferia di Napoli avrebbe avuto i suoi insegnanti.Ciao

Postato da mariafra il 01/12/2011 18:25

Sono docente cinquantaseienne, di scuola media. Amo insegnare, amo i miei alunni, amo la scuola pubblica che accoglie tutti, anche quei casi sociali che le nostre belle scuole cattoliche rifiutano...L'esperienza della scuola media, nata e pensata come scuola dell'adolescenza, con programmi anche innovativi, è stata un'esperienza che ha fatto riportare negli anni risultati e successi, specie nelle sperimentazioni che con l'autonomia ogni scuola ha attuato... Il problema sig.Dino non è la libertà educativa ( nella scuola pubblica non si "incutono" valori contrari alle famiglia... come qualcuno diceva..) il problema è ridar risorse alla scuola. L'analisi della fondazione Agnelli è assolutamente condivisibile, vivendo poi l'esperienza di una quotidiana battaglia nelle nostre scuole, direi anche che è leggera...ma tutto ciò era assolutamente prevedibile e il mondo della scuola da tempo l'aveva previsto e denunciato...Abbiam vissuto anni di cosiddette "riforme" che non solo hanno avuto l'obiettivo di risparmiare sulla scuola, cioè sulla cosa più importante, ma direi e oserei dire che hanno avuto come obiettivo distruggere la scuola pubblica per far campo anche in questo settore come nella sanità al lucro..Oltre ai tagli assurdi abbiam visuto anche un alternarsi di decreti farraginosi e contraddittori, rivelanti una assoluta ignoranza di cosa vuol dire educare e insegnare.Sig, Davanzo la invito a entrare nelle nostre scuole, a condividere ogni giorno le nostre battaglie ,battaglie per tutti e specialmente per i più deboli le cui famiglie forse non si pongono neanche il problema della qualità della scuola, e forse vedrà che il problema è ben altro. Intanto una speranza: vedere come sottosegretario un maestro come Rossi Doria che questi problemi ben li conosce

Postato da dino avanzi il 01/12/2011 07:11

Bisogna superare il monopolio dello stato sulla scuola pubblica. Libera scelta educativa delle famiglie, ha ragione Comunione e Liberazione.!!!!!!!

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