25 feb
La Segreteria di Stato della Santa Sede ha pubblicato un comunicato che deplora il tentativo di condizionare i cardinali in vista del Conclave con la diffusione «di notizie spesso non verificate o non verificabili o addirittura false e, anche con grave danno di persone e istituzioni». Ogni buon reporter, che in fondo è uno storico del presente, sa che ogni documento, senza l’opportuna contestualizzazione, si presta a strumentalizzazioni o pressapochismi. E questo nell’ambito della caso Vatileaks avviene con una certa frequenza. Sempre più spesso le «gole profonde» affidano i segreti non a vaticanisti esperti ma a cronistacci incalliti col pelo sullo stomaco che però digeriscono poco la materia. E infatti i vaticanisti sono rimasti spiazzati. Anche i più aggressivi. Si è verificata una sorta di osmosi informativa.
Oltretutto, visto che ormai era stato decretato il «liberi tutti», sulle scrivanie dei giornali sono atterrati stormi di presunti «corvi» anonimi. Se la fonte è anonima si può fare quel che si vuole, non si capisce più niente, non si comprende se certe notizie sono vere o di pura fantasia, tanto la talpa non può essere identificata. Hai voglia a smentire. «Parla il monsignore anonimo». «E il cardinale disse: vi spiego gli intrighi del Vaticano». Nessun cognome e nome. Niente di niente. Chi ci dice che non è un personaggio di pura fantasia? E siccome nel giornalismo, come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato ma si indovina... Questo ci fa capire come quello di padre Lombardi, il gesuita direttore di Radio Vaticana e portavoce della Santa Sede, sia il mestiere più difficile e complicato del mondo.
Pubblicato il 25 febbraio 2013 - Commenti (0)
18 feb
Le dimissioni di Benedetto XVI hanno fatto irruzione nella campagna elettorale italiana ottenendo almeno due risultati positivi: togliere un po’ di spazio nei notiziari ai politici onnipresenti e indurre qualcuno a riflettere sul vecchio adagio secondo cui a questo mondo nessuno è indispensabile.
Circa questo secondo punto, tuttavia, non è sicuro che i nostri politici abbiano appreso la lezione. Quanto poi al silenzio, che il Papa sta osservando in questa settimana di esercizi spirituali, e al nascondimento, che Benedetto XVI ha scelto per gli ultimi anni della sua vita, inutile dire che il mondo della politica è completamente sordo a tali richiami.
Abbiamo così il confronto quanto mai diretto fra l’universo dei contenuti e delle parole con un preciso significato, rappresentato dal Papa e dalla sua determinazione, e quello della superficialità e delle parole al vento, rappresentato da una politica che non sui vergogna di nulla.
C’è da meditare, e non solo per i cattolici. I quali, in ogni caso, farebbero bene a unirsi in preghiera con il Papa, come ha chiesto il cardinale Ravasi con un tweet.
Mai quaresima giunse più opportuna.
Pubblicato il 18 febbraio 2013 - Commenti (1)
13 feb
In queste ore si parla tanto delle beghe curiali che avrebbero contribuito alle dimissioni di Benedetto XVI. Ma nessuno che si sia chiesto del come e del perché di queste beghe curiali. Forse un po’ più di trasparenza e di dibattito non avrebbero fatto male. A proposito della fuga di carte riservate dalla sacre stanze e planate sui tavoli delle redazioni, il segretario di Stato Tarcisio Bertone ha accusato i giornalisti di voler giocare a fare i Dan Brown, e ha assicurato che la curia è unita attorno al papa. Giusto. Ma una parola nel merito della questione, sui contenuti delle carte, non andrebbe spesa? Carte che non sono state prodotte da giornalisti in cerca di emozioni forti, ma che nascono spesso nell’ambito della curia, e sono lì, nero su bianco,e dicono di problemi esistenti anche nella Curia. È vero che tutto questo non dovrebbe scandalizzare, perché anche la curia è fatta di uomini (e abbiamo spesso ricordato le parole del cardinale Consalvi, per il quale «se non ci sono riusciti i preti a distruggere la Chiesa non ci riuscirà nessuno»). Ma un clima più «disteso», «fraterno» ed ecumenico non guasterebbe.
Pubblicato il 13 febbraio 2013 - Commenti (5)
11 feb
«Dio ti vede, Stalin no», si leggeva sui manifesti della campagna elettorale del 1948. Ma oggi cattolici quando votano tengono conto della dottrina sociale della Chiesa? Per il sondaggista Nando Pagnoncelli «è un’illusione che i cattolici votino secondo la consonanza con i propri valori. Tutte le ricerche degli ultimi vent’anni evidenziano una sorta di affrancamento dai pronunciamenti della Chiesa sulla politica e l’agire. Indietro non si torna. Gli elettori mostrano anche una certa insofferenza rispetto a eventuali indicazioni che dovessero giungere dalle gerarchie ecclesiastiche.
Sempre più raramente la Chiesa è in grado di conformare i comportamenti dei cattolici, anche di coloro che vanno a messa. Non a caso si è parlato di una sorta di religione fai-da-te, dove il credente tende ad accettare o rifiutare l’insegnamento o le indicazioni della Chiesa in relazione alla maggiore o minore sintonia con il proprio stile di vita. È chiaro che anche le scelte elettorali rientrano in questo atteggiamento». Insomma, si prega, si vive, si vota, in dis-ordine sparso, come abbiamo già scritto. E i politica si crede un po' a tutti. Eppure i valori del Vangelo servirebbero. Non solo per orientare il voto ma anche per distinguere il grano dal loglio. E a non abboccare alle tante false promesse (quattro milioni di posti lavoro, il 75 per cento delle tasse da trattenere suil territorio, la cancellazione dell'Imu etc.) che stanno inquinando la campagna elettorale.
Pubblicato il 11 febbraio 2013 - Commenti (2)
07 feb
Il voto di febbraio si avvicina a grandi passi, la confusione regna sotto l’italico cielo e chi vuole capirci qualcosa interroga quei moderni vaticinatori che sono i sondaggisti.
Lo ha fatto anche Famiglia Cristiana con l’Istituto Demopolis, che ha scandagliato diversi bacini di voto.
Il primo è quello degli italiani in generale. Dal campione sondato risulta che il Centrosinistra di Pier Luigi Bersani guida le preferenze con il 34,5 per cento di voti, seguito dal Centrodestra di Berlusconi, che raggiunge il 27 per cento. La lista Monti si attesta sul 15 per cento mentre il Movimento 5 Stelle di Grillo è al 16 per cento. Il gruppo Rivoluzione Civile di Ingroia attualmente raggruppa il 4,5 per cento dei consensi.
Il secondo campione sondato è quello dei cattolici praticanti, e qui gli orientamenti di voto si discostano soprattutto a proposito del nuovo partito del premier uscente Mario Monti. Se per gli italiani la sua Scelta Civica raggiunge, come detto, il 15 per cento, tra i cattolici praticanti ottiene la media del 25 per cento, dieci punti percentuali in più. Il Centrosinistra scende al 31 per cento, mentre il Centrodestra sale di mezzo punto e si stabilizza sul 27,5 per cento. Calano anche il Movimento di Grillo (10,5 per cento) e la nuova formazione del magistrato Antonio Ingroia (tre per cento). Tra gli elettori che si dichiarano credenti praticanti sono ancora tanti gli incerti: il 16 per cento. Mentre il 21 per cento dichiara che potrebbe tendenzialmente anche cambiare idea.
Intanto, chi volesse capire un po’ meglio che cosa dice la Chiesa in proposito (no, non su questi partiti, ma su cattolici e politica), fra un sondaggio e l’altro potrebbe andare a rileggersi la Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (il testo si trova facilmente nel sito www.vatican.va). Porta la data del 24 novembre 2002 e si conclude così: “Gli orientamenti contenuti nella presenta Nota intendono illuminare uno dei più importanti aspetti dell’unità di vita del cristiano: la coerenza tra fede e vita, tra Vangelo e cultura”. Le firme sono quelle dell’allora prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, cardinale Joseph Ratzinger, e dell’allora suo segretario, Tarcisio Bertone.
Pubblicato il 07 febbraio 2013 - Commenti (1)
06 feb
In Italia non c’è nessuno scisma. Nessun cattolico senza papa. I numeri parlano da soli: l’88 per cento degli italiani si dice cattolico. L’80 per cento è favorevole a mantenere il crocifisso nelle aule scolastiche e negli uffici pubblici. L’8 per mille va alla Chiesa mediamente in misura dell’85 per cento. Su queste basi, si potrebbe immaginare che una maggioranza schiacciante degli italiani sia pronta a uniformarsi alle sollecitazioni del Vaticano, per esempio in materia di fedeltà coniugale e di impiego dei contraccettivi. Ma su questo i numeri non ci giungono in soccorso. In Italia ci si sposa sempre meno, e sempre meno con rito religioso. Il numero dei divorzi è quadruplicato in 25 anni, sono cresciute le coppie di fatto e i figli nati fuori dal matrimonio. Siamo forse atei praticanti? Neanche questo è vero. Un sondaggio della fondazione tedesca Bertelsmann su 21 mila cittadini europei ha assegnato agli italiani la palma della religiosità. L’85 per cento degli intervistati dichiara di credere in Dio, il 67 è convinto che ci sia una vita oltre la morte, il 55 addirittura va a messa almeno una domenica al mese e il 47 prega una volta al giorno. In Occidente «un senso del sacro così diffuso e radicato si riscontra soltanto in Polonia, Spagna e Stati Uniti». Dunque possiamo concludere che l’indifferenza sulle direttive della Chiesa coesiste con la «persistenza di un forte sentimento del sacro». Ma è dentro questo sentimento che dobbiamo guardare. Perché c’è di tutto. Secondo Sergio Luzzatto appare diffusa una forma di credenza senza appartenenza», un sentimento che porta a sentirsi persino «più autenticamente cristiani quando si disobbedisce al Vaticano che quando gli si obbedisce». Luzzato probabilmente ha ragione. Sono tanti coloro che credono in Dio «nonostante il Vaticano». Se è così, la Santa Sede ha qualche problema di comunicazione.
Pubblicato il 06 febbraio 2013 - Commenti (2)
04 feb
C’è di tutto, tra gli atei devoti, specialità tutta italiana. Ateo devoto. Che significa? Vuol dire non essere credente ma riconoscere l’autorità della Chiesa e delle gerarchie ecclesiastiche, verso i quali sono molto zelanti.
E’ in questo ambito che è maturato il vezzo del “critico teologico”, ovvero di colui assegna le stellette alle prediche delle messe domenicali, una sorta di Guida Michelin dell’omiletica, come se la messa fosse un ristorante, confondendo le omelie con le omelette e ispirandosi evidentemente ad Anton Egò, il critico gastronomico di Ratatouille, in cerca di emozioni forti per sfuggire allo spleen spirituale.
E prima o poi il nostro gourmet teologico troverà un topo in grado di deliziarlo con un fritto mistico. Il contrario dell’ateo devoto, dal lato opposto, è il credente anticlericale. Sempre pronto a dare addosso alla Chiesa, a gridare allo scandalo, ad andare in solluchero per ogni critica o insinuazione laicista. Ad applaudire a scena aperta per ogni accusa a preti, suore o frati. Il credente anticlericale veste spesso Valentino o Armani, ma pretende una Chiesa povera, stracciona, possibilmente lacera.
Senza chiedersi che ne sarebbe della Chiesa senza le sue istituzioni vaticane, senza la linfa finanziaria che sostiene in tutto il mondo le sue «opere di religione». Simpatizza per i Radicali, che peraltro condividono grandi battaglie cristiane (come l’abolizione della pena di morte, l’attenzione per i detenuti, la lotta alla fame nel mondo) ma anche su battaglie per nulla cristiane come aborto ed eutanasia si eccitano freneticamente.
E anche qui ne abbiamo in abbondanza.
Pubblicato il 04 febbraio 2013 - Commenti (4)
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