17/03/2012
Roma, Palazzo del Quirinale, 17 marzo 2012. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, chiude le celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia
Nel salone dei corazzieri, al Quirinale, i bambini sono schierati
a festa. Sulle magliette le bandierine tricolore.
Tra essi gli alunni
dell’ istituto comprensivo Manin, scuola per sordomuti di Roma,
cantano e mimano l’inno nazionale. Comincia così la cerimonia di
chiusura del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, le massime
cariche dello Stato, giornalisti, politici, in prima fila
Roberto Benigni, Aldo Cazzullo, Dacia Maraini, alcuni sindaci, da
Piero Fassino a Gianni Alemanno, a Matteo Renzi, a Graziano Delrio
ascoltano in piedi il piccolo coro.
Giuliano Amato, presidente del Comitato dei garanti per le
celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, prende
la parola. Loda la «vasta partecipazione che ha caratterizzato
queste celebrazioni», ricorda i tanti eventi, l’impegno nelle
scuole. Sono tanti gli eventi da ricordare, a partire dal 5
maggio 2010, quando il presidente della Repubblica si recò a Quarto,
lì dove Garibaldi si era imbarcato con i Mille, il 5 maggio del
1860, per “fare l’Italia”. E poi Marsala, Roma, Reggio Emilia,
Torino, Milano, Rimini, Forlì, Aquileia… Decine e decine di tappe,
cerimonie, commemorazioni.
Un ruolo importante è stato svolto dalle scuole e il presidente
della Repubblica premia l’impegno degli istituti consegnando le
medaglie ai bambini e agli universitari.
«In ogni dove è stata inventata una festa parlata con i mille
accenti diversi», dice Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia e
presidente dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani,
ricordando che quanto le città del Nord e del Sud abbiano
partecipato attivamente all’anniversario. Ringrazia la
tenacia e l’entusiasmo con i quali il presidente della Repubblica
ha fortemente voluto e supportato le celebrazioni.
«La solidarietà tra le persone, tra le comunità sarà ciò che
ci renderà capaci di scrivere un futuro degno di questa patria»,
conclude Delrio citando anche i tanti immigrati che «hanno
festeggiato con noi» e che si sentono parte del nostro Paese.
Roberto Benigni al Quirinale, per la chiusura ufficiale delle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Foto: presidenza della Repubblica.
Un posto d’onore tra i relatori Roberto Benigni, che si diverte e fa divertire «Se lei mi chiama, Presidente, io sono a disposizione, per sostituire un corazziere, un settennato tecnico, mi chiami…», esordisce frizzante e poi legge e recita. Dalla proclamazione del Regno d’Italia, Gazzetta ufficiale numero 3 alla pubblicità per far rinascere i capelli «i problemi sono sempre gli stessi», commenta Benigni. E poi cita le parole di Cavour «la via parlamentare è la più lunga, ma la più sicura», di Mazzini «la patria non è un territorio, è l’idea che sorge su quello, il senso di comunione che stringe in uno tutti i figli di quel territorio. Voto, lavoro educazione sono le colonne portanti di questa patria», di Garibaldi «supponiamo che l’Europa formasse un solo stato, chi mai penserebbe di disturbarla a casa sua? E in tale supposizione non più eserciti…».
Giorgio Napolitano, infine, prende la parola – 13 cartelle il discorso completo - per tracciare il bilancio conclusivo delle celebrazioni che sono state «un fatto rilevante nella nostra vita nazionale, denso di potenzialità». Un bilancio fatto di numeri, a partire dalle 4.500 lettere giunte al Quirinale sul tema dell’unità, di analisi dei valori che ancora reggono la nazione, di «fiducia nell’avvenire dell’Italia». Il presidente parla di «risveglio della coscienza nazionale», «di lievito di nuova consapevolezza e responsabilità condivisa», «di interesse generale da far prevalere sull’interesse personale». Non nasconde i problemi e «il delicato e inedito passaggio politico che si è realizzato», il «senso di responsabilità delle forze di governo e di opposizione nel rendere possibile il nascere di un governo estraneo ai due schieramenti», ma necessario per la situazione del nostro Paese. «Tutto sarebbe stato più difficile senza il senso dell’interesse generale».
E anche per questo ritrovato senso di responsabilità, di coesione e di unità, il bilancio delle celebrazioni non può che essere positivo. Un bilancio che non si conclude. Anzi. Il prossimo appuntamento, ha ricordato Napolitano, è a Caprera, a luglio, per commemorare Garibaldi.
Annachiara Valle