I bambini sono sempre gli ultimi

06/10/2021

Daniele Novara, I bambini sono sempre gli ultimi. Come le istituzioni si stanno dimenticando del nostro futuro, BUR, Milano 2020, p.208, € 16,00

 

Nelle emergenze, “Prima le donne e i bambini” significa salvaguardare chi, nella comunità, rappresenta il futuro: le donne che portano la vita e i bambini che incarnano il domani. Scuote, dunque, “I bambini sono sempre gli ultimi”, titolo di questo testo di Daniele Novara, pedagogista fondatore del CPP e voce di riferimento nel settore educativo. “Un libro che ho scritto con molta emozione”, confessa l’autore nella premessa.

Emozione e anche urgenza, immaginiamo, dopo aver assistito alla catena di situazioni quasi paradossali scatenate dalla pandemia: bambini considerati primi diffusori del virus, confinati in casa dai decreti d’urgenza senza neppure l’autorizzazione a una passeggiata all’aperto (ce l’avevano invece i cani per i loro bisogni fisiologici), scuole chiuse ben oltre qualsiasi termine giustificabile. L’emergenza pandemia – emergenza in cui, appunto, i bambini avrebbero dovuto essere il primo pensiero dei decisori politici così come della società – è però solo l’ultimo tassello di un declino, di una costante, quasi inesorabile perdita di attenzione e di bagaglio educativo da parte del mondo adulto.

L’autore illustra con ordine tutti “i pezzi” che si sono persi, in un quadro generale sempre più deformato dal narcisismo e dall’individualismo degli adulti. Vediamone alcuni: i bambini hanno perso i cortili, il gioco libero, la possibilità di organizzarsi in gruppi spontanei. I bambini stanno perdendo l’infanzia in ragione di un ipertrofico bisogno di sicurezza degli adulti: non hanno autonomia, vengono accompagnati ovunque, c’è l’obbligo del ritiro anche alle medie (salva autorizzazione firmata), non possono autorganizzarsi in giochi spontanei ma sono sempre inquadrati in un corso, in un gruppo selezionato.

La perdita di queste prassi, nell’educazione, significa anche perdita di saperi. Novara analizza con rigore la situazione demografica e il cambiamento sociale e umano che ha reso la nascita di un figlio da una responsabilità condivisa (non solo della coppia, ma anche della famiglia più allargata e persino della comunità) a pesante scelta individuale. Le drammatiche cifre sulla denatalità “non generano alcuna mobilitazione pubblica”, scrive l’autore. “In Italia, fare figli, gestire i bambini, farli crescere, educarli è un’impresa difficile, quasi titanica, in cui i genitori sono lasciati quasi sempre da soli, senza alcuna condivisione sociale o comunitaria, come se l’aver fatto figli fosse uno sfizio che si poteva anche evitare”. Parole dure, che lanciano un allarme: la nostra società sta perdendo i bambini e, con essi, il suo stesso futuro.

La seconda parte del libro si focalizza su un altro fronte su cui oggi incombe la “rinuncia educativa del mondo adulto”, la scuola. Dal bambino difficile che oggi riceve la diagnosi neuropsichiatrica in un battito di ciglia, perché il suo essere “trasgressivo” non è più considerato un disturbo dell’attività scolastica ma un disturbo in quanto tale, ossia una malattia, si passa alla debolezza “strutturale” del sistema, precarietà di insegnanti ed educatori ai diversi livelli di scuole, assenza ancora sostanziale di nidi e servizi per l’infanzia.

Ma i bambini sono una risorsa, e tutta l’ultima parte del volume di Novara illustra fino a che punto la loro competenza, la loro consapevolezza, la necessità di essere ascoltati in modo diverso possono rappresentare gli elementi fondanti di una rivoluzione nella cultura educativa contemporanea. Il testo si chiude con una sorta di manifesto, 9 idee “per una nuova alleanza tra le generazioni e per restituire il futuro ai bambini e ai ragazzi”: proposte di sostegno economico, di valorizzazione della genitorialità e dell’insegnamento, rivoluzione di sguardo e di cultura per una società che deve cominciare a preoccuparsi del benessere dei bambini perché “non possiamo avere un futuro degno di essere vissuto se non lo proiettiamo, come sogno e desiderio, proprio sui nostri bambini”.

(Benedetta Verrini)

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