01/05/2011
La
bara di legno chiaro è lì davanti all’altare della Cattedra, cuore della
Basilica di San Pietro, legno di cipresso, un antico Vangelo aperto appoggiato
su un cuscino. Non c’è il vento che sfoglia le pagine oggi che Wojtyla è
diventato beato. Quattro guarde svizzere ai lati montano l’ultima guardia a
Giovanni Paolo II. Attorno passa il suo popolo, con gli zaini, le sedie
pieghevoli.
La navata della grande basilica brilla di flash e di volti sereni.
Vanno a salutare per l’ultima volta Karol Wojtyla, prima che venga sepolto
all’altare di san Sebastiano, subito accanto a quello dove si può ammirare la
Pietà di Michelangelo. La fila è lunga, composta, l’abbraccia da ogni lato,
mentre i Gentiluomini di Sua Santità con il frac nero e i guanti bianchi
invitano a procedere per permettere a tutti di rendere omaggio al “Beato
Giovanni Paolo II, papa”.
Scattano le macchine fotografiche e i telefonini. Non
sembri irriverente. Certamente Wojtyla è contento lassù oltre il cielo sopra la
Basilica. E’ l’ultimo sguardo alla bara che ha segnato il mondo sei anni, giorno
del funerale, giorno dell’invocazione “Santo subito”, parole italiane diventate
linguaggio universale. Ma non è solo curiosità. E’ preghiera.
Molti fedeli dopo
aver accarezzato con lo sguardo quel legno si inginocchiano ai lati nella
basilica a pregare. Gruppi di polacchi recitano il rosario nelle varie cappelle
di San Pietro. Il Centro televisivo vaticano manda in diretta un abbraccio che
dura ore e continua nella notte. I primi sono stati i cardinali appena dopo la
fine della Messa della beatificazione. Uno per uno hanno appoggiato una mano e
baciato il legno di cipresso. Poi il discreto omaggio delle delegazioni dei
governi. Sull’altare è stato posto il reliquiario che contiene una fialetta con
il sangue di Karol Wojtyla.
Alberto Bobbio