02/07/2013
Abstract: Dall'intreccio dei principi costituzionali su famiglia e fisco emerge l'esigenza ed il diritto, per la famiglia, di avere un fisco equo, rispettoso della sua capacità contributiva. Servizi ed trasferimenti, pur necessari, possono integrare ma non sostituire un giusto prelievo. L’attuale situazione italiana presenta invece un fisco tarato individualmente e perciò poco attento all’effettiva capacità contributiva della famiglia, generante alcune situazioni sperequative, tra cui lo svantaggio fiscale dei nuclei a “reddito infrafamiliare diseguale” (es. monoreddito), già censurato dalla Consulta, e che alcune recenti proposte di riforma qui esaminate (Libro Bianco Mef 2008, Fattore famiglia 2010) non riescono a superare. Si avverte l’esigenza di una riforma fiscale la quale, oltre che alleggerire il carico fiscale, lo rimoduli in favore delle situazioni di maggiore povertà relativa - anche attraverso la previsione di un sistema opzionale di tassazione c.d. “per parti” (es. quoziente familiare, di cui viene proposto un modello) -, ed in tal senso venga superata l’attuale dicotomia tra attenzione costituzionale per la famiglia e riferimento fiscale all’individuo, facendo della famiglia il primo soggetto di sviluppo sociale ed economico del paese.
Tesi d Alberto Baroni
Relatore: Roberto Schiattarella
Anno accademico 2010-2011
Tesi in Scienza delle finanze e diritto finanziario
Corso di laurea in Scienze Politiche
Facoltà di Giurisprudenza
Università di Camerino
Alberto Baroni
Famiglia e imposizione fiscale: profili costituzionali
La famiglia è un’istituzione
oggetto di una particolare attenzione nel quadro costituzionale.
Considerata
nucleo
primario
e
basilare
della
società,
le
norme
della
Costituzione
esprimono
nei
suoi
confronti
un
generale
favor,
a
motivo
del
suo
ruolo
essenziale,
connotato
naturalmente
da
una
tendenziale
stabilità,
che
si
esprime
nell'istituto
giuridico
del
matrimonio
(
“società
naturale
fondata
sul
matrimonio”).
Particolare
attenzione
viene
riservata
alla
prole,
anche
se
nata
fuori
dal
matrimonio,
riguardo
alla
quale
viene
tutelato
il
diritto
al
necessario
rapporto
affettivo
ed
educativo
con
i
genitori.
Per
questi
motivi
la
famiglia,
in
specie
se
numerosa,
diviene
destinataria
privilegiata
di
interventi
di
sostegno
da
parte
del
corpo
sociale,
soprattutto
attraverso
le
norme
e
le
azioni
messe
in
opera
da
parte
delle
istituzioni.
Vengono
inoltre
poste
in
Costituzione
le
basi
per
l’adeguatezza
dei
salari
dei
lavoratori
rispetto
alle
esigenze
familiari,
nonché
per
la
valorizzazione
e
la
tutela
della
donna
sia
in
relazione
alla
sua
“essenziale”
funzione
familiare
sia
in
quanto
lavoratrice.
Riguardo
al
fisco,
nell'affermare
l'obbligo
di
contribuzione
per
le
spese
pubbliche,
la
Costituzione
nega
ogni
carattere
di
arbitrarietà
nello
stabilire
il
quantum
oggetto
del
prelievo,
commisurando
lo
stesso
alla
capacità
contributiva,
ed
informandolo
al
criterio
della
progressività,
come
colorazione
del
principio
di
solidarietà,
in
virtù
del
quale
viene
richiesto
un
contributo
maggiore,
nel
rispetto
della
capacità
contributiva,
a
coloro
che
possono
dare
di
più.
La
capacità
contributiva
differisce
dalla
mera
capacità
economica,
che
ne
è
il
substrato:
non
la
semplice
sussistenza
di
risorse
economiche
può
prendersi
a
riferimento
di
capacità
contributiva,
ma
solo
l’eccedenza
di
tali
risorse
rispetto
al
fabbisogno
del
c.d.
minimo
vitale.
Se
esaminiamo,
mettendoli
in
relazione,
i
princìpi
costituzionali
su
famiglia
e
fisco,
ne
discende
che
il
prelievo
fiscale
nei
confronti
della
famiglia
deve
rispettare
sia
l'equità
verticale
(commisurazione
del
prelievo
al
reddito),
sia
l'equità
orizzontale
(commisurazione
del
prelievo
alle
condizioni
personali,
tenendo
conto
particolarmente
degli
obblighi,
giuridicamente
vincolanti,
di
mantenimento
di
tutti
i
membri
della
famiglia),
senza
mettere
in
difficoltà
il
nucleo.
In
questa
logica
e
nell'ottica
del
principio
costituzionale
di
sussidiarietà,
i
servizi
ed
i
trasferimenti,
pur
necessari,
possono
integrare
ma
non
sostituire
un
giusto
prelievo,
il
quale
diviene
il
primo
aiuto
che
la
famiglia
ha
diritto
a
ricevere
dallo
stato.
Famiglia,imposizione fiscale, sostegno parafiscale: la situazione attuale
Esaminando
la
situazione
odierna
del
prelievo
fiscale
familiare,
ci
si
è
principalmente
soffermati
sull'Irpef,
evidenziando
l'inadeguatezza
di
un
sistema
tarato
sull'individuo
e
applicato
alla
famiglia,
di
cui
sono
tratti
caratteristici
sia
l'insufficienza
del
sostegno
alle
responsabilità
familiari,
sia
lo
svantaggio
provocato
nei
confronti
delle
famiglie
con
“redditi
infrafamiliari
disuguali”(1),
in
particolar
modo
quelle
monoreddito,
che
rappresentano
il
caso
estremo
di
tale
categoria.
Nei
confronti
di
quest’ultime
l’aggravio
fiscale
è
particolarmente
pesante:
dalle
simulazioni
effettuate
(nuclei
familiari
da
30.000,
40.000
e
50.000
euro
lordi
e
con
0,1,2,3,4
figli,
lavoro
dipendente
e
autonomo)
emerge
infatti,
a
parità
di
reddito
familiare,
una
maggiore
Irpef
mediamente
pari
a
circa
1.200
euro
per
gli
autonomi
e
1.900
euro
per
i
dipendenti(2),
con
picchi
effettivi,
per
questi
ultimi,
anche
superiori
ai
5.000
euro (3)
Il sistema dell’Irpef presenta
inoltre altre significative incongruenze. Ad esempio, tra le altre:
- il meccanismo di decrescenza
delle detrazioni dall’imposta lorda: per quanto riguarda il lavoro
dipendente, passando dalla famiglia monoreddito a quella bireddito il
numero dei lavoratori raddoppia, quello delle detrazioni aumenta da
tre a dodici volte;
- l’incapienza, cioè
l’incapacità di fruire, da parte dei bassi redditi, delle
detrazioni potenzialmente spettanti;
-
l’inadeguatezza
degli
sconti
fiscali
per
il
mantenimento
dei
carichi
familiari:
la
detrazione
Irpef
per
un
figlio
– decrescente
in
base
al
reddito
– è,
per
i
nuclei
fino
a
tre
figli
(circa
il
98%
dei
nuclei
italiani)
mediamente
pari
a
50
euro
al
mese (4);
guardando
la
stessa
come
un
risparmio
per
spesa
deducibile,
essa
corrisponde
ad
una
spesa
meritoria
di
circa
200
euro
mensili,
importo
inferiore
ai
bisogni
effettivi
di
cura
e
sostegno
dei
carichi
familiari.
Sono state inoltre effettuate
simulazioni, per le stesse tipologie familiari, sulla base del
reddito equivalente, vale a dire una misura equalizzata del reddito
familiare che ne consente la comparabilità tra nuclei familiari
diversi sia per numerosità che per reddito complessivo: attraverso
una scala di equivalenza il reddito familiare viene reso
“equivalente” a quello di colui al quale la scala adottata
attribuisce il valore “uno” (es. un single). In tal modo il
reddito equivalente può in un certo senso considerarsi una misura
del tenore di vita. La forma più semplice di reddito equivalente è
il reddito pro-capite.
Le simulazioni sono state
effettuate dapprima come reddito pro-capite, poi come reddito
equivalente stimato sulla base degli indici “Isee base”. I
risultati mostrano come per il lavoro dipendente ed in ogni caso per
i nuclei monoreddito la pressione fiscale familiare vada aumentando –
a parità di reddito equivalente – all’aumentare del numero dei
membri familiari.
Un discorso particolare si è
fatto riguardo all'imposizione indiretta sui consumi. La stessa, ove
relativa al soddisfacimento del minimo vitale e del mantenimento dei
carichi familiari, si veste di evidente coattività, aumentando il
prelievo di un importo non irrilevante, che sostanzialmente funge da
copertura finanziaria per le detrazioni fiscali per i soggetti a
carico.
In effetti, andando ad analizzare
le statistiche sui consumi delle famiglie, si può dedurre che
l’imposizione indiretta sui consumi “obbligati” ed
incomprimibili (in quanto legati al minimo vitale ed ai carichi
familiari), per la maggior parte dei nuclei familiari, è superiore
alle detrazioni fiscali per familiari a carico, dando luogo così ad
un problema di equità orizzontale.
Un
sostegno
economico
ulteriore
viene
dagli
Assegni
per
il
Nucleo
Familiare
(ANF),
prestazione
di
sostegno
al
reddito
fruibile
però
dai
soli
lavoratori
dipendenti.
La
settorialità
è
dunque
il
primo
limite
di
tale
forma
di
sostegno.
Gli
importi
degli
ANF
– fissati
in
senso
decrescente
all'aumentare
del
reddito
familiare
– divengono
inoltre
relativamente
congrui
solo
ai
livelli
più
elevati
di
numerosità
del
nucleo,
ed
il
diritto
alla
percezione
è
generalmente
limitato
ai
figli
minorenni.
Peraltro
ai
livelli
di
40.000
e
50.000
euro
e
per
i
nuclei
fino
a
due
figli
l'imposta
sui
consumi
è
quasi
sempre (5)
superiore
della
somma
di
detrazioni
carichi
familiari
+
ANF.
Ai
livelli
di
reddito
più
elevati
il
beneficio
degli
ANF
si
avverte
in
misura
minore,
ravvisandosi
in
taluni
casi
degli
esiti
contraddittori
(a
50.000
euro
è
significativo
il
maggior
onere
fiscale
complessivo
– includendo
l'imposizione
sui
consumi
“obbligati”
-
della
famiglia
monoreddito
con
quattro
figli
rispetto
ad
una
bireddito
senza
carichi
nella
quale
i
due
coniugi
guadagnano
ciascuno
25.000
euro).
Per questi motivi può dirsi che,
pur se importanti, gli ANF non appaiono ancora un sostegno pienamente
congruo e soddisfacente (per un approfondimento si vedano le tabelle
n. XI – XII - XIII). (vedi allegato)
In
termini
sintetici
si
può
dunque
constatare
che
l’attuale
sistema
fiscale
e
di
sostegno
monetario
delle
responsabilità
familiari
appare
inadeguato
alle
necessità
effettive
del
nucleo,
generando
elementi
di
sperequazione
dovuti
principalmente
alla
progressività
di
un
sistema
fiscale
modulato
sull'individuo
anziché
sulla
famiglia.
1) Di NicolaTassazione e sostegno
del reddito familiare:
scenari di evoluzione per
l'Italia,in
Rivista
Italiana
degli
Economisti,
Anno
XIV,
n.
3,
dicembre
2009,
pag.
461.
2)Considerando,
per un miglior raffronto, di dimezzare virtualmente le detrazioni
per spese produzione reddito nelle famiglie bireddito.
3In
questo caso calcolati tenendo conto la doppia detrazione di spese
produzione reddito dei bireddito. Soltanto in taluni pochi casi, nel
lavoro autonomo (fascia da 30.000 euro) si registra un vantaggio a
favore dei monoreddito non superiore a 190 euro.
4La
detrazione mediana (famiglia di due coniugi da 20.000 euro di
reddito ciascuno e con due figli) è di 55 euro.
5Con
l'eccezione del nucleo monoreddito da 40.000 euro e due figli.
Ipotesi alternative di tassazione della famiglia
L’attuale
sistema
di
tassazione
è
anche
il
risultato
di
alcuni
interventi
legislativi
adottati
a
seguito
di
sentenze
della
Corte
Costituzionale.
In
particolare
la
sentenza
n.
179/1976
ha
disposto
l’incostituzionalità
del
meccanismo
di
formazione
della
base
imponibile
mediante
somma
dei
redditi
di
marito
e
moglie
(c.d.
“cumulo”),
in
quanto
penalizzante
– a
causa
della
progressività
– rispetto
alla
situazione
di
due
conviventi
non
sposati.
Tuttavia
con
sentenze
successive
la
Consulta
ha
invitato
il
legislatore
a
porre
rimedio
alle
sperequazioni
che
scaturiscono
dal
“decumulo”,
in
particolare
quelle
verso
le
famiglie
monoreddito,
le
quali
a
parità
di
reddito
familiare
pagano
più
Irpef
(cfr.
sentenza
n.
358/1995).
Il
giudice
costituzionale
ha
in
sostanza
sancito
l’illegittimità
della
tassazione
progressiva
del
reddito
familiare
complessivo,
ma
non
ha
chiuso
le
porte
ad
un
sistema
di
tassazione
su
base
familiare (6)
(es.
quoziente
o
splitting).
Tuttavia
tale
invito
non
è
stato
finora
raccolto
dal
legislatore.
Si
sono
pertanto
esaminati
due
scenari
di
evoluzione
dell'attuale
sistema
di
tassazione
familiare,
il
primo
prospettato
da
un'apposita
commissione
di
esperti
costituita
presso
il
Ministero
dell'Economia
(Libro
Bianco,
2008(7)),
ed
il
secondo
da
un
consistente
settore
del
mondo
dell'associazionismo,
così
come
espresso
dal
Forum
delle
Associazioni
Familiari
(Fattore
famiglia,
2010 (8)).
Entrambe le proposte prevedono un
sensibile investimento da parte dello Stato, il che porta la
tassazione familiare ad un livello decisamente più sostenibile;
tuttavia nessuno dei due interventi è impostato per calcolare
l'imposizione su base familiare, anziché individuale. Tra famiglie
mono e bireddito continua pertanto a mantenersi una certa distanza
riguardo l'onere fiscale sopportato. Per le due proposte il fulcro
del sostegno delle responsabilità familiari risiede,
rispettivamente, nelle detrazioni (c.d. “dote fiscale per i figli
minori”) e nelle deduzioni (“no-tax area” con l'eventuale
integrazione degli ANF).
Il problema della diversità
impositiva tra nuclei familiari in cui i percettori non
contribuiscono in egual misura alla produzione del reddito familiare
(col caso limite 100%-0% delle famiglie monoreddito) potrebbe trovare
soluzione considerando l'intero reddito familiare come un unico
imponibile; tuttavia, al fine di evitare il predetto “cumulo”, lo
stesso reddito andrebbe poi diviso per un coefficiente frutto
dell'applicazione di una scala di equivalenza predeterminata in base
alle condizioni familiari, procedendo in tal modo ad un primo
conteggio d'imposta sul quoziente così ottenuto; l'imposta
corrispondente sarà poi rimoltiplicata per il coefficiente, fornendo
l'importo complessivo del tributo familiare da versare all'erario.
Tale modalità di tassazione è chiamata tassazione per parti e
conosce generalmente due criteri applicativi: lo splitting ed il
quoziente familiare. Essa si contrappone alla tassazione separata su
base individuale attualmente in vigore.
Applicare
opzionalmente (9)
lo
splitting
(=
reddito
familiare
complessivo
:
2)
consentirebbe,
ad
esempio,
di
ottenere
una
parità
della
tassazione
standard
(senza
cioè
considerare
le
detrazioni
per
produzione
reddito
e
per
carichi
familiari)
tra
i
vari
nuclei
familiari,
a
prescindere
dalla
quota
di
reddito
familiare
percepita
dai
singoli
coniugi.
Quanto
al
quoziente
familiare,
si
è
proceduto
alla
costruzione
di
un
modello
teorico
dello
stesso
il
quale,
affiancandosi
ad
un
modello
principale
a
tassazione
separata
e
grazie
ad
un
investimento
di
risorse
pubbliche,
possa
essere
liberamente
scelto
dai
coniugi
(in
alternativa
allo
stesso
sistema
principale,
come
indicato
dalla
Consulta),
al
fine
di
ottenere
un
trattamento
più
equo
per
i
nuclei
monoreddito,
con
effetto
positivo
anche
sui
redditi
bassi
e
sui
nuclei
numerosi.
Il
quoziente
familiare
tratta
in
modo
eguale
redditi
tra
loro
equivalenti,
divenendo
in
tal
modo
una
modalità
di
tassazione
del
tenore
di
vita
familiare,
così
come
derivante
dall’applicazione
di
una
scala
di
equivalenza
nei
confronti
del
reddito
complessivo
del
nucleo.
Le
principali
obiezioni
al
suo
utilizzo
riguardano
l’efficienza
(disincentivo
all’offerta
di
lavoro
del
single
e
del
coniuge
a
più
basso
reddito,
che
spesso
è
la
moglie),
nonché
l’assegnazione
in
termini
assoluti
di
un
maggior
vantaggio
fiscale
ai
redditi
più
alti.
Le
particolari
caratteristiche
del
quoziente
elaborato
in
questa
sede
permettono
di
superare
la
prima
critica
(attraverso
l’opzionalità
della
scelta)
e
di
ridimensionare
la
seconda
(attraverso
detrazioni
esigibili
in
caso
di
incapienza
per
i
redditi
equivalenti
più
bassi,
cfr.
tabella
n.
XXII),
senza
far
perdere
il
maggior
elemento
di
pregio
del
quoziente
stesso,
vale
a
dire
quello
di
ottenere
la
stessa
incidenza
percentuale
di
tassazione
a
parità
di
reddito
equivalente (10)
(Per
un
confronto
sinottico
– sul
lavoro
dipendente
-
tra
il
reddito
disponibile
in
base
al
sistema
attuale,
alla
proposta
Libro
Bianco
2008,
alla
proposta
Fattore
famiglia
2010
ed
al
ns.
Quoziente
familiare
opzionale,
si
veda
la
tabella
n.
XX).
(in allegato)
6 F.
DI
NICOLA,
Tassazione e sostegno
del reddito familiare:
scenari di evoluzione per
l'Italia,
in
Rivista
Italiana
degli
Economisti,
Anno
XIV,
n.
3,
dicembre
2009,
pag.
456.
7 MINISTERO
DELL'ECONOMIA E FINANZE, Libro Bianco.
L'imposta sui redditi
delle persone fisiche e
il sostegno alle famiglie,
supplemento n. 1 a Tributi, 2008, MEF – Ssef “E. Vanoni”
10 O
eventualmente una incidenza lievemente minore in caso di aumento dei
carichi familiari (cfr. tabella XXI).
Conclusioni
Le
politiche
fiscali
familiari
in
Italia
non
paiono
aver
mai
veramente
puntato
ad
una
congrua
differenziazione
del
carico
fiscale
in
relazione
ai
soggetti
a
carico.
Dal
1974
(anno
di
entrata
in
vigore
dell’Irpef)
al
2001
la
detrazione
ordinaria
per
un
figlio
aveva
raggiunto
la
modesta
cifra
di
circa
600.000
lire
annue
(300
euro (11),
25
euro
al
mese).
In
merito
alla
differenziazione
di
tassazione
tra
famiglie
mono
e
bireddito,
tale
problema,
benché
variamente
dibattuto
(si
ricorda
il
tentativo
di
soluzione
degli
anni
'90/91),
di
fatto
non
è
mai
stato
affrontato
dalle
modifiche
intercorse
nella
legislazione
Irpef.
Ciò segnala una asimmetria tra le
indicazioni della Costituzione e la loro attuazione e rende evidente,
nell'ambito fiscale, la disattenzione della politica nei confronti
della famiglia. Siamo dunque in presenza di un deficit culturale,
prima ancora che di bilancio, tanto più grave in quanto la famiglia
ed i figli sono anche una risorsa per lo stesso stato, per tutta la
collettività. Non si tratta di una semplice esigenza economica (ad
es. la tenuta dei conti previdenziali, o lo svolgimento da parte
della famiglia di attività di sostegno primario altrimenti costose
per le finanze pubbliche), ma di una più larga esigenza di benessere
dell'intero paese, all'interno del quale interagiscono sia la
componente economica sia quella socio-relazionale.
Il sostegno pubblico dello sforzo
educativo dei genitori può produrre esternalità positive ed in tal
caso si intensificherebbe un dinamismo sociale, volto a ricercare –
attraverso l'innovazione - il miglioramento delle condizioni di vita,
che è la premessa per la crescita civile e sociale ma anche per lo
sviluppo scientifico, tecnico ed economico.
Quando, differentemente, la
comunità statale non supporta adeguatamente la famiglia, facendo
apparire i figli come un peso, anche a causa di una differenziazione
sostanzialmente poco rilevante sul piano fiscale, allora è come se
venisse veicolato un messaggio negativo riguardo la realtà
familiare, che distorce il significato dell'impegno riducendolo al
mero sacrificio, inducendo ad un ripiegamento su se stessi. I bassi
tassi di fertilità con cui siamo chiamati a fare i conti sono lo
specchio di questa realtà.
Considerare
la
famiglia
come
un
tutt'uno
dal
punto
di
vista
impositivo
potrebbe
essere
di
aiuto
per
innescare
un
processo
virtuoso,
a
livello
dell'intera
società
,
in
cui
tutti
i
servizi
e
le
tariffe
vengono
pensati
“a
misura
di
famiglia”.
Il
problema
della
progressività
fiscale
si
traspone
infatti
– negativamente
– anche
in
alcuni
contesti
tariffari
(es.
acqua,
elettricità),
immancabilmente
tarati
su
base
individuale,
riproponendo
così
in
un
certo
senso
gli
effetti
perversi
del
“cumulo”
(abolito
quanto
all'Irpef),
col
risultato
che
anche
in
presenza
di
comportamenti
virtuosi
in
termini
di
consumo
pro-capite
o
equivalente,
l'esito
tariffario
è
quello,
negli
stessi
termini,
di
un
onere
maggiore
per
le
famiglie
(specialmente
quelle
numerose)
rispetto
ai
singoli;
il
che,
tra
l'altro,
assume
un
controproducente
significato
anti-meritocratico.
Ci
troviamo
di
fronte
ad
una
insufficiente
considerazione
della
dimensione
familiare
nell'ambito
tributario
e
tariffario.
Ottenere un fisco
“family-friendly” e maggiormente aderente ai principi
costituzionali pare essere un obiettivo culturale prima ancora che
economico e giuridico. Un quoziente opzionale potrebbe aiutare a far
maturare una cultura “a misura di famiglia”.
E
tale
cultura,
ci
pare
di
intuire,
può
considerarsi
un
elemento
importante
per
una
ricerca
condivisa
del
“bene
comune”,
concetto
ed
obiettivo
divenuto
recentemente
sempre
di
più
oggetto
di
studi
da
parte
della
scienza
economica (12).
E’ ragionevole pensare che,
nella ricerca delle possibili vie d'uscita all'odierna grave
congiuntura ed al fine di dare maggiore spinta alla ripresa, divenga
importante la dovuta considerazione – soprattutto fiscale - ad una
cultura pro-famiglia, quale elemento che può generare esternalità
positive.
La famiglia può essere infatti
considerata il luogo primario della formazione ad alcuni valori come,
ad esempio, la responsabilità, la lealtà, lo spirito di servizio,
la fiducia. Ed è forse possibile affermare che la crisi del nostro
tempo, prima ancora che economica, sia una crisi dei predetti valori,
i quali sono (immateriali ma) essenziali anche per un buon
funzionamento dell'economia. In quest'ottica riteniamo che la
famiglia sia un fondamentale valore sociale, e che il suo sostegno,
soprattutto attraverso una adeguata fiscalità, possa considerarsi un
ingrediente importante per l'equilibrio di una comunità.
Ci pare di poter dire, in
definitiva, che non vi possa essere una buona e prospera società, in
cui le persone possano pienamente realizzarsi, in assenza di una
cultura favorevole alla famiglia, che della società è il nucleo
fondamentale.
10 O
eventualmente una incidenza lievemente minore in caso di aumento dei
carichi familiari (cfr. tabella XXI).
11 Per
la precisione euro 285,08 per il primo figlio ed euro 318,14 per i
seguenti.
12 Pur
nella
difficoltà
di
una
univoca
definizione
di
bene
comune,
gli
elementi
che
possono
configurare
“«un
approccio orientato alla
ricerca del bene comune»
applicabile nelle diverse
aree della vita associata”
possono
individuarsi
in:
“attenzione a tutte
le persone a vario
titolo interessate ad un
determinato obiettivo o
alla soluzione di uno
specifico problema, per
assicurare, nel perseguimento
dei criteri di giustizia,
merito ed efficienza, il
rispetto della loro
dignità, e la loro
piena valorizzazione; adozione
di una razionalità
“relazionale” (coerentemente con
il punto precedente);
rafforzamento del tessuto
delle relazioni (tra
persone, gruppi, istituzioni),
con un’attenzione
particolare a quelle
cooperative, e con un
ruolo regolativo importante
esercitato dalla reciprocità,
una reciprocità “positiva”,
orientata alla promozione
della persona; nella
pratica decisionale, ricorso
diffuso alla partecipazione,
diretta o indiretta, nelle
modalità più opportune e
praticabili (con impiego
ove possibile delle forme
più appropriate di
governance), alle decisioni
di tutte le persone
legittimamente interessate alle
decisioni medesime; impiego
dei principi di
solidarietà e sussidiarietà,
correttamente intese” (P.
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