29/07/2025
L’audizione del Ministro Giorgetti, tenutasi lo scorso 18 giugno, ha approfondito alcuni temi centrali della terza transizione demografica, offrendo una prospettiva complementare rispetto a quelle emerse nelle precedenti sedute della Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali della transizione demografica in atto.
L’intervento del Ministro ha esaminato il carattere eminentemente economico della trasformazione demografica. Pur riconoscendo la natura sociale del fenomeno, ha sostenuto che l’ampiezza e la diffusione raggiunte l’hanno reso ormai una variabile determinante nelle dinamiche economiche del nostro Paese. Ad essere precisi, è proprio all’interno del Piano strutturale di bilancio a medio termine, presentato alle Camere lo scorso autunno e approvato dal Consiglio dell’Unione Europea a gennaio, che la variabile demografica è stata formalmente riconosciuta come uno dei principali fattori di rischio macro-strutturale e, al tempo stesso, come parametro strategico di indirizzo per l’azione pubblica.
Questa introduzione della dinamica demografica all’interno dei processi economici non è stata meramente descrittiva o tecnico-statistica, bensì ha comportato un cambio di prospettiva nella definizione delle priorità. L’equilibrio demografico è stato trattato come condizione necessaria per la tenuta del sistema produttivo, la sostenibilità del debito pubblico, l’efficacia del welfare e la coesione territoriale.
L’estensione della riflessione economica intorno alle sorti del Paese viene argomentata attraverso due considerazioni.
La prima riguarda l’incidenza dell’invecchiamento della popolazione sulle valutazioni delle organizzazioni internazionali, della Commissione Europea e delle agenzie di rating in merito alla sostenibilità, al rischio del debito pubblico e alla sua rilevanza per le previsioni di crescita economica del Paese. Nel contesto italiano, l’invecchiamento della popolazione influenza, in particolare, la valutazione meccanica dei modelli attraverso due canali principali: da un lato, ci si attende che esso influenzi negativamente le prospettive macroeconomiche e, dall’altro lato, che eserciti una pressione sulla spesa pubblica, in particolare sulla componente legata all’invecchiamento che include la spesa socio-assistenziale (long-term care), per le pensioni e la sanità.
La seconda considerazione riguarda l’influenza che i fattori demografici hanno sulla dinamica dei saldi di finanza pubblica e debito pubblico. I processi di transizione demografica operano su molteplici canali: in particolare, influenzano la produttività aggregata, la dinamica della forza lavoro, la pressione sul sistema previdenziale e il fabbisogno di servizi pubblici fondamentali, generando ricadute che richiedono un continuo aggiornamento dei modelli previsionali e degli strumenti di bilancio. Se, infatti, si prova a riflettere sul tema del lavoro, si nota che questo è il risultato congiunto di elementi demografici ed elementi economici. Della prima componente in senso stretto fanno parte il tasso di occupazione e partecipazione al mercato del lavoro, mentre della seconda risulta cruciale la questione della produttività. Il ministro mette in evidenza come anche la questione della produttività non sia più isolabile dagli effetti della trasformazione della composizione della popolazione. Il processo di transizione digitale rischia di mettere a dura prova una forza lavoro progressivamente più anziana, che potrebbe incontrare crescenti difficoltà nell’adattarsi ai cambiamenti tecnologici. Ciò avrebbe ricadute negative sulla produttività e potrebbe ridurre ulteriormente il potenziale di crescita del Paese. L’invecchiamento demografico, infatti, tende a rallentare la dinamicità delle imprese e a indebolire la propensione all’innovazione.
Tuttavia, osserva il ministro, si tratta di una lettura prudenziale, se non addirittura eccessivamente pessimistica. L’integrazione del capitale al posto del lavoro, insieme all’adozione di nuove tecnologie e innovazioni, potrebbe infatti favorire una ricomposizione settoriale dell’economia e del mercato del lavoro, con effetti positivi sulla produttività e sulla traiettoria della crescita economica nel medio periodo. Perché ciò avvenga, è fondamentale investire nella formazione delle nuove generazioni, ma anche promuovere l’aggiornamento delle competenze dei lavoratori più anziani.
L’audizione del 18 giugno si è soffermata su altri due temi cogenti e meno percorsi dalle scorse sedute, che riguardano gli effetti economici e sociali della transizione demografica. Anzitutto, tra le sfide più imminenti si profila quella dell’istruzione e, con essa, il rischio di una progressiva perdita di capitale umano qualificato per il nostro Paese.
Tra l’anno scolastico 2018-2019 e 2022-2023 si conta una riduzione del 5,2 % degli studenti. Il calo riguarda, in particolare, la scuola dell’infanzia e la scuola primaria che viene parzialmente compensato dal progressivo incremento degli iscritti con cittadinanza straniera e del tasso di scolarità nella fascia 15-19 anni. La situazione attuale, unita alla considerazione che il calo sulle scuole primarie si estenderà via via agli altri gradi, ci induce “a un ripensamento in chiave prospettica delle strutture, del personale e della spesa che nel futuro sarà assegnata all’istruzione”. In aggiunta, un ulteriore tema dirimente è quello del potenziamento dei servizi. In particolare, i servizi per la prima infanzia, che il Governo si è già impegnato ad estendere nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e nel Piano strutturale di bilancio di medio termine. Il Governo mira ad assicurare non solo una maggiore disponibilità sul territorio, ma anche una maggiore accessibilità agli stessi.
Alla luce del nuovo rilievo assunto dalla questione demografica nell’agenda economica e di sviluppo del Paese, è stato illustrato come l’azione del Governo si articoli in una serie di interventi mirati ad affrontare le sfide della transizione demografica. Tra questi: il calo della natalità, la partecipazione al mercato del lavoro, il sostegno all’istruzione, l’attrazione di lavoratori specializzati, il contrasto allo spopolamento e la sostenibilità del sistema sanitario e pensionistico. Tali ambiti richiedono un approccio integrato e multidimensionale.
In particolare, oltre all’assegno unico e universale, il Governo sta rafforzando misure volte a rimuovere gli ostacoli economici, sociali e culturali alla natalità, come il “Bonus nuovi nati”, il riordino delle detrazioni fiscali, il sostegno alla genitorialità e l’incentivazione all’autonomia economica dei giovani. “Nel prossimo futuro, un approccio strutturale, integrato e lungimirante deve continuare a promuovere la semplificazione e la razionalizzazione delle misure esistenti a favore delle famiglie, a integrare le politiche fiscali e le politiche di spesa, in particolare per sostenere la genitorialità e la cura, e a valutare sistematicamente l’impatto redistributivo delle misure, con attenzione agli effetti su natalità, povertà minorile e occupazione femminile”.
Nel suo intervento, il Ministro Giorgetti ha evidenziato due aspetti centrali della questione demografica: da un lato, l’inquadramento teorico della transizione demografica all'interno delle dinamiche economiche del Paese; dall’altro, le strategie pratiche per mitigarne gli effetti negativi su produttività e benessere generale. Sul piano teorico, ha sottolineato che il fenomeno non va letto solo come un dato statistico, ma come una sfida profondamente umana, che coinvolge persone, famiglie e territori. Operativamente, l’azione del Governo si articola lungo più direttrici, riconoscendo la complessità del fenomeno e la necessità di un approccio integrato. Intervenire su diversi fronti è infatti indispensabile, sia perché non esiste ancora una soluzione univoca ed efficace, sia perché la sfida tocca simultaneamente molteplici dimensioni della vita economica e sociale. In quest’ottica, la questione demografica non è un ostacolo, ma un banco di prova per la capacità di visione, coerenza e innovazione delle politiche pubbliche.
Approfondimento a cura di:
Carmine Marcacci, laureato in Filosofia e Forme del Sapere, dottorando in Economia Civile con la Borsa di studio "Economia Civile, Famiglia e Natalità" Lumsa-Cisf