21/11/2013
Tesi di Elisabetta Pizzo
Relatore: Costanza Marzotto
Anno Accademico: 2009-2011
Master di secondo livello in Mediazione Familiare e Comunitaria, Alta Scuola di psicologia "A. Gemelli"
Università Cattolica, Milano
Elisabetta Pizzo
La mediazione familiare
Separazione e divorzio non sono semplici eventi familiari ma transizioni, processi di crisi e trasformazioni che coinvolgono almeno tre generazioni: la coppia, i figli e le famiglie di origine.
Il loro considerevole aumento negli ultimi dieci anni ci porta a compiere una seria riflessione sul destino dei legami familiari, sempre più fragili, frammentati, conflittuali.
La mediazione familiare può essere una grande risorsa per salvaguardare i legami familiari. Si tratta di un
percorso per le riorganizzazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o divorzio. Infatti in un contesto strutturato e accogliente il mediatore familiare, come terzo neutrale e appositamente formato, si adopera affinché i partner elaborino in prima persona
un programma di separazione soddisfacente per sè e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale (Simef, 1996).
Nell’approccio simbolico-relazionale, elaborato dal Centro Ateneo Studi e Ricerche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, la mediazione pone un attenzione costante al legame familiare,
sostiene le risorse e le competenze genitoriali, assumendo anche un carattere preventivo e protettivo per il benessere delle famiglie e dei figli.
Il percorso di mediazione di una coppia separata
La mia tesi affronta il tema della mediazione familiare come percorso che la coppia intraprende per passare al di là del trauma della separazione (Cigoli, 1997) e giungere a nuove modalità di funzionamento familiare, nuove soluzioni, dopo aver negoziato tutti gli aspetti che riguardano la relazione affettiva ed educativa con i figli e le questioni economiche e/o patrimoniali.
Ripercorrendo un caso di mediazione seguito dalla sottoscritta durante lo stage formativo presso il
Servizio di Mediazione familiare del Comune di Palermo, vediamo come la coppia separata partendo dalla fine del patto, si scontra e incontra su bisogni, emozioni e preoccupazioni comuni e affronta nel concreto i problemi, negoziando con l’altro, per il bene della figlia.
La coppia, giovane (entrambi 37 anni), composta dal signor M. e dalla signora R., appartenenti ad un contesto socioeconomico modesto, separata da un anno e mezzo, giunge in mediazione su invio del Tribunale Ordinario con la seguente motivazione: l’accettazione della fine del legame coniugale e della presenza della nuova compagna da parte della donna.
L’invio coatto del Tribunale ordinario, ben presto viene trasformato in spontaneo: al primo incontro la coppia sostiene di essersi presentata per il bene della figlia, 6 anni, alla quale tengono tantissimo.
Nei primi due incontri la coppia ripercorre la sua storia con l’aiuto del genogramma, strumento grafico simbolico che permette di narrare le relazioni familiari (Montegano, Pazzagli, 2002), di far rivivere emozioni e sentimenti legati all’inizio e alla fine (“Belli 8 anni di matrimonio, bellissimi 11 anni di fidanzamento” “Una fine volgare…”), di svelare responsabilità da parte di entrambi per la fine del patto coniugale spezzando, in parte, il meccanismo di attribuzione di colpa ad un partner soltanto (Cigoli, op.cit, 1997). In seguito la coppia può guardare al presente e concentrarsi sui bisogni (terzo incontro), personali e genitoriali, per scoprire una realtà molto frequente nelle coppie separate: pur distanti nelle posizioni, entrambi sentono il bisogno di essere riconosciuti dall’altro nel ruolo di genitore e di crescere insieme la figlia.
La negoziazione avviene sui
temi della flessibilità del diritto di visita, la nuova partner, su come rassicurare e spiegare alla figlia cosa succederà nell’immediato futuro.
Il mediatore ha il ruolo di
facilitatore della comunicazione, aiuta la coppia a indirizzare le loro energie, emozioni e attenzioni dal conflitto coniugale vissuto come pericoloso e distruttivo con la conseguente delegittimazione dell’altro nel suo ruolo genitoriale (e in altri numerosi casi ad allontanare o escludere un genitore dalla vita dei figli) ad un conflitto come esperienza relazionale da cui uscirne non indeboliti ma rafforzati.
La coppia trova nella mediazione un luogo e un tempo dove
poter nominare e affrontare paure e difficoltà, dove poter riflettere su cosa significhi essere un buon genitore (il tema del quarto incontro) e ancora una volta la coppia si ritrova d’accordo su cosa fare per poter garantire la serenità alla figlia. In questo clima la comunicazione riprende a circolare tra le due parti e la fiducia nell’altro genitore riaffiora.
Le soluzioni
emergono spontaneamente, sollecitati dal mediatore, in seguito ad un processo di negoziazione che è relazionale, perché non può
non prescindere dall’incontro con l’altro, diverso da me perché con esigenze e bisogni differenti ma anche simile a me, perché anch’egli genitore. Le nuove modalità di funzionamento familiare, i nuovi accordi vengono firmati dalle parti e accolti come frutto di un riconoscimento genitoriale reciproco.
La mediazione non risolve magicamente il conflitto
ma fa sperimentare nuove modalità relazionali e comunicative, inizia un percorso di dialogo e cooperatività che la coppia, si speri, porti avanti nel tempo senza l’aiuto del “terzo”.
Considerazioni finali
La separazione e il divorzio sono un compito congiunto, la coppia è chiamata a comportarsi in modo responsabile con i figli (e non è facile perché spesso si antepone il proprio dolore a quello dei figli) e a garantire loro la continuità genitoriale, l’accesso alla stirpe materna e paterna (molti bambini di genitori separati si allontanano dai nonni e zii, il più delle volte da quelli paterni) e il rilancio della fede e speranza nel legame (Cigoli, 1999).
Non tutte le coppie separate sono adatte alla mediazione; mediare è un atto coraggioso, che comporta lo stare dentro il conflitto per affrontarlo in modo costruttivo e scorgervi delle potenzialità e occasioni di confronto (Scaparro 2001), la volontà e l’impegno di mettersi in discussione come persona e come genitore e cooperare con l’altro partner per il bene dei figli.
I benefici non riguardano soltanto il legame genitoriale, con una riduzione del conflitto e un aumento della comunicazione e cooperazione ma anche il livello personale, con un miglioramento dell’autostima e una ritrovata fiducia in se stessi, come è stato evidente nella donna- madre del caso che ho seguito.
La mediazione familiare è un percorso relazionale, graduale, alternativo a quello giudiziario; un processo democratico che richiede e promuove reciprocità e cooperazione, che pone enfasi sugli interessi comuni piuttosto che su quelli individuali, che incoraggia la divulgazione di informazioni piuttosto che l’inganno e la menzogna, uno sguardo sul futuro piuttosto che sul passato (Marzotto, Telleschi, 1999). È un nuovo modo di affrontare la separazione che oltrepassa la logica del vincitore e vinto per premiare alla pari due buoni genitori che si impegnano nella condivisione della responsabilità genitoriale.
La mediazione è una sfida, per le coppie e per chi la pratica, un investimento per il futuro dei legami familiari.
Bibliografia
Cigoli, V. (1999), Il patto infranto, in Andolfi, M. (a cura di), La crisi della coppia, Milano, Cortina.
Cigoli, V. (1997), La psicologia della separazione e del divorzio, Bologna, Il Mulino.
Marzotto, C., Telleschi, R. (1999), Comporre il conflitto familiare. La mediazione familiare: metodi e strumenti, Milano, Unicopli.
Montegano, S., Pazzagli, A. (2002), Genogramma. Teatro di alchimie familiari, Milano, Franco Angeli.
Scaparro, F., (a cura di) (2001), Il coraggio di mediare, Milano, Guerini.
Sitografia
www. Simef.net