SE NE DISCUTE IN PARLAMENTO/I conti dell'Ufficio di bilancio tra declino demografico e "tenuta" del welfare

15/07/2025

I lavori della Commissione Parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto sono proseguiti lo scorso 8 luglio con l’audizione della presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, Lilia Cavallari

La presentazione dell’UPB ha offerto ulteriori spunti utili ad arricchire e affinare il rapporto tra aspetti demografici ed economico-sociali dell’Italia dei prossimi decenni. I punti di maggior rilievo affrontati in questa audizione sono stati da una parte l’occupazione e la crescita potenziale e, dall’altra, la spesa pensionistica e quella pubblica connesse all’invecchiamento della popolazione.

Il primo punto ha ripreso tematiche già emerse nelle precedenti audizioni, arricchendole con alcune precisazioni utili a comprendere in che modo la dinamica demografica incida direttamente sulla numerosità e sulla composizione per età della forza lavoro in Italia. È emerso, in particolare, che l’aumento dell’occupazione registrato negli ultimi vent’anni (+3,8%) è stato determinato quasi esclusivamente dal contributo della fascia d’età 50-64 anni. Tale crescita è da attribuire a una significativa ricomposizione demografica, legata al progressivo ingresso dei baby boomers in questa classe di età, e accompagnata dall’innalzamento dell’età legale ed effettiva di pensionamento, oltre che dagli effetti delle riforme previdenziali. 

Un’analisi che isola le diverse componenti del fenomeno ha evidenziato che, al netto dell’aumento complessivo dell’occupazione, nelle fasce d’età comprese tra i 25 e i 49 anni si registra una riduzione del tasso di occupazione, riconducibile proprio agli effetti della transizione demografica.

La presidente Lilia Cavallari individua alcune linee di intervento prioritarie per mitigare gli effetti della transizione demografica sul potenziale di crescita. Una di queste consiste nella riduzione dell’inattività, attraverso misure volte a incentivare l’ingresso delle persone nel mercato del lavoro. La bassa partecipazione riflette, infatti, l’elevato numero di inattivi, ossia di persone che, pur avendo un’età lavorativa, non cercano lavoro e non fanno pertanto parte della forza lavoro. In Italia il numero di inattivi tra 15 e 64 anni nel 2024 ha sopravanzato i 12 milioni di persone, ossia più della metà (53,7 per cento) del totale degli occupati. Una seconda linea di intervento riguarda l’innovazione tecnologica e istituzionale. Queste, infatti, permetterebbero di mantenere alta la produttività a fronte di una diminuzione della forza lavoro, rappresentando una forza contraria a quella del declino demografico.

In generale si è evidenziato che la demografia e i cambiamenti nella composizione per età della popolazione giocheranno un ruolo fondamentale sugli equilibri finanziari e sull’adeguatezza delle prestazioni fornite dagli istituti del sistema di protezione sociale. Secondo le proiezioni del Rapporto 2024 del AWG (Working Group on Ageing Populations and Sustainability), per i Paesi della UE nel loro complesso è atteso un aumento dell’incidenza sul PIL della spesa totale legata all’invecchiamento della popolazione nel periodo 2022-2070 pari a 1,2 punti percentuali. Nonostante queste proiezioni, il lungo processo di riforma del sistema pensionistico sembra aver garantito – almeno nel lungo periodo – uno scenario di relativo controllo degli andamenti di spesa. Anche la dinamica della spesa sanitaria e di quella per il contrasto alla non autosufficienza appare contenuta, pur partendo da livelli bassi rispetto al contesto internazionale.

Il secondo punto affrontato riguarda nello specifico la spesa pensionistica. L’analisi, approfondita e di taglio tecnico, ha illustrato diversi scenari ipotetici relativi all’evoluzione del rapporto tra spesa pensionistica e PIL nei prossimi quarant’anni, includendo un confronto tra la situazione italiana e quella di altri Paesi della UE. Attraverso una scomposizione additiva del rapporto tra spesa pensionistica e PIL è possibile quantificare quanta parte della variazione dell’indicatore di spesa lungo l’orizzonte di proiezione (dal 2022 al 2070) è attribuibile a ciascuno dei fattori strutturali che lo compongono.

Negli anni 2022-2040 il contributo demografico risulta positivo e significativo in tutti i Paesi considerati (+6,7 % del PIL in Spagna, +6,6 in Italia, +3,9 in Francia e +3,0 in Germania), determinando un aumento del rapporto tra spesa pensionistica e PIL. A partire dal 2041 e fino al 2070, si intensifica l’effetto delle riforme strutturali, che hanno progressivamente innalzato l’età di pensionamento e ridotto la generosità delle prestazioni. 

Nel caso italiano, si osserva come l’incremento dell’indice di dipendenza degli anziani sia più che compensato dalla dinamica favorevole degli altri fattori: l’aumento del tasso di occupazione, la significativa riduzione del benefit ratio (il rapporto tra il reddito medio da pensione e il PIL per occupato) e il calo del tasso di copertura (la quota della popolazione anziana che percepisce una pensione).

In relazione al problema pensionistico è stata considerata anche l’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche. Un elemento che accomuna tutti i Paesi considerati è proprio la riduzione del valore medio della pensione rispetto a quello del reddito da lavoro. Nel caso italiano, la dinamica del tasso di sostituzione (rapporto tra reddito della pensione e reddito da lavoro) è guidata da due fattori che spingono il rapporto in due direzioni opposte: da un lato, l’andata a regime della lunga transizione al metodo contributivo, attesa intorno al 2040, spinge verso il basso il rapporto; dall’altro, la continua progressione dell’età di pensionamento, assicurata dal suo aggancio all’aspettativa di vita, che comporta – a parità di altre condizioni – assegni pensionistici maggiori, ne determina un aumento.

La questione dell’età di pensionamento e del suo collegamento all’aspettativa di vita si inserisce in un quadro più ampio legato all’invecchiamento della popolazione, che ha implicazioni profonde non solo sulla sostenibilità del sistema previdenziale, ma anche sulla domanda di servizi sanitari e assistenziali. L’aumento della longevità comporta, infatti, un incremento delle condizioni di fragilità e non autosufficienza, con un impatto crescente sulla spesa sanitaria e, in particolare, su quella destinata alla long-term care. I sistemi di welfare europei, e in particolare quello italiano, appaiono ancora poco attrezzati per far fronte a queste trasformazioni: le esigenze di cura a lungo termine sono soddisfatte solo parzialmente e i modelli di erogazione delle prestazioni risultano frammentati e instabili, lontani da una struttura consolidata e universalistica.

Il terzo punto riguardante la spesa sanitaria viene affrontato offrendo diversi scenari di proiezioni che tengono conto non solo delle ipotesi demografiche, ma anche di ipotesi non demografiche che potrebbero avere effetti anche a lungo termine. Nelle proiezioni di lungo termine la spesa sanitaria è destinata ad aumentare in rapporto al PIL dello 0,6 % rispetto al 2025, per stabilizzarsi sul 6,4 % nel 2070. Dopo il 2040, una volta attenuato l’impatto del baby boom, le principali pressioni deriverebbero dall’offerta di servizi sanitari. Il mantenimento dell’equilibrio finanziario richiederà un’adeguata programmazione e un rigoroso controllo della regolazione del sistema, da affiancare a una costante attenzione all’appropriatezza delle prestazioni erogate.

L’audizione dell’UPB ha confermato l’urgenza di affrontare con decisione e lungimiranza le sfide poste dalla transizione demografica in atto. Le evidenze presentate sottolineano come l’invecchiamento della popolazione incida profondamente sia sulla dinamica dell’occupazione che sulla sostenibilità del sistema pensionistico e di welfare. Gli interventi prospettati – dall’aumento della partecipazione al mercato del lavoro all’innovazione tecnologica e istituzionale – delineano un percorso possibile per attenuare gli effetti negativi sulla crescita potenziale e sulla spesa pubblica. Tuttavia, il contenimento della spesa non può prescindere da un’adeguata attenzione all’equità intergenerazionale e all’adeguatezza delle prestazioni. Intervenire con lungimiranza permetterà, invece, di affrontare la transizione demografica non come un freno, ma come una sfida da governare.

Approfondimento a cura di:

Carmine Marcacci, laureato in Filosofia e Forme del Sapere, dottorando in Economia Civile con la Borsa di studio "Economia Civile, Famiglia e Natalità" Lumsa-Cisf


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