SE NE DISCUTE IN PARLAMENTO/INAPP: Per affrontare l’emergenza generazionale, nel lavoro servono politiche di age management

06/10/2025

L’indagine della Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto prosegue: lo scorso 23 settembre si è svolta l’audizione del presidente dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), Natale Forlani. L’intervento del presidente si è articolato lungo tre nuclei tematici principali: l’analisi dei punti critici della transizione demografica, le conseguenze che questa transizione esercita sul funzionamento dell’economia e del welfare e, infine, le politiche pubbliche e le attività di ricerca INAPP in risposta alle sfide di questa transizione.

Di particolare interesse appaiono gli ultimi due nuclei tematici, rispetto a quanto già ampiamente discusso nelle audizioni precedenti. L’impatto che l’invecchiamento demografico della popolazione esercita sul funzionamento dell’economia e del welfare può essere esaminato da diversi punti di vista. Gli effetti sul mercato del lavoro includono riduzione della forza lavoro attiva, labour e skills shortages (ovvero, carenza di forza lavoro e di competenze) in settori strategici e un crescente disallineamento tra domanda e offerta di competenze. Si prevede che nei prossimi dieci anni il mercato del lavoro italiano sarà chiamato a fronteggiare un ricambio generazionale di portata straordinaria: oltre 6 milioni di occupati matureranno i requisiti pensionistici, a fronte di una popolazione giovanile numericamente insufficiente a garantirne la sostituzione. A questo squilibrio quantitativo si aggiunge un crescente disallineamento qualitativo: nel 2023 il 45% delle assunzioni è risultato di difficile copertura, con un tasso di labour shortage pari al 28%.

Inoltre, il progressivo “de-giovanimento” del mercato del lavoro rischia, infatti, di compromettere il trasferimento delle competenze e di ostacolare il completamento efficace delle transizioni digitale e verde, nel contesto della riorganizzazione delle filiere produttive legata ai nuovi equilibri internazionali. Parallelamente, i rischi connessi alla non autosufficienza risultano aggravati dai mutamenti nelle strutture familiari – crollo della nuzialità, instabilità coniugale, bassa fecondità e posticipo della genitorialità – tra le quali il 36,2% è oggi costituito da persone sole.

A completamento di questo quadro, il presidente Forlani ha sottolineato un punto critico non strettamente legato all’invecchiamento della popolazione, ma che rappresenta una problematica annosa del sistema economico italiano. Si tratta dello squilibrio di genere nella partecipazione attiva. Al 1° gennaio 2024 in Italia si contano oltre 7,8 milioni di donne inattive tra i 15 e i 64 anni, concentrate soprattutto nelle fasce 50-64 e 15-24 anni, con forti differenze territoriali: Campania e Lombardia superano da sole il milione, mentre nel Mezzogiorno prevalgono bassi livelli di istruzione e motivazioni legate alla cura familiare. Se studio e pensionamento spiegano l’inattività ai margini del ciclo di vita, nelle età centrali la causa principale resta la cura, aggravata dai divari territoriali nei servizi: al Sud la copertura per la prima infanzia è inferiore di dieci punti alla media nazionale e la spesa in welfare è un terzo di quella del Nord-Est.

Questi dati vengono analizzati da una prospettiva che, se non è da considerarsi originale, è perlomeno chiara nel suo intento. “Lo squilibrio fra le diverse coorti, attive e potenzialmente attive, e il progressivo restringimento della popolazione in età da lavoro – sostiene Forlani – stanno modificando sia gli equilibri sui quali poggia il patto generazionale alla base del Welfare State, sia il mix di profili e competenze presenti nel mercato del lavoro. La maggiore longevità lavorativa ci mostra inoltre una forza lavoro sempre più multigenerazionale e solleva il problema della sostenibilità dell’impegno professionale, anche in relazione all’eventuale difficoltà di effettuare transizioni a nuovi lavori, ove necessario o desiderabile”.

Ciò che viene proposto è di non considerare il fenomeno demografico soltanto come fonte di preoccupazione, ma di cogliere anche le opportunità e le condizioni di sviluppo che una diversa configurazione della popolazione può generare. In altri termini, occorre sviluppare una vera e propria “cultura dell’età”, come suggerisce la sociologa Guillemard, capace di contrastare gli stereotipi e di valorizzare le potenzialità che persino la silver economy può offrire al Paese. Si tratta di un cambio di prospettiva significativo, già accennato dal ministro Giorgetti ma che, in questa occasione, è stato amplificato e reso più esplicito.

Assumendo questa prospettiva di analisi, l’Italia non ha finora sviluppato un sistema coerente di politiche e strategie - di livello pubblico e/o predisposte dai datori di lavoro - che consenta di riconoscere un approccio efficace di age management. L’Italia ha prevalentemente risposto alle sfide demografiche attraverso: politiche pensionistiche; politiche attive (misure come il Programma GOL per la profilazione e l’aggiornamento/riqualificazione, e incentivi stabili per l’assunzione di lavoratori over 50 disoccupati e donne); politiche per le competenze; politiche passive e gestione delle ricorrenti situazioni di crisi aziendale. Tuttavia, nonostante l’ampiezza degli obiettivi delineati dagli assi strategici, è evidente come abbiano prevalso finalità politiche e misure di natura economica, quali sistemi di incentivi, schemi di pensionamento anticipato o strumenti di gestione collettiva delle crisi aziendali. Ne è derivato un orizzonte d’azione pubblico e datoriale piuttosto ristretto, collocato lungo un continuum che oscilla tra il semplice ricambio generazionale, il prolungamento della permanenza al lavoro a tutela della sostenibilità del sistema pensionistico e l’introduzione episodica di misure di anticipo pensionistico, rivelatesi spesso assai onerose dal punto di vista finanziario.


Per queste ragioni, l’INAPP auspica l’affermarsi di quello che definisce l’active ageing market, cioè di una visione dell’economia e della società connessa ad un approccio attivo all’invecchiamento caratterizzato dalla valorizzazione del ruolo delle persone anziane, sia in quanto consumatori che produttori di merci e servizi, accompagnata dall’utilizzo della tecnologia, quale strumento di supporto essenziale all’innovazione sociale. “Le caratteristiche essenziali di un tale approccio dovrebbero essere: un atteggiamento preventivo alla risoluzione delle problematiche, piuttosto che meramente reattivo; la focalizzazione sull’intera carriera lavorativa di tutti i gruppi di età e non solo dei lavoratori maturi; una visione appunto olistica, che consenta di gestire tutte le dimensioni utili ad un efficace management dell’età”.

In questo orizzonte, l’INAPP svolge attività di ricerca sull’invecchiamento attivo e sulla non autosufficienza, sperimentando strumenti di analisi delle politiche rispetto all’età, sviluppando indicatori per la sostenibilità lavorativa e collaborando all’elaborazione del Piano nazionale per l’invecchiamento attivo. Parallelamente analizza la spesa e i modelli di governance della Long-Term Care, con attenzione ai divari territoriali e alle riforme del PNRR, e studia l’impatto dell’intelligenza artificiale sul welfare. L’obiettivo generale è promuovere coesione intergenerazionale, valorizzare il ruolo degli anziani e assicurare politiche eque e sostenibili.

Il suggerimento del presidente, quindi, non è quello di adottare semplicemente politiche ad hoc o di sviluppare sofisticate strategie che permettano di tamponare situazioni critiche. Piuttosto, l’obiettivo dovrebbe essere quello di comprendere la direzione demografica ed economica, individuandone le potenzialità e le occasioni di sviluppo, per mettere in atto azioni globali di riforma economica, ma prima di tutto politica.

 

Approfondimento a cura di:

Carmine Marcacci, laureato in Filosofia e Forme del Sapere, dottorando in Economia Civile con la Borsa di studio "Economia Civile, Famiglia e Natalità" Lumsa-Cisf

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