28/07/2011
Ogni famiglia, in quanto gruppo sociale, possiede una sua dimensione politica che si esplicita nella distribuzione di potere fra i suoi componenti.
Fonte: FrancoAngeli
Tale distribuzione può assumere sia forme democratiche, nelle quali è presente una ripartizione del potere ugualitaria tra tutti i soggetti appartenenti al nucleo, sia forme dispotiche, nelle quali si riscontra una concentrazione massima di potere in un singolo individuo, in un singolo sesso, in un singolo ruolo. A forme di distribuzione del potere non democratiche individuabili all'interno di gruppi sociali e dunque anche nuclei familiari, si associano livelli elevati di conflitto che provocano alti livelli di stress e/o inducono così rapidi cambiamenti e trasformazioni, da comprometterne il benessere e la loro stessa esistenza. Tuttavia il conflitto, in quanto espressione di interessi diversi da parte dei membri di uno stesso gruppo, è una dimensione inevitabile delle associazioni umane. Ciò che distingue dunque le relazioni - familiari e non - non è tanto la presenza o assenza del conflitto, quanto piuttosto la modalità di espressione e di gestione di tale conflittualità. In tal senso, infatti, l'antagonismo relazionale si può tradurre in aggressione e violenza, ovvero prevaricazione, lesione della integrità e della libertà, oppure divenire occasione di crescita, di confronto, di mediazione e di negoziazione.
Il volume è frutto di un'indagine realizzata nella Provincia di Trento che ha avuto come oggetto quello di individuare, attraverso una rigorosa integrazione teorica, sia le variabili intervenienti nel contesto e nell'esperienza dei conflitti violenti in ambito di coppia, per accertare il loro eventuale ruolo predittivo del fenomeno in questione, sia i fattori protettivi che nelle dinamiche relazionali fanno optare per strategie negoziali a fronte di conflitti.