07/05/2013
È
ancora possibile essere «padre» in Occidente, dopo 40 anni spesi a
definirlo superfluo e a cancellarne la presenza (come nelle leggi
sull’aborto), o a renderla facoltativa (in quelle sul matrimonio e
l’educazione dei figli)?
Secondo l’Autore sì.
Perché oltre al padre
naturale, riconosciuto e bistrattato a seconda degli interessi del
potere, è sempre presente in noi la forza psicologica del Padre,
immagine archetipica, «risorsa personale cui l’essere umano da sempre si
rivolge con il pensiero e il sentimento quando la sua libertà è in
pericolo».
La mancanza di libertà è per Claudio Risé all’origine della
coazione a ripetere e quindi della malattia psichica, dalla quale
l’energia di vita del Padre guarisce e libera.
Egli è «il luogo
dell’altrove» che aiuta il figlio a crescere in autonomia, donandogli un
amore aperto al trascendente.
«Un libro coraggioso», rileva il filosofo Pietro Barcellona nella Prefazione,
«perché non solo propone la centralità della figura paterna nella
formazione della persona libera da ogni coazione a ripetere, ma anche
perché in controluce fornisce una diagnosi impietosa delle condizioni
mentali, individuali e collettive della nostra epoca, ...in cui i
giovani abitano una terra di nessuno dove non ci sono più leggi né
princìpi perché è venuta meno la riferibilità dei comportamenti a
modelli normativi umani maschili e femminili che possono strutturare
processi di trasformazione oltre il puro stadio pulsionale».