22/03/2014
Considerato
dagli psichiatri di tutto il mondo il testo imprescindibile di
riferimento, il DSM (Diagnostic and Statistical Manual), pubblicato
dalla American Psychiatric Association e tradotto in decine di lingue, è
la fonte primaria che definisce il limite tra ciò che è normale e ciò
che è patologico in relazione alla psiche. Passato attraverso quattro
edizioni, il manuale è giunto ora alla quinta stesura, il DSM-5, ma
questa volta la pubblicazione ha scatenato feroci e allarmanti
polemiche.
A capo dei critici più agguerriti si trova Allen Frances,
l’autore di questo libro, scienziato autorevole e psichiatra tra i più
apprezzati, che sa bene di cosa parla, dal momento che proprio lui aveva
diretto la redazione del precedente DSM-IV. Secondo la sua analisi,
precisa e convincente, la nuova edizione del manuale diagnostico rischia
di fare più male che bene. L’impostazione del volume allarga infatti a
tal punto lo spettro delle patologie psichiche da lasciare ben poco
spazio alla «normalità», che quasi scompare. Siamo tutti malati: un
regalo alle industrie degli psicofarmaci e una resa di fronte alla
crescente medicalizzazione della società, divenuta sempre meno capace di
gestire serenamente fenomeni comuni, che sono sempre esistiti, come il
lutto, l’invecchiamento o la naturale vivacità dei giovani. Si
moltiplicano invece le diagnosi di patologie per ogni comportamento,
perdendo in questo modo la visione pluralista dell’universo psichico e
forse condannando in futuro milioni di persone a cure non necessarie.
«Non medicalizziamo le differenze umane – ammonisce Allen Frances –
celebriamole».
Fonte: Bollati Boringhieri