Il desiderio di figli e medicina riproduttiva

La corretta informazione alle coppie … non solo clinica

06/09/2011

Le coppie che intraprendono il viaggio spesso lungo della procreazione assistita ricevono dai medici la corretta informazione clinica, sono informati su leggi e su prezzi, ma non sono altrettanto bene informati sui tempi e sullo stress psico-sociale che il percorso può comportare.

Ciò risulta da una ricerca dell’Università di Bochum in Germania,  che ha coinvolto più di 1500 pazienti (dei quali il 90 % donne), 230 clinici e 65 consulenti psicosociali.

Lo stato d’animo delle coppie oscilla fra estrema speranza e delusione profonda.
Fisicamente le cure ormonali, la fecondazione artificiale e il trasferimento d’embrione sono sopportabili ai più, ma più pesante è il peso emotivo che accompagna le varie fasi per il quale i pazienti non si sentono abbastanza preparati e accompagnati.

Secondo il prof Rauprich, direttore della ricerca il campione, che copre 16 centri di medicina riproduttiva, è sufficientemente grande per individuare lacune terapeutiche che si trovano soprattutto nella sfera emotiva.

I medici fanno bene quello che sanno fare bene: la clinica. Sono meno preparati nell’affrontare le emozioni legate ai problemi di sterilità, del resto la loro formazione in questa direzione è spesso scarsa.
E professionalmente difficile deludere il paziente, il dover ammettere di non essere riusciti nella cura significa anche per il clinico una ferita narcisistica.

Sia medici che consulenti psicosociali considerano le aspettative dei pazienti  spesso poco realistiche e eccessive,  ma faticano a consigliare alle coppie di mettere fine alle procedure mediche. I pazienti spesso non vogliono sentire parlare di interrompere e andrebbero in un altro centro.

Le nuove potenziali possibilità della medicina riproduttiva hanno reso più difficile accettare l’assenza di figli come destino.
Ma tuttora per gran parte delle coppie le varie cure non portano alla nascita e questo implica dover fare i conti con l’assenza di figli, un gravoso lutto per una parte di sé.

Secondo la ricerca in un terzo delle donne , ma anche in uomini, si verificano problemi emotivi più o meno gravi durante il trattamento.

 
Bisogna essere capaci di convivere con questi sentimenti di fallibilità.
Dopo 4 o  5 cicli  senza risultati si dovrebbe consigliare di smettere” dice Ulrich Hilland, presidente dei Centri di medicina riproduttiva in Germania. “ Si deve dall’inizio parlare di questo, essere espliciti che le procedure non garantiscono una gravidanza
La gravidanza e la nascita di un figlio sono successi, ma è un buon risultato anche quando una coppia può accettare che il loro desiderio di figli non può essere soddisfatto e che la coppia possa vivere in pace con ciò. La ferita rimane ma può essere lenita”.
Continuare ad oltranza fa sì che la ferita rimane aperta.

Il direttore della ricerca propone di alleggerire anche in Germania psicologicamente i percorsi di procreazione assistita con una sorte di accompagnamento psicosociale, prassi già di routine in Inghilterra.
Una breve consulenza psicologica obbligatoria all’inizio del percorso sarebbe utile, preparerebbe agli insuccessi e alla ragionevole interruzione delle cure se necessario.
In questi processi si dovrebbe lavorare anche su percorsi che prendono in considerazione genitorialità alternativa a un proprio figlio.

La ricerca è integralmente pubblicato sulla rivista: Human Reproduction, Sebtember 2011 
Fonte: Suddeutsche Zeitung, 23 agosto 2011

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