Allarme giovani

Oltre 2 milioni non studiano e non lavorano e sono a rischio esclusione. I “Neet”

26/05/2010

L'Italia ha il più alto numero di giovani che non lavorano e non studiano.
Lo denuncia l'Istat nel rapporto annuale presentato il 26 maggio.

Si chiamano Neet (Non in education, employment or training) e nel nostro paese sono oltre 2 milioni. Per questo, ha il primato europeo.

Hanno un'età fra i 15 e 29 anni (il 21,2% di questa fascia di età), per lo più maschi, e sono a rischio esclusione.

Il numero dei giovani Neet è molto cresciuto nel 2009, a causa della crisi economica: 126 mila in più, concentrati al nord (+85 mila) e al centro (+27 mila). Tuttavia il maggior numero, oltre un milione, si trova nel Mezzogiorno.

Fra i Neet si trovano anche laureati (21% della classe di età) e diplomati (20,2%). E' un fenomeno in crescita; nel 2007 (dati Ocse), l'Italia già registrava il 10,2% di Neet contro il 5,8% dell'Ue.

Chi sono i giovani Neet? Sono coloro che perdono il lavoro e quanto più dura questo stato di inattività tanto più hanno difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro.

Tra il primo trimestre del 2008 e lo stesso periodo del 2009 la probabilità di rimanere nella condizione di Neet è stata del 73,3% (l'anno precedente era il 68,6%), con valori più elevati per i maschi residenti al nord.

Alla più elevata permanenza nello stato di Neet si accompagna anche un incremento del flusso in entrata di questa condizione degli studenti non occupati (dal 19,9% al 21,4%) ed una diminuzione delle uscite verso l'occupazione.


Non più per scelta né per piacere, a casa con mamma e papà ma

I 'bamboccioni' lasciano il posto ai conviventi forzati con i genitori, costretti dai problemi economici. Nonostante le aspirazioni, i 30-34enni che rimangono in famiglia sono quasi triplicati dal 1983 (dall'11,8% al 28,9% del 2009).

Rilevante è anche la crescita dei 25-29enni, dal 34,5% al 59,2%. Nel complesso, i celibi e le nubili fra i 18 e 34 anni che vivono con i genitori sono passati dal 49% al 58,6%.

L'Istat afferma che in sei anni (dal 2003 al 2009) sono calati di ben nove punti i giovani (18-34 anni) che per scelta vogliono vivere nella casa dei genitori:
la prolungata convivenza dei figli con genitori dipende soprattutto da questioni economiche (40,2%) e dalla necessità di proseguire gli studi (34%); la scelta vera e propria arriva solo come terza battuta (31,4%), era la prima qualche anno fa.

In particolare, la percentuale di giovani che dichiara di voler uscire dalla famiglia di origine nei prossimi tre anni cresce dal 45,1% del 2003 al 51,9% del 2009, aumentando di più tra i 20-29 anni che tra i 30-34 anni.

Il calo è registrato soprattutto nelle zone più ricche del Paese (-16 punti nel nord-est e -13 nel nord-ovest), dove la propensione ad essere 'bamboccioni' era maggiormente segnata nel passato. Tra le motivazioni economiche, spiccano le difficoltà nel trovare casa (26,5%) e quella di trovare lavoro (21%).

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