In Europa, l’attività femminile è stata promossa fin dagli anni ’90 attraverso la Strategia Europea per l’occupazione (SEO).
Obiettivo delle Istituzioni Comunitarie è favorire l’occupazione femminile in tutte le fasi del ciclo di vita, ed in particolare nei momenti considerati “rischiosi”, che coincidono con l’arrivo dei figli.
Benché la partecipazione delle donne al mercato del lavoro sia fortemente aumentata nell’Unione Europea, importanti differenze tra paesi continuano a persistere.
Gli Stati dell’Europa del Nord sono caratterizzati infatti da alti tassi di occupazione femminile e da una fecondità che si mantiene elevata.
Al contrario, negli Stati dell’Europa del Sud,
bassi tassi di attività professionale femminile, si coniugano a bassi livelli di fecondità (OCDE, 2011).Una tale opposizione si riscontra ugualmente tra Francia e Italia.
Nel 2011, il tasso di occupazione delle
donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni è infatti del 65% in Francia, contro 50% in Italia. Sempre nel 2011, l’indicatore congiunturale di fecondità è di 2 figli per donna in Francia, mentre in Italia è di appena 1,4 (ISTAT, 2012).
Eppure questi due paesi sono relativamente simili in termini demografici: entrambi con una popolazione di circa 60 milioni di abitanti (considerando la sola Francia Metropolitana), e con una speranza di vita alla nascita comparabile.
Condividono inoltre aspetti culturali, quali la religione cattolica, e geografici, essendo uniti da 515 km di frontiera.
Anche l’organizzazione del mercato del lavoro sembra rispondere a una logica simile: relativamente rigido in entrambi i paesi, tuttavia in Italia protegge maggiormente i lavoratori che appartengono alle categorie “tipiche” (come l’industria).
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