Le politiche familiari in Francia: l’erba del vicino è davvero più verde

INED- Institut National Etudes Demographiques

03/06/2011

Il contributo delle politiche familiari allo stato di salute della fecondità francese è messo un’altra volta sotto i riflettori dell’attualità  da due pubblicazioni recenti.
La prima si riferisce al parere dell’Alto Consiglio per la Famiglia (nel quale l’INED ha uno statuto  consultivo), mentre la seconda è pubblicata dall’OCSE e presenta una valutazione comparativa sulle politiche di aiuto alle famiglie  e sugli effetti di queste politiche sulla fecondità, sulla conciliazione fra vita famigliare  e lavoro, e sulla lotta alla povertà.

Secondo la pubblicazione dell’OCSE , la Francia occupa una posizione favorevole rispetto a varie dimensioni della vita familiare e professionale:
- la fecondità, ormai vicina a 2,1 figli per donna in età feconda, è molto superiore alla media OCSE,  permettendo così la sostituzione delle generazioni;
- il tasso di occupazione delle donne nella fascia d’età compresa fra i 25 e 54 anni è del 76,6%, delle quali l’80 % lavora a tempo pieno; anche questo dato è superiore alla media OCSE;
- anche se c’è da segnalare un leggero aumento negli ultimi anni, la povertà infantile (l’8% dei minori fra 0 e 17 anni) è molto inferiore alla media Ocse (12,75%).

Questi risultati positivi sono il frutto di massicci investimenti a favore delle famiglie, investimenti  che coprono tutto il periodo dell’infanzia.

La Francia, infatti,  investe di più nell’infanzia e nell’adolescenza che non la maggioranza degli altri Paesi.

Nonostante questi risultati positivi, l’accesso al lavoro da parte delle donne dipende comunque molto dalla loro situazione familiare:
- la maggioranza delle madri francesi sembra potere conciliare lavoro e responsabilità familiare, poiché il 60 % delle madri con figli di meno di 17 anni lavora (dati 2007):  questo dato corrisponde alla media OCSE;
- ciononostante, le madri con un bambino di meno di tre anni hanno minori probabilità di essere impegnate professionalmente (il 53%, dato che corrisponde ancora alla media OCSE);
- in compenso, le madri di famiglie numerose, con tre o più figli, sono scarsamente impegnate in un lavoro professionale (il 38%);  questo dato è invece inferiore alla media OCSE, che è del 44%.

Tutto ciò fa pensare che la conciliazione fra famiglia e lavoro possa ancora essere migliorata.
L’Alto Consiglio per la Famiglia insiste particolarmente sullo sviluppo di ulteriori servizi per l'infanzia, necessari  per offrire alle famiglie più libertà di scelta.

L’ OCSE condivide questo parere, ma si spinge anche oltre suggerendo che una migliore conciliazione non potrà essere veramente raggiunta senza una ripartizione maggiormente egualitaria del lavoro domestico fra padri e madri.

Nei Paesi dove il tasso di occupazione delle donne è maggiore,  gli uomini partecipano in misura più significativa ai lavori di casa.

Una riforma dei congedi parentali potrebbe costituire uno stimolo in questa direzione, riservando a ciascun genitore un periodo di congedo non trasferibile al congiunto, e garantendo contemporaneamente una remunerazione più alta di quanto non faccia il sistema attuale. In questo modo, più padri potrebbero essere incoraggiati  ad utilizzare questo strumento.

Una riforma in questo senso, inoltre, proteggerebbe maggiormente le famiglie dalla povertà.

Infatti, le famiglie numerose oppure monogenitoriali spesso hanno un tenore di vita vicino o inferiore alla soglia di povertà proprio perché un genitore non lavora oppure è in congedo parentale.

 

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