La dignità ferita

Recensione della settimana: Jacopo Santambrogio

21/04/2014

Per Cicerone l'uomo, differenziandosi dal resto della natura in quanto “animale razionale”, acquista una sua dignità.

E l'uomo che si dedica alla vita pubblica ha una posizione di particolare dignità rispetto ad altri uomini. Ma è stato il cristianesimo a “rivoluzionare” il concetto di dignità umana nell'assunto che l'uomo “è immagine di Dio”.

Dunque l'uomo, sia in una visione laica che religiosa, è un essere dotato di dignità, in altri termini è persona. E fanno parte della comunità di persone anche quanti si ammalano di disturbi psichici.

Sono uomini come noi: sono persone come siamo noi.
Ed ecco l'affondo di Eugenio Borgna, primario emerito di Psichiatria dell'Ospedale Maggiore di Novara, sulle “diserzioni della psichiatria” nel contesto della Germania durante la seconda guerra mondiale. "Fra il 1940 e il 1941 venivano uccisi almeno settantamila pazienti che erano in ospedale psichiatrico da cinque anni, con diagnosi di schizofrenia “cronica”, o erano incapaci di svolgere un lavoro utile".

Se utilità e produttività sono assunti come criteri di discriminazione tra vita degna o non degna di essere vissuta, allora come oggi il “malato mentale”, la persona che vive -ad esempio- una esperienza schizofrenica che la rende improduttiva, può esser considerata meno degna di vivere di chi goda di buona salute psichica?

"Nel fare psichiatria, insomma, non ci si può non interrogare continuamente sulla immagine dell'uomo che è in noi, e sulle conseguenze che essa ha nel nostro modo di considerare la sofferenza dei pazienti: riguardandola come dotata di senso, o come inutile, e non più degna di essere vissuta".


Da qui infatti derivano le pratiche che uno psichiatra può scegliere (o non scegliere) di mettere in atto.

Se Kurt Schneider criticava l'elettroshock come tecnica propria di un imperialismo medico che a tutti i costi vuole sottrarre il paziente dai propri conflitti interiori, proseguendo sullo stesso giudizio che “non tutto ciò che aiuta è consentito”, Eugenio Borgna critica “le selvagge associazioni farmacologiche oggi dilaganti” che non tengono spesso conto della complessità dei fenomeni psicopatologici. Infatti "i sintomi, dotati di un qualche profondo significato per i pazienti, non sempre dovrebbero essere eliminati. Lo richiede il rispetto della dignità dei pazienti".

Una dignità che continua ad essere "crudelmente ferita, oggi, in Italia benchè la legge del 1978 consenta di fare la migliore delle psichiatrie possibili" con l'utilizzo della contenzione, la forma ricorrente di violazione dei diritti umani in psichiatria.

Riconoscendo la complessità del tema, continuamente dibattuto tra psichiatri e operatori favorevoli alla contenzione e quelli contrari, Eugenio Borgna, forte della sua esperienza di reparto a porte aperte e senza contenzioni all'Ospedale Maggiore di Novara, descrive in modo sferzante l'esperienza dell'esser contenuti a letto come "essere “legati” nella cancellazione di ogni possibile scheggia di libertà, e nella prigionia di una radicale solitudine sociale".

Una soluzione -clinica?- che deriverebbe "da un clima di indifferenza e rassegnazione, di sbrigatività e perdita di speranza in chi cura, che rende difficile ascoltare i pazient".

Per il Professor Borgna, essendo l'oggetto di cura della psichiatria una malattia non-solo biologica (è anche malattia dell'anima) lo psichiatra deve puntare a mete ideali che nutrano la sua sensibilità e la sua grazia, la sua intuizione e la sua solidarietà, la sua immaginazione e la sua speranza.

Recensione di

Jacopo Santambrogio

Scuola di Specializzazione in Psichiatria

Università degli Studi di Milano-Bicocca

 

Borgna Eugenio, La dignità ferita, Feltrinelli, 2013, pp. 225


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