La negazione del diritto alla famiglia

In breve i dati rapporto sulla povertà in Italia, Caritas/ Fondazione Zancan

17/10/2011

“Povertà non significa solo deprivazione economica, ma anche negazione di diritti fondamentali. Il diritto alla famiglia, al lavoro, alla salute, all’alimentazione sono i primi a essere violati”.

Qui riportiamo in sintesi alcuni dati presentati oggi e pubblicati nel rapporto Caritas-Fondazione Zancan, dal titolo Poveri di diritti (Il Mulino).

La povertà dal 2009 al 2010in Italia è aumentata: dal 13,10% al 13,18%. E cresciuto anche il numero di famiglie povere: dal 10, 8% al 11%. Ma, segnala Tiziano Vecchiato della Fondazione Zancan,  i dati sottovalutano la situazione reale del paese: l’attuale metodo di rilevazione dovrebbe integrarsi con sensori più sensibili. Abbassando la linea di povertà relativa molte persone e famiglie, infatti, non rientrano nei parametri previsti, nonostante la loro condizione economica non sia cambiata.

La povertà nelle famiglie numerose, di 5 o più componenti,  è cresciuta dal 24,9% al 29,9%, un dato che nel Sud arriva al 47, 3%. Fra le categorie a rischio vi sono le famiglie monogenitoriali  (dall’11,8% al 14,1%)  e le famiglie pensionati in cui almeno un componente non ha mai lavorato.
Povertà aumentata anche tra le famiglie che hanno come persona di riferimento un lavoratore autonomo (dal 6,2% al 7,8%) o con un titolo di studio medio-alto (dal 4,8% al 5,6%).
Il presidente della Fondazione Zancan sintetizza: “Le famiglie stanno pagando un prezzo alto, quindi non sono incentivate a fare figli e le ripercussioni a livello demografico saranno pesanti. È la negazione del diritto alla famiglia”.

Negazione anche del diritto al lavoro: in Italia ha un lavoro regolarmente retribuito il 56,9% dei cittadini tra i 19 e i 64 anni, una percentuale tra le più basse dell’Occidente.
Tre categorie sono particolarmente vulnerabili i giovani (occupazione a -8% nel 2009 e -5,3% nel 2010); le donne (in Italia lavora solo il 47%); i disabili (nel 2008 hanno fatto domanda di assunzione 99.515 disabili e nel 2009 83.148, ma gli avviamenti al lavoro sono stati rispettivamente 28.306 e 20.830).

La povertà si traduce nel numero di persone che bussano alle porte dei centri d’ascolto e degli altri servizi  della Caritas. Gli ultimi anni hanno visto un aumento del 19,8% di richieste, secondo quanto rilevato dal campione di 195 centri di ascolto in 15 regioni. L’aumento più elevato si registra nel Sud Italia (+69,3%), mentre nel Nordest il trend è più contenuto (+3,8%).

Si registra un notevole aumento degli italiani (+42,5% rispetto al 2007) e la comparsa di “nuovi poveri”: “Si tratta di persone che risiedono in una dimora stabile, sono in possesso di un lavoro e vivono all’interno di un nucleo familiare” si spiega nel rapporto, ma che comunque non ce la fanno a tirare la fine del mese. La presenza di queste persone è aumentata del 13,8% in quattro anni, con significative differenze nelle diverse aree italiane. Nel Sud l’aumento registrato è del 74%.
 
A spingere le persone verso la Caritas sono perlopiù problemi di povertà economica, seguiti dai problemi di occupazione. Forte è anche l’emergenza abitativa: tra chi si rivolge alle Caritas, uno su quattro ha gravi problemi abitativi.

Mentre nel 2004 il 75% dei problemi si riferiva a bisogni di carattere primario e strutturale (bisogni abitativi, alimentari, economici, sanitari ecc.), 6 anni dopo tale valore raggiunge l’81,9%.

La crisi ha prodotto inoltre un notevole incremento dei fenomeni di sottoccupazione e lavoro nero, aggravando una serie di aspetti negativi della flessibilità del lavoro. L’aumento di questi fenomeni è evidente in certi settori (come l’assistenza agli anziani), e colpisce in prevalenza determinati target sociali, particolarmente vulnerabili, come gli immigrati, le donne, i diversamente abili.

Le nuove situazioni di povertà che incontrano i centri d’ascolto Caritas riguardano interi nuclei familiari. “Tutti i membri della famiglia si trovano a vivere, in modi diversi, una condizione di stress e di sofferenza, anche se le donne e soprattutto i giovani pagano il prezzo più alto”.
Le nuove povertà giovanili sono la vera emergenza degli ultimi tempi: il 20% delle persone che si rivolgono ai Centri di ascolto in Italia ha meno di 35 anni. Nell’arco di un  quinquennio, dal 2005 al 2010, il numero di giovani è aumentato del 59,6%. In larga parte (76,1%) si tratta di persone che non studiano e non lavorano (nel 2005, la quota degli under35 nella stessa condizione era inferiore di 6 punti percentuali).
 
Gli stranieri sono il 70% del totale. Sono le vittime della crisi economica, che ha causato gravi situazioni di impoverimento, di ripensamento dei progetti migratori, di rottura e separazione dei nuclei, di crescente conflittualità familiare e intergenerazionale. Dall’esperienza degli operatori Caritas coinvolti nella rilevazione emerge una situazione di forte disagio per gli stranieri soli, di sesso maschile, di età compresa tra 25 e 44 anni. In generale, la componente immigrata manifesta soprattutto problemi occupazionali (66,4%) e povertà economica (62,5%). Sono però rilevanti anche i problemi abitativi (24,7%, contro il 21,6% degli italiani). Non mancano, infine, problemi legati al percorso migratorio, in particolare relativi alla condizione giuridica (11,3%) e alle difficoltà con la lingua italiana (12,0%). La povertà si diffonde anche nei contesti di vecchia immigrazione, in particolare tra le famiglie che sono riuscite nel ricongiungimento.

Fonte: Redattore Sociale

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