Adolescenti, Religiosità, Educazione

Un’indagine empirica nella città di Enna. Tesi in breve di Domenica M. Zoda. La tesi ha vinto il primo premio Elisa Santolini 2012 in ambito teologico.

20/12/2013

Abstract: Per un convinto interesse personale si è deciso di indagare un tema considerato un tabù dalla società odierna: “La religiosità degli adolescenti e la sua educabilità”. Il tema chiama in causa il delicato ruolo educativo che i genitori possono assolvere o non assolvere in tale ambito. Guidati da tale consapevolezza, si è cercato, innanzitutto, di rilevare con un questionario strutturato le idee e gli atteggiamenti degli adolescenti ennesi rispetto alla religione, per poi comprendere più in profondità il ruolo della famiglia nell’educazione religiosa.
Il questionario ha offerto riflessioni e risultati interessanti, ha trasferito dati importanti dai quali emerge la consapevolezza che ogni persona nasce con scritto nel suo essere il bisogno di trovare senso, ragioni di vita e l’educazione è il cammino per trovarle, viverle e sperimentarle.

 

La tesi ha avuto il primo premio Elisa Santolini 2012 in ambito teologico.

Domenica Maria Zoda

Relatore: Alessandro Di Vita
Anno accademico: 2010-2011

Laurea in Scienze dell’Educazione, Facoltà di Psicologia e Scienze della Formazione
Università degli Studi di Enna “Kore”

Domenica Zoda

Adolescenti e religiosità

Questo lavoro ha analizzato il fenomeno adolescenziale facendo riferimento alla società odierna, società spesso incapace di dare punti di riferimento affidabili, dove gli adolescenti fanno sempre più fatica a dare un senso profondo all'esistenza.
Sommersi dall'immagine, dall'apparenza, dallo spettacolo televisivo, afferrati solo da ciò che fa sensazione a fior di pelle, incatenati a guardare ciò che succede fuori, gli adolescenti non trovano più interessante capire ciò che succede dentro di loro.
La società odierna la si può considerare assomigliante ad un gigantesco supermarket, la società dei consumatori in balia dei desideri, in cui ognuno va a prendere quello che gli serve.
Tale società contemporanea avvicina gli adolescenti a frutti deliziosi ai loro occhi e alle loro labbra, ma poi glieli sottrae prima ancora che essi abbiano tempo di goderli davvero, perché subito gliene presenta altri nuovi e più desiderabili.
Gli adolescenti non riescono così a mangiare tali frutti perché costretti ad assaggiare tutto, senza poter assaporare veramente qualcosa in profondità.
Sembra quasi che la società tenda ad edificare la vita degli adolescenti su macerie di desideri che muoiono appena appagati.
Un esempio significativo è quello della moda. Questa riempie le case di veri cadaveri, ovvero, di oggetti desiderati e goduti per breve tempo, anche per qualche attimo, che giacciono per sempre nei  cassetti, negli armadi e nelle cantine.
La fame di appagamento di desideri degli adolescenti è una fame che non si lascia facilmente acquietare, è insaziabile, e a lungo andare si ribella a tutti i piccoli nutrimenti che riceve.
La società contemporanea è una società di sazi sempre affamati, sempre desiderosi di consumare mille beni, ma nulla li può veramente saziare. Una società di obesi, così come la definirebbe G. Gaber.
L'obeso è il titolo di una delle sue canzoni, ed è qui che afferma:
«L'obeso siamo tutti, magri e grassi. [...] l'obeso mangia idee, mangia opinioni, computer, cellulari, dibattiti, [...] mangia soldi e sentimenti. [...] L'obeso è ormai un destino  senza scampo, è la follia del nostro tempo, è il simbolo del mondo, è un futuro che è sempre più presente. L'obeso mangia il mondo come noi, senza vomitarlo mai. L'obeso è un segreto di un gonfiarsi disumano».
La canzone di Gaber è utile, in quanto ci offre una panoramica della nostra società.
La saggezza non è diventare anoressici, ma più semplicemente non ingombrare l'anima, così da iniziare ad  assaporare realmente qualcosa.
Il dramma, dunque, di tale società è non riuscire più a dare punti di riferimento capaci di orientare la vita individuale e sociale degli adolescenti; essa sta producendo una generazione che rischia di perdere la propria coscienza interiore e dunque rischia di perdere di vista le domande di senso fondamentali.
Il caleidoscopio di messaggi, di desideri che dominano la società, finisce per travolgere gli adolescenti, determinando in loro solo una grande confusione.

Sopraffatti da un eccessivo consumismo e da un circuito ossessivo di bisogni, gli adolescenti di oggi hanno lo sguardo appannato dall’invasività di un mondo di apparenze e di prospettive distorte.
A fronte di tale situazione, questi adolescenti non sono più in grado di capire dove sono diretti, non sanno dove vanno, né tanto meno hanno idea di come andare. Sono smarriti e naufragano in un mare di incertezze. Sono state date loro diverse raccomandazione su come crescere sani, belli e forti, ma non è stato insegnato loro a leggere la propria coscienza interiore. In questo modo rischiano di perdere di vista le domande di senso fondamentali.

Gli adolescenti hanno sete di significato, sete che può essere placata solo grazie a un’autentica educazione che aiuti a penetrare il senso della realtà, ovvero grazie all'educazione al senso religioso.
I principali promotori di questa educazione sono i genitori: questi possono educare i figli a fare scelte responsabili, offrendo punti di riferimento affidabili e trasmettendo ciò che costituisce il senso profondo della propria esistenza.

Educazione al senso religioso

L'educazione al senso religioso è un elemento costitutivo della vita dell'uomo e non un elemento aggiunto o superfluo.
Educare al senso religioso significa dare un significato, una direzione, dare un nome alle proprie esperienze ed esigenze, azioni e relazioni, entro un ordine più vasto che orienta il progetto del vivere e aiuta la valutazione dell'agire. Significa dare una provenienza e un'appartenenza.

Rifiutarsi di educare al senso religioso significa impedire all’adolescente di vivere intensamente la sua umanità, l’intera ricchezza della sua vita; significa di fatto consegnare senza difesa i propri figli alla pressione delle illusioni, dei miti, delle falsificazioni con cui da ogni parte il circo mediatico della società consumistica li assedia.

 

È possibile ancora oggi educare al senso religioso? Come si fa?
Educare oggi si può!

È senz'altro un'arte difficile, ma non impossibile.

Il luogo originario entro il quale si manifesta tale educazione è la famiglia, attraverso la relazione genitore-figlio.
La famiglia è il cuore dell’identità del figlio, è la prima e la principale responsabile dell’educazione.

Non è una aggregazione casuale di persone, ma è una comunità chiamata a vivere in comunione, in cui si colloca la radice più intima della generazione alla vita, all’amore e al senso religioso.





Educare al senso religioso è un lavoro complesso e delicato che non può essere improvvisato, ma richiede pazienza, gradualità e impegno nel tempo. È come una sorta di missione e come tale deve avere la sua molla propulsiva in una spinta interiore, in una passione totalizzante.

Molti si chiederanno come si fa ad educare al senso religioso. Per rispondere a tale domanda bisogna avere consapevolezza che «educa solo chi è capace di dare ragione della speranza che lo anima ed è sospinto dal desiderio di trasmetterla».

Per educare, dunque, al senso religioso non esistono ricette prefabbricate. Non si tratta di insegnare teorie, regole di vita. Si tratta di far trasparire nella propria vita familiare la bellezza di un ordine, di un senso definitivo.
Nessun testo e nessuna teoria, per quanto illuminanti, potranno sostituire la coerenza della vita e il coinvolgimento personale del genitore.
L'educazione al senso religioso, pertanto, non può risolversi in una didattica, in un insieme di tecniche e nemmeno nella trasmissione di principi aridi, ma educare è testimoniare con la vita ciò che si crede, è comunicare il proprio essere.
Nell'opera educativa emerge, dunque, con evidenza il ruolo primario della testimonianza e dell'esempio di vita dei genitori.
Questi non devono preoccuparsi tanto di dire o di fare, ma di essere. I genitori parlano più con la loro vita che con le labbra, più con i loro comportamenti che con le loro prediche.
Come diceva Seneca, «lunga la strada dei precetti, breve ed efficace quella degli esempi».

Occorre educare al senso religioso sin dall’infanzia poiché questa età lascia un’impronta indelebile, inobliabile, che caratterizzerà tutta la vita.


Scopo della ricerca

Il presente lavoro nasce dall'intento di condurre una ricerca empirica volta ad individuare l’esistenza o meno di una correlazione tra il sentimento religioso degli adolescenti e il ruolo educativo che i genitori possono assolvere nella formazione di questo sentimento, al quale si associano le opinioni personali circa la religione e la possibile pratica religiosa.

Nasce anche da un convinto interesse personale per la religione.
Con questo lavoro ho infatti tentato di colmare un vuoto, constatando che raramente si parla di religiosità.
Anche se siamo nella società della comunicazione, quello della religiosità sembra essere un tema spesso relegato nelle coscienze delle singole persone.
Le innumerevoli parole utilizzate in primo luogo dai media audiovisivi, quali la tv, non sono sempre in grado di comunicare un senso autentico all'esistere e al vivere.
L’intenzione della ricerca non è prioritariamente cogliere e ricavare dichiarazioni esclusivamente sugli atteggiamenti e sulle credenze dei giovani, ma indagare come i vari contesti familiari di vita degli adolescenti influenzano le scelte personali di questi, in particolare quelle riguardanti la religione.

 

 

Destinatari e strumento utilizzato

La ricerca in questione altro non è che un’indagine quanto-qualitativa, che ha richiesto la somministrazione di un questionario strutturato.
Quest’ultimo è uno degli strumenti di ricerca maggiormente utilizzati.
Viene definito come il ponte, ovvero la fonte di intermediazione tra l’organizzatore della ricerca e l’intervistato, dunque tra chi desidera sapere qualcosa e chi è in grado di fornire questa risposta.
Il questionario strutturato, costituito da 27 domande, 23 a risposta chiusa e 4 a risposta aperta, è stato accuratamente collaudato e adattato a un campione rappresentativo della popolazione statistica costituita dagli adolescenti residenti nella provincia di Enna.
La ricerca, infatti, ha individuato un target giovanile definito, 231 adolescenti frequentanti le classi terze, quarte e quinte del Liceo Scientifico Statale "Pietro Farinato" di Enna.
L'indagine, attraverso la somministrazione del questionario, ha inteso dare una risposta ai seguenti interrogativi: Come viene vissuta l'esperienza religiosa dai giovani siciliani, in questa società moderna che propone una molteplicità di stili di vita alternativi che concedono poco spazio alla dimensione soprannaturale? Quali sono le scelte che gli adolescenti fanno a proposito della religione? Quale ruolo ricopre la famiglia nell'educazione religiosa? L'esempio e la testimonianza dei genitori quanto incide sulle credenze religiose dei figli?

In particolare, a tali interrogativi si è cercato di rispondere attraverso l'esplorazione di cinque aree tematiche:
1. Dati socio-anagrafici
2. Atteggiamenti nei confronti della religione
3. Partecipazione e pratica
4. Soddisfazione della vita e valori
5. Il ruolo della famiglia nell'educazione religiosa.

Raccolta dei dati e risultati

L'indagine ha permesso di raccogliere una mole consistente di dati, ha offerto riflessioni e risultati interessanti ai fini dell'analisi.
In sintesi, dall’indagine emerge come la famiglia sia il valore più importante nella vita di un adolescente, il principale punto di riferimento, il luogo ideale di realizzazione delle proprie aspirazioni.
La famiglia ha una sua centralità; la percentuale di coloro che la ritengono un valore importante all’interno della propria esperienza di vita è molto elevata, si aggira intorno al 90%, ovvero 208 adolescenti.
Ancora i dati inducono a ritenere come nel loro complesso gli adolescenti valorizzino in particolare la sfera delle relazioni familiari. Tutti gli adolescenti intervistati, infatti, vale a dire 231, hanno dichiarato di aver appreso i valori importanti nella vita in particolare dai genitori e da quelle persone che sono state loro vicine durante l'infanzia, ovvero i nonni.
Ciò conferma sempre più la centralità della sfera delle relazioni primarie nella vita degli intervistati.
Centralità che può essere ulteriormente confermata dalle risposte date dagli adolescenti alla seguente domanda: «Quale figura emerge come maggiormente significativa per la maturazione della tua attuale posizione rispetto alla religione?».
Dall'analisi dei dati scopriamo, dunque, che nel 75% dei casi sono proprio i familiari ad avere il ruolo più importante nella struttura della posizione individuale rispetto alla questione religiosa.
Il rapporto tra giovani e religione passa, dunque, in misura considerevole attraverso la famiglia di origine, tramite il suo esempio di vita e la sua testimonianza di valori, per poi proseguire con le agenzie religiose tradizionali che strutturano e rafforzano un orientamento religioso già radicato.

Conclusioni

I comportamenti personali assunti dal genitore nella normalità del vivere quotidiano hanno un'immensa importanza, perché sono capaci di proporre modelli valoriali e orientare le scelte di coloro che vivono nel nucleo familiare: i figli.
Un errore che il genitore può commettere è voler inculcare l'educazione religiosa con la forza del dovere e del castigo. Questa è pura insipienza educativa.
In questo caso non si fa altro che stimolare l'adolescente alla ribellione mettendo le tristi basi per il fallimento religioso.
Ogni valore proposto dai genitori al figlio deve assumere nella coscienza di questo, ora più che mai, la forma di un valore personale.
Ciò che apre le porte ad un rapporto di educazione è la credibilità del genitore. Quest'ultimo è credibile se dà esempi concreti e si propone come garanzia prossima di verità.
I genitori devono essere consapevoli che i figli, in qualsiasi aspetto, e non solo in quello religioso, li guardano, li osservano.
I figli rivolgono la loro maggiore attenzione ai loro atteggiamenti. È a quest'ultimi che si ispirano e li seguono. Più che le parole sono i gesti e gli atteggiamenti che educano e che lasciano un segno.
Ora se non esiste coerenza tra il dire dei genitori e il loro fare, le parole che essi pronunciano assumono, agli occhi degli adolescenti, i connotati della menzogna.
Dire e fare: questo è il giusto binomio. La migliore testimonianza è, dunque, la coerenza tra la parola e il gesto.
«La testimonianza è la forma più immediata dell'educazione ed è lo stile di chi decide l'uso che vuol fare della vita di cui dispone e le tracce che vuole imprimere o lasciare in colui con il quale si relaziona».
La famiglia può comunicare tali valori autentici di vita, semplicemente con e nella sua storia di amore. L'amore è il compimento della relazione, è sorgente e anima dell'educazione dei figli. Amandosi tra di loro, i coniugi non fanno altro che educare i figli all'amore autentico, al mutuo aiuto.

Essi educano con la testimonianza del loro sereno amore, con l'esempio di una vita autentica, con la costante disponibilità al dialogo, con gesti di carità e di perdono, di sensibilità e di solidarietà e con proposte di riflessione e di preghiera.
Una volta che il figlio avrà respirato in famiglia una tale ricchezza umana di amore e valori autentici, non potrà più farne a meno, e non potrà che trasmetterne a sua volta il senso e la bellezza.
Così come diceva Orazio: «Una volta che un'anfora nuova sia impregnata di un odore, lo conserverà a lungo»

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