Famiglia e comportamento alimentare

Relazione tra tipologia di funzionamento familiare e comportamento alimentare. Tesi in breve di Chiara Bottone

23/04/2013

Tesi di Chiara Bottone
Relatore: Mimma Tafà
Correlatore: Gennaro Accurcio

Anno Accademico 2010-2011
Facoltà: Psicologia dinamico clinica per l'Infanzia, Adolescenza e Famiglia
Università degli Studi Sapienza, Roma

Chiara Bottone

 



Introduzione

Fin dalle prime osservazioni e dai primi studi nell’ambito sistemico-relazionale, il comportamento alimentare, soprattutto nei suoi aspetti psicopatologici, è stato messo in relazione alle dinamiche familiari del paziente (Selvini Palazzoli, 1963; Selvini Palazzoli, Boscolo, Checchin, Prata, 1975; Selvini Palazzoli, Cirillo, Selvini, Sorrentino, 1988; Selvini Palazzoli, 1997; Selvini Palazzoli, Cirillo, Selvini, Sorrentino, 1998; Selvini Palazzoli, 2006; Minuchin, 1980).
Poiché, in ottica sistemica, il sintomo di un membro è considerato come l’espressione del disagio dell’intera famiglia, si è posta molta attenzione allo studio del suo funzionamento e di aspetti quali la chiarezza dei confini intergenerazionali, l’organizzazione e la comunicazione al suo interno (Minuchin, 1980).
Olson (1995; 2000; Olson & Gorall, 2006; Olson, 2011) con il Modello Circonflesso dei Sistemi Coniugali e Familiari, ha offerto un importante contributo allo studio del Funzionamento Familiare: tale modello ha come cornice di riferimento lo schema del Ciclo Vitale di Mc Goldrick e Carter (1980).
Secondo le autrici, la famiglia comprende l’intero sistema emozionale di almeno tre generazioni (genitori, figli e nonni). Il modello di sviluppo normale della famiglia si svolge su due assi: verticale e orizzontale. Il primo riguarda la trasmissione dei modelli di relazione e di funzionamento di generazione in generazione e comprende tutti quegli atteggiamenti, tabù, aspettative credenze e pregiudizi all’interno dei quali, l’individuo cresce ed è educato.
L’asse orizzontale indica i momenti di tensione prodotta dagli stress sulla famiglia, quando affronta i cambiamenti e le transizioni del Ciclo di Vita familiare nel tempo: può trattarsi di eventi critici normativi, ossia prevedibili e connessi ai normali processi di sviluppo, o di eventi critici paranormativi, che interrompono in maniera imprevedibile il normale processo del Ciclo di Vita (ad esempio la morte prematura di un membro, una malattia cronica ecc...). Entrambi gli eventi richiedono una riorganizzazione della struttura e delle relazioni, all’interno del sistema, affinché la famiglia possa riprendere il processo di sviluppo e soddisfare le esigenze evolutive dei singoli (Tafà, 2007a).  Il modello prevede sei fasi evolutive, contraddistinte ognuna da un evento critico normativo, che impone al sistema familiare una serie di compiti di sviluppo. Ad ogni tappa, almeno tre generazioni si trovano a dover cambiare simultaneamente e adattarsi alle transizioni del Ciclo di Vita.
Sulla base di questo modello, è stato creato uno strumento, il FACES (Family Adaptability and Choesion Evalutation Scale), che indagando le variabili Coesione e Adattabilità, così come percepite dai membri della famiglia, permette di  individuare differenti tipologie di funzionamento familiare (ibidem). Nello specifico, con la Coesione, il Modello descrive il vincolo emozionale che unisce ciascun membro della famiglia all’altro: si fa così riferimento alla dimensione affettiva, ai confini ed alle coalizioni tra i componenti; l’ Adattabilità è invece descrive l’aspetto normativo del Modello ossia la qualità e l’espressione della leadership e dell’organizzazione, dei ruoli e delle regole di relazione e negoziazione.
La principale ipotesi su cui si basa il Modello Circonflesso riconducibile al FACES (Olson & Gorall, 2006, Olson, 2011) è che livelli bilanciati di Coesione e Adattabilità, siano espressione di un funzionamento familiare sano, mentre i livelli non bilanciati di Coesione e Adattabilità (con valori estremi: da molto basso a molto alto) siano associabili a un funzionamento familiare problematico.
Questo, nel presupposto che i sistemi, debbano bilanciare i livelli di distanza e vicinanza in relazione alla Coesione, nonché i livelli di stabilità e cambiamento in relazione all’Adattabilità, per essere regolati da confini flessibili, avere elasticità nei ruoli, chiarezza tra i livelli generazionali, condivisione della leadership ed equilibrio tra i sentimenti di appartenenza e di individuazione (Tafà, 2007b). 
Al contrario, le famiglie che si collocano agli estremi delle due variabili, si caratterizzano per un funzionamento che può comportare molteplici difficoltà ad adattarsi alle diverse situazioni del loro Ciclo di Vita (ibidem).
Inoltre, un’altra ipotesi maturata dagli autori è che per affrontare gli stress ed i cambiamenti evolutivi, le famiglie debbano modificare i propri livelli di Coesione ed Adattabilità.
Il concetto di funzionamento normale è quindi il risultato di un equilibrio dinamico, ossia di una capacità del sistema di sperimentare un repertorio vario di schemi di relazione e modalità di funzionamento, in sintonia alle esigenze evolutive dei membri.

Risulta perciò utile studiare il funzionamento familiare in una fase del Ciclo di Vita come l’Adolescenza dei figli, che impone una ristrutturazione delle relazioni familiari.
Affinché sia possibile ciò, è necessario che la famiglia sia sufficientemente flessibile da permettere le trasformazioni, mettere in crisi la vecchia organizzazione dei ruoli, consentendo all’adolescente di individuarsi, separandosi progressivamente dalla famiglia, senza però perdere il legame, il senso d’identità ed appartenenza. Il sistema familiare deve essere in grado di compiere un processo evolutivo analogo e contemporaneo a quello in cui è impegnato il figlio. Infatti, in accordo con le teorie sistemico-relazionali si riconosce come la famiglia, in questa fase, sia caratterizzata da un processo di co-evoluzione: genitori e adolescenti sono impegnati insieme in una sfida evolutiva, con differenti ruoli, il cui scopo principale è quello di permettere alla nuova generazione di crescere attraverso la trasformazione dei legami intergenerazionali. La crescita dell’adolescente e la crescita del corpo familiare sono pertanto interdipendenti: l’una, non può avvenire, senza l’altra (Tafà, Baiocco, 2009).

La ricerca

La ricerca oggetto della tesi, si inserisce in questo ambito di studi, indagando la relazione tra la tipologia di Funzionamento Familiare e le condotte alimentari a rischio in adolescenza. Nello specifico si è indagato il Funzionamento Familiare attraverso la somministrazione della quarta e ultima versione del FACES (Olson & Gorall, 2006; Olson, 2011); mentre si è indagato il rischio di Disturbo dell’Alimentazione attraverso lo strumento self-report EDI-3 (Eating Disorder Inventory) (Garner, 2004), comunemente utilizzato per l’autovalutazione dei sintomi associati all’Anoressia e alla Bulimia Nervosa.

 

Il campione esaminato nella Tesi, non è di tipo clinico, è stato infatti scelto nelle scuole italiane e composto da 737 adolescenti (di cui 510 maschi e 227 femmine). I soggetti hanno età compresa tra i 14 e 20 anni e tutti conviventi con i propri genitori.
Tale campione fa parte di quello più numeroso che ha partecipato a un progetto di ricerca più ampio (Baiocco, Laghi, Cacioppo & Tafà, 2011), il quale ha avuto come scopo principale quello di fornire un contributo alla validazione italiana dello strumento FACES IV (Olson & Gorall, 2006; Olson, 2011). Tale studio è stato condotto somministrando una batteria di strumenti ad un campione normativo di adolescenti (1416 soggetti).
La ricerca ha considerato l’analisi statistica dei dati raccolti, per studiare ed eventualmente evidenziare la relazione tra i punteggi ottenuti alle scale del FACES IV ed i punteggi delle scale di Rischio di Disturbo Alimentare dell’EDI-3.
L’utilizzo della versione IV del FACES costituisce l’originalità della ricerca, che connette il Funzionamento Familiare, così come percepito dall’adolescente e misurato dallo strumento ed il comportamento alimentare, la percezione del corpo e la presenza di un eventuale rischio di Disturbo dell’Alimentazione. Il lavoro di Tesi rappresenta dunque una descrizione innovativa della quarta versione dello strumento.
Una delle principali novità apportate al FACES rispetto alla precedente versione, consiste nella suddivisione degli item in due scale Bilanciate (Coesione e Adattabilità) e quattro Non Bilanciate (Invischiato/Disimpegnato e Rigido/Caotico), aspetto che permette una migliore valutazione del Funzionamento Familiare agli estremi delle due dimensioni; inoltre la versione IV comprende due ulteriori scale che misurano la qualità della Comunicazione e la Soddisfazione percepita dal soggetto.
Per una migliore comprensione delle ipotesi e dei risultati della ricerca, vengono di seguito descritte brevemente le tipologie familiari individuate dal FACES IV: le famiglie vengono dette Bilanciate quando i soggetti percepiscono livelli adeguati di Coesione ed Adattabilità e sono quelle che il Modello ipotizza avere funzionamento familiare sano; le famiglie Non Bilanciate sono quelle in cui i soggetti percepiscono livelli estremi rispetto alle due variabili: esse hanno un funzionamento Invischiato quando i soggetti riportano un’eccessiva vicinanza e dipendenza tra i membri, che in alcune fasi del Ciclo Vitale può ostacolare le autonomie individuali; al contrario, le famiglie Disimpegnate sono quelle in cui i soggetti percepiscono i loro familiari, come poco presenti e con una scarsa vicinanza emotiva; ancora, le famiglie vengono dette Rigide quando i soggetti percepiscono una forte resistenza ai cambiamenti ed un’elevata chiusura emotiva;  le famiglie Caotiche sono invece caratterizzate da un’eccessiva flessibilità e dalla mancanza di regole ed organizzazione.

Ipotesi

L’esistenza di una relazione tra il Funzionamento Familiare e disturbi del comportamento alimentare, è stata messa in evidenza sin dai primi studi clinici dei pionieri della terapia familiare (Minuchin, 1980; Selvini Palazzoli, 1998), e supportata in parallelo, anche dagli studi empirici che hanno utilizzato il FACES (Waller, Slade, Calam, 1990; Lundhom, Waters, 1991; Eisler, Dare, Hodes, Russel, Dodge, Le Gramge, 2005; Franko, Thompson, Affenito, Barton, Striegel-Moore, 2008; Cromley, Neumark-Sztainer, Story, Boutelle, 2010).
L’ipotesi generale da cui parte la ricerca è che esista una connessione tra il Funzionamento Familiare percepito e la presenza di condotte a rischio in adolescenza. In particolare, ci si aspetta che gli adolescenti che percepiscono le proprie famiglie come disfunzionali, registrando alti punteggi alle scale Non Bilanciate (Funzionamento Invischiato, Disimpegnato, Rigido e Caotico), siano quelle, dove l’adolescente avverte un maggior disagio, che può esprimersi attraverso comportamenti sintomatici o percezioni inadeguate di sé e del proprio corpo.

Conclusioni

L’analisi statistica effettuata sui dati della ricerca permette di giungere alle seguenti i dati confermano che si tratta di un campione normativo e non clinico, ciò nonostante, abbiamo rilevato la presenza di adolescenti che percepiscono un Funzionamento Familiare disfunzionale, sia di adolescenti che dichiarano un comportamento alimentare sintomatico, il quale non è ancora oggetto di diagnosi ma indica la presenza di condotte a rischio.
Le donne sembrano essere più a rischio di sviluppare un disturbo alimentare: sono più insoddisfatte del loro corpo e ricercano maggiormente la magrezza. I maschi sembrano essere più a rischio per i sintomi Bulimici.  Quest’ultimo dato, in apparente contrasto con le stime sulla prevalenza del disturbo riportati dal Manuale Diagnostico DSM IV-TR (APA, 2000), può essere spiegato considerando che la scala B dell’EDI-3 con cui vengono indagati i sintomi Bulimici, individua come sintomatologiche anche le “abbuffate senza condotte di compensazione” (come il ricorso al vomito, lassativi, ecc), che sono invece proprie del Disturbo da Alimentazione Incontrollata. Si ipotizza perciò una maggiore prevalenza degli uomini per questo disturbo, che è attualmente inserito nel DSM-IV TR come proposta diagnostica.
Rispetto alle variabili familiari è confermata l’ipotesi centrale della ricerca, in quanto, gli adolescenti a rischio per un disturbo alimentare percepiscono le loro famiglie come più disfunzionali. In particolare, abbiamo rilevato che: gli adolescenti considerati a rischio, percepiscono la loro famiglia come maggiormente Disimpegnata e quest’aspetto è accompagnato dalla percezione di una peggiore Comunicazione e Soddisfazione Familiare. Nello specifico, gli adolescenti che dichiarano di mettere in atto comportamenti bulimici, sono coloro che percepiscono un Funzionamento Familiare più disfunzionale; mentre, le condotte anoressiche sembrano essere collegate solo alla percezione di un Funzionamento Familiare Rigido. L’Invischiamento, tradizionalmente considerato dagli studi  in relazione allo sviluppo dei Disturbi del Comportamento Alimentare, sembra avere una minore importanza nel nostro campione.
I risultati della ricerca presentata sono coerenti con quanto riportato in letteratura, ma si evidenziano alcune differenze. L’aspetto che sembra più importante da sottolineare è il ruolo protettivo svolto dalla Coesione e dalla Flessibilità Familiare: si osserva, infatti, che i soggetti a rischio per lo sviluppo di un Disturbo dell’Alimentazione, percepiscono le loro famiglie come Caotiche, Rigide e soprattutto come Disimpegnate.

La giusta vicinanza dei familiari sembra quindi avere un ruolo primario per lo sviluppo dell’adolescente, che sappiamo necessitare di punti di riferimento, ma anche di spazi di autonomia che gli consentano di “separarsi”. Sembra, inoltre, perdere di rilevanza rispetto al passato, l’Invischiamento, che in particolare, non risulta essere predittivo delle condotte anoressiche (Insoddisfazione del Corpo e Impulso alla magrezza) e non influenza in negativo la Comunicazione e la Soddisfazione familiare, facendo ipotizzare che tali condotte siano attualmente più legate a variabili di tipo personale ed alle influenze dei modelli sociali. Il Disimpegno, invece, determina una peggiore Comunicazione e Soddisfazione percepita e fa ipotizzare che la famiglia abbia un ruolo importante nell’aiutare l’adolescente a superare gli stress in modo adeguato ed a gestire le sue emozioni senza ricorrere a condotte sintomatiche, in questa fase critica per l’intera famiglia del suo Ciclo Vitale.

Bibliografia

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Cromley, T., Neumark-Sztainer, D., Story, M., Boutelle, K. N. (2010). Parent and Family Associations with Weight Related Behaviors and Cognitions Among Overweight Adolescents. Journal of Adolescent Health, 47, pp. 263-269.
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Chiara Bottone
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