Gli scenari degli adulti adottati e del loro partner

Una ricerca esplorativa. Tesi in breve di Elisa Serighelli

02/08/2012

Elisa Serighelli

Relatrice: Ondina Greco
Anno accademico 2010-2011
Facoltà di psicologia
Master universitario di secondo livello in "Il lavoro clinico e sociale con le famiglie accoglienti: affido e adozione
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano


Elisa Serighelli
 


Introduzione

La letteratura nazionale e internazionale sull’adozione si è focalizzata pressoché in modo esclusivo sull’infanzia e l’adolescenza, mentre le ripercussioni della vicenda adottiva in età adulta non sono state molto approfondite da un punto di vista empirico.
Una sola ricerca, condotta a Barcellona (Negre, Forns, Freixa, 2007), ha indagato l’esperienza della maternità di donne adulte adottate, mettendo in luce che l’attesa e la nascita di un figlio proprio contribuiscono a sollecitare un percorso di rilettura della propria storia adottiva.

Sulla stessa linea si colloca la presente family research che, assumendo una prospettiva “salutogenica” e familiare, si pone come obiettivo quello di comprendere da un lato se e come l’esperienza della genitorialità possa sollecitare l’adulto adottato e il suo partner a rileggere criticamente e consapevolmente la storia adottiva; dall’altro se, e per quali aree, nelle narrazioni degli intervistati emerga la connessione tra le dimensioni relative al polo delle origini e a quello della famiglia adottiva (Brodzinsky e coll., 1990; 1992; 1998; Greco e coll., 2010).
Il presupposto a fondamento dello studio è la considerazione dell’adozione come long-life process (Brodzinsky e coll., 1992), che influenza e a propria volta viene influenzato dal modo in cui il soggetto affronta e risolve i compiti di sviluppo, sollecitati dagli eventi critici normativi e non normativi. Tra i primi, uno dei più significativi è la transizione alla genitorialità, in quanto la nascita di un figlio proprio può offrire all’adottato uno spazio per rileggere con nuovi accenti la propria storia.

La ricerca

Le teorie di riferimento della ricerca sono il paradigma relazionale-simbolico (Scabini, Cigoli, 2000) e la psicologia psicoanalitica (Sandler, Rosenblatt, 1980; Sandler, Sandler, 2002).
 La ricerca esplorativa, di tipo qualitativo, è stata condotta sul campo, con un focus trasversale su quel particolare momento del ciclo di vita delle coppie intervistate rappresentato dalla transizione alla genitorialità.
Il campione è costituito da 34 coppie genitoriali, sposate o conviventi, con un figlio di età non superiore ai 4 anni, all’interno delle quali uno dei due partner è un figlio adottivo.
La ricerca, che presenta un’unità di analisi diadica, ha seguito un approccio multimetodologico, con l’utilizzo di tre strumenti: uno strumento self-report – un’intervista semi-strutturata - e due strumenti grafico-simbolici, il Test La Doppia Luna (Greco, 1999; 2006) e il Disegno dell’Esperienza di Vita (test tematico costruito ad hoc).
In questo contributo si analizzano solo i risultati dell’analisi delle interviste. Essa è stata effettuata mediante un software di analisi qualitativa dei dati, T-lab, uno strumento word-driven che consente di produrre nuovi dati a partire dall’analisi delle parole.

La procedura di analisi di contenuto si è svolta in due fasi.
Dapprima si è indagato se le rappresentazioni dei due gruppi di soggetti (partner adottati e partner non adottati) fossero o meno sovrapponibili relativamente alle aree tematiche di interesse (partner adottato, coppia coniugale, figlio della coppia, nascita del figlio, genitorialità, famiglia adottiva, birth family, somiglianza, viaggio di ritorno alle origini).
Successivamente, nelle aree in cui tali rappresentazioni non risultavano essere sovrapponibili, è stato approfondito il contributo offerto dall’insieme dei coniugi non adottati all’insieme dei coniugi-figli adottivi, riguardo al processo di integrazione e connessione tra le due radici dell’adottato.

Risultati e discussione


I risultati mostrano come, per alcune aree, l’immagine degli adottati e dei loro partner risulta molto simile. Per entrambi i gruppi, gli elementi che vengono verbalizzati con maggior frequenza rimandano infatti ai componenti della loro famiglia di elezione.


Nelle interviste, si osserva un’evidente centratura delle coppie sui membri della propria famiglia nucleare (se stessi, il partner, la coppia coniugale, i figli) e sul presente, in linea con la fase del ciclo di vita che i soggetti stanno attraversando.


Allo stesso modo, la somiglianza del proprio figlio viene attribuita soltanto ai due genitori, mentre la radice intergenerazionale delle caratteristiche fisiche, sia per quel che riguarda la famiglia adottiva sia quella di origine di entrambi i coniugi, sembra in questo momento non trovare spazio nello scenario psicologico delle coppie.


Un altro aspetto comune e molto rilevante è l’intensità dell’esperienza emotiva vissuta dai soggetti, evidenziata dalla ricorrenza di espressioni enfatiche relative sia all’esperienza della genitorialità sia alla relazione con il figlio: enfasi che assume talvolta i contorni dell’idealizzazione, talvolta, al contrario, disegna la fatica connessa all’attuale passaggio critico. Inoltre predominano nei testi verbi riconducibili all’area semantica del pensiero e delle emozioni, rispetto a quelli che rimandano all’azione e al dialogo di coppia.


L’ambivalenza emozionale che può caratterizzare tutte le coppie che diventano genitori (compresenza di emozioni di polarità opposte - gioia e felicità vs ansia e timore -) sembra acuirsi nelle coppie nelle quali uno dei due partner sia un figlio adottivo perché l’esperienza della genitorialità, richiamando gli adottati e i loro coniugi ad una rilettura della propria storia e ad una riflessione sulle tematiche correlate alla vicenda adottiva (l’abbandono, le eredità ricevute e da trasmettere, la “doppia appartenenza”, la somiglianza, ecc…), viene ad assumere una portata emotiva ancor più significativa.


Relativamente ai termini “genitorialità”, “birth family” e all’area tematica “viaggio di ritorno alle origini”, invece, le coppie associano entrambe le “famiglie” del partner adottato – l’origine e la famiglia adottiva - mostrando consapevolezza della pluralità di figure presenti nello scenario psicologico.


Della genitorialità vengono sottolineati significati che rimandano alla creazione di un legame, ma in una cornice di pensiero all’interno della quale appaiono accessibili anche gli aspetti faticosi e problematici dell’esperienza (“problemi”, “problema”, “dubbio”, “fastidio”).

Al di là della complessità della costruzione di tale funzione per tutte le coppie giovani, probabilmente per i soggetti intervistati una complessità ulteriore nasce dal fatto che l’adottato è chiamato a confrontarsi con i due riferimenti genitoriali interni: la coppia di genitori adottivi e le fantasie sui birth parents, in relazione ai quali è stata vissuta l’esperienza dell’abbandono.

Alla “birth family” gli adottati e i loro partner associano ovviamente sia elementi che fanno riferimento al mondo delle origini del coniuge-figlio adottivo, sia espressioni che richiamano le diverse dimensioni dell’esperienza adottiva (“adozione”, “famiglia adottiva”, “dialogo sull’adozione”), così come i temi della cura e della genitorialità. Le coppie mostrano un desiderio di conoscere qualcosa delle origini dell’adottato, sia perché si interrogano sulle ragioni dell’abbandono da parte dei genitori biologici, sia perché si chiedono chi si sia preso cura dell’adottato prima dell’adozione. Inoltre, traspare un senso di gratitudine per l’opportunità che la scelta adottiva ha garantito al coniuge adottato: una sorta di ringraziamento alle famiglie di origine degli adottati per aver offerto loro l’opportunità di una vita e un futuro migliore.


Anche rispetto all’area tematica “viaggio di ritorno alle origini” si possono osservare elementi appartenenti ad entrambi gli assi, adottivo e di origine.

La connessione con l’asse della famiglia adottiva si ritrova nel fatto che in molti casi i coniugi adottati abbiano deciso di realizzare e condividere il viaggio con membri del proprio nucleo familiare adottivo o con il proprio partner. La condivisione di tale viaggio con le persone più significative permette probabilmente all’adottato di essere maggiormente supportato nell’affrontare un’esperienza che ha un impatto emotivamente molto significativo.


Se si passa a considerare le aree tematiche in cui al contrario il gruppo degli adottati e il gruppo dei partner si distanziano, è interessante osservare come sia spesso il coniuge del partner adottato ad offrire a quest’ultimo l’opportunità di mettere a tema la propria connessione con l’origine.

Nell’immagine del partner che emerge dai non adottati si ritrova infatti la compresenza di espressioni che richiamano entrambi gli assi relazionali in gioco, quello dell’adozione e quello del passato pre-adottivo, mentre nella rappresentazione che gli adottati hanno di se stessi il riferimento è solo alla famiglia adottiva, oltre che alla coppia nuova, fulcro della vita adulta dell’adottato e  della sua nuova famiglia.


Il fatto che entrambi i coniugi associno alla rappresentazione dell’adottato verbi che rimandano a processi conoscitivi e di riflessione (“conoscere”, “pensare”), ma anche termini afferenti all’area della comunicazione (“parlare”, “chiedere”) costituisce un’ulteriore conferma di come spesso sia all’interno della relazione di coppia che le questioni relative alla vicenda adottiva di un membro possono essere messe a tema, e trovare uno spazio di pensabilità e una possibilità di dialogo e confronto che favorisce, arricchendolo di spunti interpretativi e di chiavi di lettura, quel processo di risignificazione della propria storia che l’adottato individualmente farebbe più fatica a compiere.


Anche rispetto al tema del nucleo familiare adottivo, a cui è connesso per entrambi i gruppi il figlio della coppia, si può notare come sia il partner non adottato a ricordare al proprio marito/moglie che sulla scena, perlomeno a livello simbolico, è presente anche un’ “altra” famiglia, la “famiglia di origine”, mentre l’adottato associa a tale area soltanto termini relativi al mondo dell’adozione.

Il partner non adottato sembra riuscire a cogliere l’aspetto di “differenza” insito nella genitorialità adottiva, mentre il coniuge che è figlio adottivo associa alla rappresentazione della famiglia adottiva il lemma “nascita”, come a voler equiparare genitorialità adottiva e genitorialità biologica, in un orizzonte di normalizzazione della vicenda adottiva.


Infine, anche parlando della propria coppia coniugale, gli adottati fanno riferimento solo alle questioni relative all’adozione, menzionando “il dialogo sull’adozione” attuato all’interno della coppia e il desiderio/intenzione di un’ “adozione futura”.

È ancora una volta il partner non adottato a connettere l’identità della “coppia nuova” anche al mondo delle origini dell’adottato, suggerendo che la diversa origine di uno dei coniugi e la sua vicenda adottiva hanno delle ripercussioni anche sul legame coniugale. L’adozione di uno dei partner viene dunque ad essere ri-giocata all’interno del “dispositivo” della coppia e, attraverso il confronto e il dialogo tra i coniugi, viene ad assumere nuovi significati e nuove valenze.

La ricerca conferma quindi che l’adozione costituisce un long-life process, in cui l’età adulta e la transizione alla genitorialità rappresentano condizioni rilevanti del percorso di vita dei figli adottivi, in quanto essi possono confrontarsi con i diversi aspetti della propria storia in maniera rinnovata, più diretta, attiva e consapevole.

Alla luce dei risultati precedentemente discussi, è tuttavia possibile affermare che tale compito non si configura come compito individuale del figlio adottivo, bensì come compito congiunto, in quanto anche il partner dell’adottato viene ad assumere un ruolo cruciale in questo processo di rielaborazione e rilettura della vicenda adottiva, dal momento che è nell’ “incastro di coppia” che sembra essere possibile definire le modalità di integrazione della doppia origine dell’adottato.

 

 


Bibliografia

 

Brodzinsky D.M., Schechter M.D. (1990), The Psychology of Adoption, Oxford University Press, New York, pp. 3-24.

 

Brodzinsky D.M., Schechter M.D., Marantz Henig R. (1992), Being Adopted. The Lifelong Search for Self, Anchor Book Edition, New York.

 

Brodzinsky D.M., Smith D.W., Brodzinsky A.B. (1998), Children’s Adjustment to Adoption. Developmental and clinical issues, Sage Publications, Thousand Oaks, California.

 

Greco O. (1999), La Doppia Luna. Test dei confini e delle appartenenze familiari, Quaderni del Centro Famiglia, 19, Vita e Pensiero, Milano.

 

Greco O. (2006), Il lavoro clinico con le famiglie complesse. Il test della Doppia Luna nella ricerca e nella terapia, Franco Angeli, Milano.

 

Greco O., Rosnati R., Ferrari L. (2010), “Figli adottivi oggi genitori”, in Rosnati R. (a cura di), Il legame adottivo. Contributi internazionali per la ricerca e l’intervento, Edizioni Unicopli, Milano.  

Negre C., Forns M., Freixa M. (2007), Relaciones Familiares En Mujeres Adoptadas Adultas, Anuario de Psicologia, vol. 38(2), pp. 225-239, Facultat de Psicologia, Universitat de Barcelona.

 

Sandler J., Rosenblatt B. (1980), “Il mondo rappresentazionale” in Sandler J., La ricerca in psicoanalisi, vol. I, Boringhieri, Torino, p. 102-120.

 

Sandler J., Sandler A.M. (2002), Gli oggetti interni. Una rivisitazione, Franco Angeli, Milano.

 

Scabini E., Cigoli V. (2000), Il famigliare. Legami, simboli e transizioni, Raffaello Cortina, Milano.

 

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