20/04/2012
Tesi di Cinzia Amoroso
Relatore: Gioacchino Lavanco
Anno accademico 2010-2011
Facoltà di Scienze della Formazione
Corso di Laurea Magistrale in Scienze Umane e Pedagogiche
Università degli Studi di Palermo
Cinzia Amoroso
Introduzione
L’oggetto di studio di questa tesi è finalizzato alla comprensione di come
le nuove tecnologie - con specifico riferimento all’uso di internet -
possano coinvolgere e allo stesso tempo stravolgere la vita di ogni individuo, in particolare quella degli
adolescenti.
La scintilla promotrice della redazione di questo scritto è stato il desiderio di
comprendere ed analizzare le motivazioni che spingono delle giovani ragazzine, classificate dai mass-media come
candy girls, ad utilizzare il web per
propagandare la propria immagine a scopo di lucro.
Gli argomenti sviluppati nei tre capitoli seguono un andamento progressivo. Raccontano in generale il metamondo e con lo sfogliare delle pagine si progredisce verso prospettive di analisi mirate –
il sé e l’identità digitale, la inter-comunicazione, le relazioni in prossimità e i gruppi digitali sino a svelare l’argomento centrale, le candy girls, e le eventuali prospettive d’intervento.
Tecnologia ed adolescenza
Sin dalle sue forme più arcaiche la tecnica – intesa sia come l’insieme delle tecnologie che delle capacità razionali dell’uomo – si è collocata come vettore esponenziale dell’evoluzione umana. Ne potenzia le capacità e ne rende meno tangibili i limiti e le debolezze.
La tecnologia
non completa l’uomo ma ne allarga le vedute (Granelli, 2006).
Si spinge al di là degli stessi confini terrestri per oltrepassare l’incondizionato.
Il progresso le
suggerisce una significante metamorfosi e da semplice strumento si trasforma in
ambiente, cultura.
Artificiale e naturale si intrecciano proponendo nuove sfide che indirizzano la vita umana verso percorsi inaspettati.
Una società del multischermo in cui il suffisso “multi‟ sembra rivestire il dovere di convogliare l’essere umano verso
nuove forme di pluralismo, nuovi confini tra ciò che è interno ed esterno (Rivoltella, 2006); tra homo technologicus e sapiens, tra umano e non (Longo, 2001).
In questa nuova dimensione ci si affida al principio della
“tecnopresenza” (Di Maria, Cannizzaro, 2001).
La linfa generatrice dell’oscillazione tra concreto e astratto è rappresentata da internet che, attraverso il suo dinamismo, dona all’esistenza umana un volto nuovo, globale.
Ha la capacità di trasformare
l’immagine in linguaggio, di mettere tutti i paesi in contatto tra loro in un solo istante.
È un universo in cui
tempo e spazio non hanno alcuna consistenza e in cui ogni idea astratta trova la sua piena realizzazione (Roversi, 2001).
L’individuo digitando nella tastiera
non solo comunica, interagisce ma agisce, rappresenta sé stesso; diventa più spontaneo, meno inibito, diretto, tende maggiormente ad entrare in confidenza ed in intimità, fortifica la propria autonomia.
Essere on line vuol dire, infatti, anche usufruire della possibilità di dar sfogo alle più svariate fantasie, dare spazio ad
aspetti diversi della personalità.
Ci si rapporta sia con sé stessi che con l’altro da sé in maniera innovativa, mettendo in atto dinamiche nuove e stimolanti (Pravettoni, 2002).
Confronto, conflitto e rischio diventano le nuove incognite dell’era digitale.
Il giudizio e la morale devono porsi continuamente in gioco attraverso il contrasto etico che pone internet.
In questa altalena dell’incerto e dell’inconsistente che ruolo ha l’uso del net-mezzo per l’adolescente?
Gli adolescenti appaiono
come il riverbero delle ‘ansie collettive’.
Incarnano contemporaneamente il progresso, il rinnovamento e la costante possibilità di rischio e di crisi sociale.
In particolare le attuali generazioni rivestono la funzione di particelle di una ‘materia’ in continua elaborazione, aperta all’indefinito e all’inaspettato,
esposti continuamente e a volte involontariamente, anche a ciò che il mondo virtuale lascia trapelare in quello reale.
Ecco, quindi, che anche la propensione al rischio assume nuove sembianze.
Le nuove generazioni sembrano
non poter fare a meno della loro alterità digitale e il
progresso tecnologico, con le sue invenzioni, pare ascoltare il loro bisogno “di fuga‟ (Pellai, Boncinelli, 2002).
I
cyberadolescenti navigano spinti da una molteplicità di scopi, tra i quali: mettere in questione la propria identità, esperendola e sperimentandola; soddisfare la ricerca di intimità e appartenenza ad una dimensione sociale; sentirsi adulti –
grazie alla possibilità di gestione della propria sfera socio-emozionale al di fuori delle mura domestiche – rendere pubbliche le proprie perplessità e di conseguenza ridurre il senso di frustrazione; cercare informazioni; avere contatti temporanei che permettano di divertirsi; sperimentare il senso di identità sociale; esperire forme di sesso virtuale.
Buona parte delle loro giornate è trascorsa sul web. Si assiste
ad una “domestication” della rete, intesa come addomesticamento della tecnologia che implica un permanere degli adolescenti difronte lo schermo per diverse ore della giornata, soprattutto in casa ed in particolare nella loro camera, luogo spesso di scarsa accessibilità al genitore.
Da qui la loro possibile individuazione storica come “digital generation” -
la generazione del pollice - e “mobile generation” – usufruiscono del cellulare che con i nuovi apporti tecnologici diventa sempre più computerizzato (Rivoltella, 2006).
Si vantano di essere piccoli fruitori esperti e di poter vivere in solitudine le esperienze cybermediatiche.
Il
mondo virtuale si trasforma in personale luogo di esperienza e possibile fonte di trasgressione.
Queste sensazioni vengono ampliate in un soggetto in crescita, già di suo incline alla sperimentazione del nuovo e all’abbattimento di ogni vincolo.
Il ruolo guida
dell’adulto viene sminuito, evaso.
L’uso della
password e del nickname possono sopperire alla funzione di armi di difesa verso il controllo del proprio genitore,
il quale non potrà sorvegliare e indirizzare l’adolescente verso un consumo critico e responsabile del computer (Rivoltella, 2006).
Il fenomeno delle Candygirls
Il cybersex può essere definito come l’insieme di materiali digitali – esclusi quelli a scopo educativo o supportivo – a contenuto sessuale che garantiscono stimolazione, attivazione e gratificazione sessuale (Manzoni, 2010).
Con l’avanzare delle evoluzioni tecnologiche il cybersesso sembra avere al suo servizio nuove consuetudini.
Dilaga il diffondersi d’immagini istantanee e video personali con la complicità di webcam e microfoni.
Nella prospettiva di nuovi alterego digitali scuote in modo sempre più dirompente la preoccupazione d’imbattersi in nickname che apparentemente rivelano identità consapevoli e mature ma che, in verità, camuffano la curiosità indifesa di giovani adolescenti che potrebbero travestirsi da adulti per compiere atti illeciti.
L’evento sembra trovare il suo esordio negli USA intorno al 2005.
Un adolescente americano su cinque dichiara di aver inviato almeno per una volta una foto osé. Nel giro di pochi anni l’allarme dilaga anche in Italia e sempre più spesso si sente parlare di piccole imprenditrici del proprio corpo che lo barattano per pochi euro.
Il fenomeno adolescenziale è stato mediaticamente etichettato come candy girls (Arnaldi, 2011).
Sotto questo nomignolo inglesizzato si nascondono ragazze tra i dodici e i diciassette anni bisognose d’amore ed educazione.
Le candy girls sono adolescenti che vivono all’interno di un contesto familiare in cui non si registrano particolari problemi economici.
Nella vita reale sembrano avere un’identità che le riconosce come brave ragazze ma il click del digitale pare trasformarle in soubrette della pornografia.
Mettono in scena un evidente cambiamento comportamentale nei confronti dei genitori, oggetto di ostilità, e diventano più sicure e autonome.
I loro clienti principali sono i compagni, amici o adulti adescati on line. Questi ultimi si presentano come gli acquirenti più pericolosi.
Hanno una maggiore possibilità di spingere la volontà delle adolescenti verso mete ancora più private.
Oltre le ricariche possono promettere regali. Il gioco è fatto!
La seduzione ‘innocente’ di una ragazzina si trasforma in perversione di un adulto.
Il fenomeno più eclatante che ha dato voce nazionale alla problematica delle candy girls è stato il caso del 2007 di una ragazza quindicenne di Udine.
Ha usato una net-postazione interna alla scuola per inviare foto personali che la ritraevano nuda in cambio di una ricarica cellulare di venticinque euro.
Attraverso accurate indagini della polizia postale si è scoperto che la stessa attività accomunava tredici minori friulani, tra i dodici e i quindici anni, i quali diffondevano foto sui cellulari o cercavano di adescare sconosciuti in chat contrattando ricariche telefoniche o poste pay, in cambio del proprio nudo.
Un evento simile pubblicizzato dai media è stato quello di Treviso nel 2008.
Una dodicenne si immortalava nuda nel bagno della scuola e pubblicava le sue foto con il fine di ricavare i soldi per acquistare vestiti griffati (cfr. www.rainews24).
Nascono i concetti di sexting, l’invio elettronico di immagini di nudo; e grooming, l’adescamento di sconosciuti (Firrincelli, 2010).
Nella giornata nazionale contro la pedofilia – 5 maggio 2011 – irrompe il monito allarmista dell’ECPAT che evidenzia una preoccupante inversione di tendenza.
Non sono più i pedofili a cercare il minore nelle rete ma quest’ultimo si ‘immola’ autonomamente attraverso il suo atteggiamento spregiudicato (Arnaldi, 2011).
Un’indagine avviata nel 2010 da Save the Children - su un campione di quattrocentocinquantatrè adolescenti e pre-adolescenti - rileva che un quarto degli intervistati scambia immagini o video sessuali e il quattordici percento – in prevalenza nel Nord Ovest d’Italia ed nel Lazio – foto di nudo personale, con il fine di ricevere doni in cambio (cfr. Ipsos, 2010).
Ciò a cui le candy girls vanno incontro è abbastanza preoccupante.
Le foto, una volta condivise in rete, diventano di dominio pubblico e non è più possibile gestirle o recuperarle.
La conseguenza, oltre un grave danno emotivo, è un’aggressione alla reputazione. L’immagine personale verrà sminuita e ridicolizzata e questo destabilizzerà maggiormente il soggetto in formazione, già costretto a confrontarsi con le proprie crisi esistenziali.
Per ultimo, ma non meno importante, è la condivisione o detenzione di foto di questo genere che comporta pene legali, per via dei contenuti pedo-pornografici (Firrincelli, 2010).
Scuola e prevenzione
La scuola, in quanto luogo in cui viene vissuta buona parte di vita adolescenziale, può rappresentare l’istituzione adatta a gestire azioni preventive.
Il nodo principale risiede in una costante ed innovativa rieducazione che non badi esclusivamente a proteggere dai rischi ma miri ad una promozione sociale incline ad un uso ed appropriazione intelligente del mondo mediatico.
È opportuno che l’istituzione scolastica metta in gioco il suo potenziale di super partes, non escludendo la cultura mediatica ma incentivandola verso una nuova koinè.
Deve divenire promotrice delle azioni ragionate ed educare i giovani verso una cultura digitale cosciente, all’avanguardia e cyberspaziale.
Per far ciò è necessario che attui un processo di elaborazione formativo continuo (Rivoltella, 2006).
Il contesto lavorativo sarebbe opportuno che si muovesse secondo direttive inclini alla cooperazione e all’alleanza con gli insegnanti che incarnano la figura dell’adulto.
Quest’ultimo dovrebbe essere percepito dall’adolescente come facilitatore, fonte esperta e affettiva.
Non a caso il sistema scolastico italiano è centrato sul gruppo classe, luogo in cui si svolgono le principali attività, produttore di cultura giovanile e interlocutore per gli adulti.
È un gruppo formale, la cui formazione non è spontanea ma di tipo amministrativo.
A differenza di altre tipologie di aggregazioni, che nascono e sono mosse da fattori emotivi e processi di identificazione al quale l’adulto viene escluso, il gruppo classe costituisce un insieme in cui sono proprio gli adulti a svolgere funzione di guida orientativa ed educativa.
La dimensione gruppale è coerente con le finalità educative da perseguire, la cultura dell’adulto svolge la funzione di stella polare (Giori, 2002).
Sul piano didattico la scuola ha il dovere di sviluppare pratiche di docenza che includano i media, che incentivino l’alunno all’esplorazione, alla ricerca di risorse informative e al lavoro collaborativo.
Dal docente si dovrebbe esigere una maggiore conoscenza e autonomia di giudizio che si estranei dai pregiudizi ricorrenti.
Dovrebbero possedere la giusta preparazione per incoraggiare lo studente all’uso di internet come spazio di confronto e collaborazione.
La scuola per poter trasformare il proprio ego in cyberschool necessita, dunque, di una rivisitazione della cultura promossa dalla media education.
Il dibattito su come debba essere perseguita la suddetta evoluzione è ancora da definire.
Lo snodo dell’attuazione di una new media education può incarnare il suo momento di gloria nel cominciare a considerare il mondo digitale non come alternativa al reale ma prerogativa dell’attuale in cui si intrecciano media, cittadinanza ed educazione. L’ambizione a cui si tende è bandire il senso di solitudine, comune a molti adolescenti, per incitarli a sentirsi parte dei ‘mondi’ in maniera consapevole e collaborativa (Rivoltella, 2006).
Indice della tesi integrale:
CAPITOLO 1 – LA MULTIFORME TECNOGEOGRAFIA E I SUOI CITTADINI
1.1 Reale e virtuale: due dimensioni a confronto
1.2 Il sé cybernauta
1.3 L’inter-comunicazione
CAPITOLO 2 – TRA PROSSIMITÀ RELAZIONALE E RAPPORTI D’INTERFACCIA»
2.1 Uno sguardo all’evoluzione delle modalità comunicativo-relazionali
2.2 Il gruppo nelle relazioni in prossimità
2.3 Prospettive alternative della socializzazione ‘computerizzata’
2.5 Brevi spunti per un confronto tra realtà gruppali
CAPITOLO 3 – LE CANDY GIRLS: UNA SFIDA CYBERSESSUALE PER IL MONDO REALE
3.1 L’adolescenza: momento di transizione
3.2 Tendenza al rischio in adolescenza
3.3 Internet e l’adolescente
3.4 Il cybersesso e il fenomeno delle candy girls
3.5 Prospettive d’intervento: la new media education e il gruppo classe
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