La Mediazione riuscita e la Mediazione interrotta. Confronti e riflessioni

Tesi in breve di Biancarosa Caimi

15/03/2013

 

Tesi di Biancarosa Caimi

Relatore: Giancarlo Tamanza

Anno accademico 2012

Master in Mediazione Familiare e Comunitaria

Alta Scuola di Psicologia “A.Gemelli”

Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano

Biancarosa Caimi

Introduzione


L’autrice, da anni impegnata ad affrontare il conflitto di coppia all’interno del Consultorio Familiare di Paderno Dugnano (ASL Mi1), ripercorre le tracce motivazionali che l’hanno spinta ad intraprendere il percorso di formazione in Mediazione Familiare secondo l’approccio Relazionale Simbolico (E.Scabini e V.Cigoli, 2000) con l’intento di aiutare le coppie  ad affrontare la scelta separativa con una prospettiva diversa, non distruttiva, ma anzi che permetta, paradossalmente, di conservare e trasmettere il valore del legame e di salvaguardare e promuovere le genitorialità.
La riflessione prende l’avvio dalle originali teorie del matematico J.Nash che, affrontando i giochi non a somma zero, dove cioè vi è un vincitore e un perdente, ma a sviluppo circolare, proprio come sono le relazioni umane, ha introdotto il concetto di equilibrio “per mezzo del quale ciascun giocatore sceglie la migliore risposta alle azioni degli altri. I giocatori cercano un insieme di scelte tale che la strategia di ciascuna persona è per lei la migliore quando tutti gli altri stanno attuando la loro migliore strategia”. Si tratta in sostanza di conflitti a somma positiva che “si concludono con delle soluzioni di compromesso che, in termini di benefici complessivi per le due parti, hanno un valore più alto dei benefici complessivi che risulterebbero da soluzioni che privilegiano” una sola delle due parti in gioco. (S.Nasar 2002)
A partire da questa ipotesi, viene esplorato il processo della Mediazione Familiare: i primi contatti, l’avvio del percorso, a volte lo stupore per  la specificità stessa della Mediazione Familiare, che, così diversa dai contesti giudiziali, legali o di consulenza tecnica, crea un nuovo “spazio transizionale” che fa intravedere nuove possibilità, altre regole, un diverso codice relazionale; con la compilazione del genogramma (S.Montagano A.Pazzagli 2004) si entra poi pienamente nella storia individuale e di coppia e ognuno è chiamato a narrare di sé e del legame con l’altro e solo successivamente si entra nel merito degli argomenti di mediazione, con la stesura dell’agenda e del contratto di Mediazione, per poi procedere alla ricerca degli accordi.
L’accento significativo di tutto il processo è posto, secondo l’autrice, non tanto sugli accordi, sulla negoziazione, quanto  sulla possibilità, per i  due membri della coppia, di convergere su una narrazione condivisa, che dia senso alla loro storia, in particolare alla scelta separativa. Quando questo avviene, di solito si assiste ad una svolta significativa, alla riduzione del conflitto, alla possibilità  di creare nuovi “spazi”, mentali ed emotivi, ad una sorta di sollievo che consente di salvare quanto c’è stato di buono, per poterlo simbolicamente consegnare ai propri figli.
Vengono descritti sinteticamente due  percorsi di Mediazione Familiare affrontati in collaborazione con una collega, Mediatrice già esperta. In un caso la Mediazione è andata a buon fine, mentre nel secondo si è interrotta. Nel rispetto della privacy, i nomi utilizzati sono stati modificati. Segue l’analisi delle differenze sostanziali che hanno favorito o, al contrario, ostacolato il raggiungimento di un esito positivo, con particolare riguardo all’invio, al patto dichiarato e al “patto segreto” che contraddistinguono le due coppie che hanno richiesto la Mediazione.

Rita e Stefano: la Mediazione riuscita


Il percorso di Mediazione è stato preceduto da due incontri di consulenza che, partendo dall’esplorazione della situazione e dei possibili interventi a favore della risoluzione della crisi coniugale, si sono da subito connotati come momento di “presa di decisione”. La coppia ha però avuto bisogno di un lungo lasso di tempo per maturare e condividere la decisione di separarsi. A distanza di circa un anno, dopo un ulteriore incontro di pre-mediazione, si sono svolti otto incontri che hanno permesso la stesura di accordi condivisi e la conclusione soddisfacente della Mediazione.
Stefano, 38 anni, figlio unico, è impiegato in un’importante società di Milano; Rita è la maggiore di tre sorelle, ha 38 anni, lavora come operaia.
Le origini di Stefano sono lombarde, la famiglia di Rita è originaria di Napoli. Hanno entrambi i  genitori viventi. 
La coppia si è coniugata con rito cattolico nel 2001 e ha maturato l’idea di separarsi nel 2008. Hanno un bambino, Leonardo di 6 anni che ha da poco iniziato la prima elementare. Una precedente gravidanza si è interrotta spontaneamente al 2° mese, un anno prima della nascita di Leonardo. Questo evento è stato molto doloroso, ma  non ne  hanno mai più parlato, non sono riusciti a condividere il dolore, così come si sono percepiti distanti in occasione di una importate malattia di Stefano. 
E’ stata Rita a pensare per prima alla separazione. Nell’estate del 2007 aveva manifestato l’intenzione di lasciare Stefano dopo un forte litigio, così come aveva anche proposto di rivolgersi ad un consulente di coppia, ma a quell’epoca Stefano si era rifiutato e l’aveva poi convinta a desistere dalle sue intenzioni.
Alla richiesta se  sia presente un nuovo rapporto affettivo, Stefano è evasivo mentre Rita chiede di collocare sul foglio la presenza di Franco, suo collega e nuovo compagno, a sua volta separato e con un figlio adolescente.
La coppia dibatte in merito al momento dell’inizio della relazione che, secondo  Stefano,  sarebbe antecedente a quanto dichiarato da Rita e costituirebbe motivo della crisi di coppia.
Tale interpretazione è rifiutata da Rita che considera la presenza di Franco non solo successiva all’inizio della crisi, ma anche effetto e non causa della stessa.
Stefano appare molto squalificante nei confronti di Rita, giudicata “poco intelligente”, e ammette di avere avuto, in almeno due episodi, un comportamento impulsivo e aggressivo. Lei, piangendo silenziosamente, si limita a dire che preferisce essere ignorante piuttosto che poco rispettosa come invece  è lui. La pacatezza, la dignità di Rita sottolineano la trasformazione della relazione ed anche la percezione di sé e dei propri diritti come persona, non più sottomessa ma neppure aggressiva.
Sotto molti aspetti Rita e Stefano appaiono molto diversi e  contrapposti. Il momento magico dell’innamoramento sembra aver lasciato il passo ad una reciproca distanza, che ora sentono incolmabile: l’incastro di coppia non ha funzionato, ovvero non ha avuto quelle caratteristiche di dinamicità che avrebbero potuto consentire una nuova stagione relazionale. E’ proprio a partire da una maggiore consapevolezza su questi aspetti e su una responsabilità condivisa  che la coppia può iniziare a pensare realmente alla separazione, guardando il passato per poi poter ri-organizzare il futuro, senza dover trascinare zaini pieni di dolore e di risentimento.
Quando viene loro chiesto quali siano i commenti di Leonardo rispetto alla separazione, Stefano dice: “Non ne sa nulla!”. Rita e Stefano sono ancora conviventi e non hanno preso contatto con alcun legale. Sono già concordi sulla forma di affido, che sarà condiviso con collocamento prevalente presso la mamma. 
L’Agenda dei temi da trattare verte su due grandi macro-aree: trovare nuovi accordi nella separazione e organizzare la vita di Leonardo. Questi temi si declineranno nel contratto di Mediazione in:
  • Tappe della separazione effettiva: Quando? Comunicazione a Leonardo della separazione
  • Organizzare la vita di Leonardo: Dove vivrà? Con chi? Feste e vacanze – Quotidianità, Possibili relazioni con eventuali nuovi compagni
  • Decisioni sulla casa
  • Come saremo genitori: imparare a prendere decisioni comuni
  • Accordi economici per Leonardo.

Negli  incontri successivo si entra nel vivo della negoziazione che, come dicono V. Cigoli e C. Marzotto “ …è un lavoro che parte dagli interessi e dai bisogni delle persone e non dalle posizioni o dagli schieramenti. Se si rimane nella logica delle posizioni contrapposte infatti si è ancora nella logica del vincente e del perdente e la relazione si interrompe” .
Il clima cambia nel corso degli incontri. Rita e Stefano diventano sempre più collaborativi, rispettosi e, soprattutto, attenti ai bisogni del loro bambino. Concordano le modalità e i tempi della comunicazione a Leonardo, decidono di vendere la casa coniugale dopo aver immaginato anche altre soluzioni ed averne valutato soprattutto l’impatto emotivo sul bambino, stabiliscono un calendario di massima per vacanze e festività. Decidono anche di procrastinare la decisione sulla relazione di Leonardo con eventuali nuovi compagni. Nell’ultimo incontro le sedie, nella stanza della Mediazione, sono più vicine, è stato venduto l’appartamento e sono in procinto di acquistare due bilocali, hanno fatto istanza di separazione,  Leonardo, messo a conoscenza delle loro decisioni,  sta affrontando la nuova organizzazione familiare.
Rita dice “Siamo più tranquilli…e un po’ cambiati”: Stefano commenta “Abbiamo digerito…prima dovevamo non essere d’accordo”.

La trasformazione di cui parlano è percepibile nelle parole, negli atteggiamenti, nelle posture, nei fatti. Insieme stendono gli accordi di Mediazione  che verranno portati all’avvocato. Un recente contatto permette di confermare che:

  • Sono separati
  • Stefano fatica ad abituarsi senza Leonardo
  • Leonardo appare sereno ma ha qualche problema  a scuola (si sospetta una dislessia)
  • Stefano ha una nuova compagna dalla quale ha avuto un bambino
  • Rita ha concluso la relazione con Franco ma vive uno stato di benessere
  • Gli accordi stanno funzionando
  • Rita continua a dire “noi” quando parla di sé e di Stefano come genitori  

Gemma e Giuseppe: la Mediazione interrotta

La Mediazione, preceduta da un incontro di pre-mediazione, si è interrotta dopo sette incontri, senza la stesura di alcun accordo.
I primi contatti telefonici avviati da Giuseppe rimandano, inizialmente, ad una confusa richiesta di “un certificato che dica che siamo iscritti ad un corso di Mediazione” da portare al Giudice. Si comprende che Giuseppe e Gemma sono stati conviventi e che hanno un bambino, Marco, che ha da poco compiuto i sei anni.
Giuseppe, a cui viene chiarito che si tratta di un percorso volontario volto alla ricerca di accordi condivisi per poter riorganizzare il loro futuro e in particolare quello di Marco, riducendo il conflitto e valutando in prima persona le diverse  opzioni, conferma la sua volontà di procedere e si incarica di informare Gemma, perché ci possa contattare, cosa che avviene a distanza di un mese.
Gemma si dice disponibile ad iniziare la Mediazione ma ci comunica anche che in precedenza ci sono state denunce reciproche: lei aveva il sospetto che il nonno paterno avesse abusato di Marco, lui l’ha accusata di diffamazione. Ormai però, a suo dire, è tutto concluso.
Nel primo incontro appare importante riportare Gemma e Giuseppe ad una situazione di scelta volontaria, di riassunzione di competenze genitoriali e definire la posizione dei Mediatori, di assoluta indipendenza, in relazione agli altri operatori presenti (Tribunale per i Minori, Servizio Tutela).
Entrambi sembrano apprezzare la possibilità di essere considerati capaci ed in grado di trovare delle soluzioni ai propri problemi. Inizialmente, tuttavia, non appare semplice arginare le provocazioni reciproche: Gemma e Giuseppe sono in conflitto da sempre e da molto tempo non si sedevano nella stessa stanza per parlarsi.

Dal genogramma risulta che Gemma ha 49 anni, è di origine pugliese, fa parte di una famiglia molto numerosa; ha alle spalle un precedente matrimonio da cui sono nati una figlia che ha ora 31 anni e un figlio di 22, vive con quest’ultimo e con Marco, avuto da Giuseppe; lavora in proprio gestendo una impresa di pulizie. Giuseppe ha 42 anni, vive con i genitori, ha una sorella minore, coniugata, due nipotini gemelli; lavora come operaio manutentore.

Gemma e Giuseppe hanno convissuto per due brevi periodi, all’inizio della conoscenza e dopo la nascita di Marco, ma non sono d’accordo neppure sulle date della convivenza.

Giuseppe sembra essere stato attratto da Gemma perché indipendente, determinata, vitale; forse sperava, iniziando una relazione con lei, di potersi emancipare dalla famiglia, che  non ha mai approvato la loro relazione.

L’unione è stata burrascosa da subito ed ancor più dopo che Gemma ha scoperto di essere incinta: Giuseppe si è sentito “incastrato”. Non si sono dati il tempo di conoscersi ed è il figlio, con la propria nascita, a “generare” la coppia.

Tuttavia solo quando rievocano la nascita del loro bambino, complicata da problemi poi superati, sembrano poter accedere ad uno spazio di emozioni condivise, che ha permesso di sperare di poterli accompagnare, tramite il percorso di Mediazione, verso nuove forme di interazione, tra loro e con Marco, riconoscendo la forte necessità di sperimentarsi insieme come genitori.
Molti sono i temi che entrambi vogliono affrontare in Mediazione. L’agenda spazia da “quando, come e con quali mezzi comunicare” a “come condividere la vita scolastica di Marco”, “le attività del tempo libero”, “la salute”, “le scelte religiose”, “giorni in cui Marco è con il papà”.

La fase della negoziazione e della presa di accordi è, su ogni punto, estremamente laboriosa, conflittuale e ripetitiva, consentendo solo accordi minimi e non sostanziali. Inoltre, ad ogni nuovo incontro, ognuno dei due incolpa l’altro di non aver rispettato gli accordi così faticosamente raggiunti. Nella discussione appaiono in modo marcato le differenze caratteriali, di stile comunicativo, di “potere”, che contraddistinguono Gemma e Giuseppe: decisa, spavalda ma a volte magnanima lei, caparbio, lento, lamentoso lui.

Appare sempre più evidente la difficoltà a farli transitare dalle posizioni, all’analisi dei bisogni sottostanti, all’identificazione delle opzioni, alla scelta di quella che appare più vantaggiosa per tutti, secondo il processo stesso della Mediazione.

Al settimo incontro il clima è incandescente: Giuseppe ha cambiato orari di lavoro e ha deciso di rinunciare all’incontro infrasettimanale con Marco, pur non avendo particolari problemi organizzativi, adducendo una certa stanchezza e la necessità di avere tempo per sé. Gemma sente tradito anche l’ultimo scampolo di fiducia. Il conflitto non è più arginabile e la Mediazione si interrompe.    

Confronti e riflessioni

I due percorsi sintetizzati hanno caratteristiche molto diverse come diversi sono stati gli esiti del processo mediativo.
L'invio:
Nel caso di Rita e Stefano tutto si svolge all’interno di una dimensione di spontaneità, addirittura senza neppure comportare l’abituale contatto con un legale, anche solo a scopo informativo, viceversa Gemma e Giuseppe vengono inviati dal Giudice, che rimprovera loro di non sapere comunicare e di mantenere un comportamento altamente conflittuale. La richiesta di “un certificato di Mediazione” sembra sottolineare ulteriormente l’assenza di una consapevole assunzione di responsabilità. Le ricerche relative alla correlazione tra le forme di accesso alla Mediazione (spontaneo, su indicazione di familiari o conoscenti, su indicazione dei legali, con invio da parte dei Giudici o dei Servizi Sociali) confermano che mentre la richiesta spontanea o mediata da amici e familiari ha la più alta probabilità di vedere un esito positivo del percorso, l’invio “prescrittivo” si correla con la più bassa percentuale di successo. E’ evidente del resto che la presenza sul “campo” del Tribunale o dei Servizi di Tutela rimanda ad un conflitto sicuramente intenso e spesso più prolungato nel tempo e quindi di più difficile composizione. Sono le situazioni, come quella di Gemma e Giuseppe, dove in sostanza la Mediazione Familiare viene esperita, e percepita, come “ultima spiaggia”. In questo senso gli operatori a volte sentono una grande responsabilità, sia nell’affrontare che nel negare la possibilità di tentare la Mediazione.  

Il patto

La dimensione e la natura  del patto  appare come la più interessante ma anche come la più difficile da individuare con sufficiente certezza, soprattutto per quanto concerne il “patto segreto” .
Il patto dichiarato per Rita e Stefano ha la forma del matrimonio religioso, è assunto comporta diritti e doveri ben precisi, viene rispettato per un significativo numero di anni, viene rotto a costo di dolore.

Nel caso di Gemma e Giuseppe non si è mai formalizzato alcun patto e la nascita stessa di Marco sembra radicarsi più nell’area dell’imbroglio che del desiderio e del dono. Il patto sembra allora connotarsi come anti-patto, privato di una dimensione etica, nel senso inteso da Scabini e Cigoli. (2012)

Nel Modello Circonflesso, proposto dai medesimi autori per descrivere il patto coniugale (E.Scabini V.Cigoli 2000), secondo la dimensione orizzontale del patto dichiarato,  Rita e Stefano  potrebbero essere collocati nella direzione del patto assunto ma, in parte, formale, mentre Gemma  e Giuseppe in quella, estrema, del patto fragile, inesistente, non solo perché non sancito da alcun impegno formale.

Più complesso definire il “patto segreto”, che sta nell’ombra e rimanda alla possibilità di trattare i bisogni specifici, le esigenze affettive e relazionali fondamentali delle persone, si collega alla storia pregressa dei partner e ai modelli identificatori con i familiari.

Nel Modello Circonflesso, la dimensione verticale del “patto segreto” vede Rita e Stefano nella direzione del patto rigido, che una volta assolti i compiti che ne hanno promosso la formazione, non può essere “rilanciato”, mentre Gemma e Giuseppe stanno nell’area più difficile, connotata da un patto dichiarato inesistente e un patto segreto impraticabile.

Conclusioni

 Per  Rita e Stefano il percorso della Mediazione ha permesso, oltre al raggiungimento di accordi,  di accedere ad una dimensione trasformativa, di aumentare la loro consapevolezza soprattutto in relazione ai bisogni del loro bambino, hanno ripreso a dire “noi”, intendendo non più la coppia coniugale ma quella genitoriale.  Gemma e Giuseppe viceversa sembrano ancor  più incastrati in un vicolo cieco: astiosi, distanti, incapaci di vedere Marco, non si è aperto alcun spiraglio collaborativo, anche il linguaggio riflette lo stile competitivo. Ritornando alla tracce di lavoro individuate nell’introduzione,  sembra che la Mediazione andata a buon fine abbia potuto contare su un sufficiente desiderio di Rita e Stefano di riguardare alla propria storia, di fare pace con essa, sostanzialmente di fare un nuovo patto, riconoscendo  “accanto a ciò che è stato fonte di dolore e di ingiustizia, ciò che di buono e giusto è stato compiuto e distribuito nella relazione” (E.Scabni V.Cigoli 2000) per poterlo trasmettere in dono al proprio figlio. Gemma e Giuseppe  non hanno potuto contare su una esperienza relazionale significativa, non vi è mai stato un legame da portare in salvo, apparentemente nulla  di prezioso da trasmettere.  

Bibliografia sintetica


C.Marzotto, R.Telleschi - Comporre il Conflitto Genitoriale – Milano Unicopli 1999
S.Montagano, A.Pazzagli – Il Genogramma – Franco Angeli 2004
S.Nasar – Il genio dei numeri – BUR 2002
E.Scabini, V.Cigoli – Il famigliare – Cortina Editore 2000
E.Scabini, V.Cigoli – Alla ricerca del famigliare – Cortina Editore 2012
E.Scabini, G.Rossi – Rigenerare i legami: la mediazione nelle relazioni familiari e comunitarie – Vita e Pensiero 2004    

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