La promozione della famiglia come scelta di salute

Le politiche pubbliche alla luce della verità sul bene comune. Tesi in breve di Giovanni Marco Campeotto

13/08/2012

Giovanni Marco Campeotto

Relatore: Kampowski Stephan
Anno accademico 2012

Master in Scienze del matrimonio e della famiglia
Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia
Roma

Giovanni Marco Campeotto

Introduzione

Il dibattito nelle politiche socio-sanitarie si sviluppa oggi attorno a due nodi: garantire prestazioni sempre più puntuali ed efficaci da una parte, contenere la spesa dall’altra. Questo avviene in un contesto nel quale è stato progressivamente dato spazio al riconoscimento di diritti individuali a prestazioni sociali e sanitarie un tempo non contemplate dalle normative nazionali.
Non sempre è facile collocare in questo scenario gli interventi non direttamente connessi alla cura ed alla risoluzione di problematiche sociali.
Ci possiamo chiedere: quale ruolo può avere la famiglia in ordine alla prevenzione e promozione della salute? Quali riferimenti antropologici dobbiamo prendere in considerazione affrontando questi temi?
Per far questo è necessario riprendere le definizioni dei concetti fondamentali.
Partendo dalla definizione di salute in positivo dell’OMS nel 1946 va considerato con attenzione quanto sancito nella conferenza di Alma Ata (1978) dove la salute è stata elevata a diritto umano fondamentale.
 E’ una definizione che però confina con quella di felicità, terreno che forse è meglio riservare alle discipline filosofiche.
Anche il termine famiglia ha subìto negli ultimi 40 anni un processo di profonda rivisitazione e dilatazione.
La Costituzione italiana la chiama società naturale fondata sul matrimonio; l’antropologia l’ha comunemente intesa come unione stabile tra uomo e donna per la comunione di vita, il mutuo sostegno e l’educazione della prole.
Il sociologo Pierpaolo Donati individua la famiglia come ciò che presiede alla riproduzione primaria della società ed è caratterizzata da una triplice intermediazione: tra individuo e società, tra natura e cultura, tra pubblico e privato.
L’enciclica Gaudium et Spes ha elevato la famiglia fondata sul matrimonio a legame di ordinamento divino.
Giovanni Paolo II definisce “culla della vita e dell'amore, nella quale l'uomo «nasce» e «cresce», la famiglia è la cellula fondamentale della società”.
Nella Lettera alle famiglie egli richiama la “comunità di vita umana, come comunità di persone unite nell'amore (communio personarum)”.
Il tema del bene comune si propone come strada per il superamento dell’antagonismo tra egoismo ed altruismo; la Gaudium et Spes lo definisce come “l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente”.

Dalla prevenzione alla promozione della salute

    L’esperienza ha intanto mostrato i limiti dei programmi di prevenzione quanto ad efficacia, misurabilità e sostenibilità dei costi.
E’ molto probabilmente mancato un chiaro riferimento a principi e valori, nonché ad una cultura ed antropologia in grado di dare forma compiuta agli interventi di prevenzione.
Le campagne volte a diffondere la contraccezione, a liberalizzare le droghe o a promuovere l’aborto evidenziano i limiti di interventi che non poggiano su solide basi e sul pieno rispetto della dignità umana. E’ altresì necessario sviluppare un passaggio dalla prevenzione alla promozione della salute, sottolineando l’importanza di agire sulla cd. ‘normalità’, anziché concentrare le risorse unicamente sulla prevenzione dei fattori di danno alla salute ed alle condizioni di vita.

   

La Carta di Ottawa per la promozione della salute

Nella Conferenza dell’OMS tenutasi ad Ottawa nel 1986 sono state gettate la basi concettuali in tema di promozione della salute; gli assi portanti erano:
a)   la promozione della salute è “il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla”;
b)   la salute non è solo un obiettivo, ma anche risorsa di vita quotidiana;
c)   le condizioni fondamentali per la salute sono: la pace, l’abitazione, l’istruzione, il cibo, un reddito, un ecosistema stabile, le risorse sostenibili, la giustizia sociale e l'equità; la maggior risorsa sono le persone stesse, il principale interlocutore è la comunità;
d)   la promozione della salute non è un’esclusività del settore sanitario;
e)   la promozione della salute richiede equità ed un lavoro di potenziamento della comunità.
Da un’analisi del testo, è però possibile evidenziare che manca un modello di riferimento e un’antropologia alla quale appellarsi; è inoltre assente un riferimento alla famiglia.
L’assunto centrale del documento è così riassumibile:

promuovere la salute = facilitare le scelte sane.

    In questo senso ogni attività o programma che renda più facile compiere scelte sane rappresenta un passo in avanti verso la promozione della salute.

Se si osservano le dinamiche consolidate del mercato, si possono scorgere alcune affinità con il principio appena esposto:

promozione ed aumento delle vendite = facilitare la scelta di acquistare.

    A differenza del concetto di promozione della salute, qui manca l’elemento qualitativo: la scelta di acquisto ‘sana’, sia dal punto di vista della bontà del prodotto in sé, sia come capacità del prodotto di mantenere ciò che promette all’acquirente.
I fattori principali che sorreggono la logica del mercato si possono così riassumere: prezzo concorrenziale, non mentire circa le proprietà promesse dal prodotto, rendere il prodotto disponibile a livello di quantità, intercettare ed evidenziare il bisogno del prodotto, creare la cultura del prodotto come bene che possa far parte del quotidiano e della normalità, aumentare la disponibilità di reperimento del prodotto in termini di luoghi fisici e virtuali, nonché di accessibilità ed orari dei luoghi preposti alla vendita, diversificare le modalità di distribuzione e di pagamento del prodotto, sostenere un’adeguata azione pubblicitaria, mostrare un’immagine positiva dell’azienda produttrice, vincere i fenomeni di concorrenza. I programmi di promozione della salute potrebbero qui trovare buoni spunti strategici ed operativi.
    Le due equazioni di cui sopra hanno in comune due aspetti: l’obiettivo di facilitare le azioni ritenute vantaggiose (il miglioramento della salute e l’acquisto di un prodotto), l’assenza di un riferimento etico superiore.

Quale riferimento?

E’ forse la mancanza di un’antropologia di riferimento che sta alla base del non raggiungimento di ‘salute per tutti entro il 2000’ promesso forse ingenuamente dalla Carta di Ottawa nel 1986.
Pare diffusa oggi la convinzione che le politiche pubbliche debbano essere il più possibile improntate ad una sorta di relativismo etico che premia le scelte di autonomia e pretende che ogni desiderio diventi diritto esigibile; assistiamo così alla scissione tra libertà e verità, ove ciò che conta è poter esprimere le proprie inclinazioni senza che queste possano essere in qualche modo valutate.
Il tema delle pari opportunità e della tolleranza, nuovo imperativo della contemporaneità, si traduce poi nel riconoscimento delle volontà dei più forti e di chi riesce a farsi rappresentare, ove i piccoli ed i deboli non trovano né spazio, né ascolto.
Il relativismo e l’individualismo possono così diventare buoni alleati dell’ideologia mercantile che trasforma tutto in beni con un prezzo da contrattare, ma solo tra chi se li può permettere.
Si paventa così il rischio che l’economia di mercato si faccia sopraffare dalla brama esclusiva del profitto e dalla sete del potere “a qualsiasi prezzo”. Nella Caritas in veritate, Benedetto XVI sollecita invece il profitto a porsi a servizio del bene comune.

Un’altra prospettiva antropologica

    Il Magistero propone un riferimento antropologico definito sulla base della Rivelazione; Giovanni Paolo II sintetizza come il “Vangelo dell'amore di Dio per l'uomo, il Vangelo della dignità della persona e il Vangelo della vita sono un unico e indivisibile Vangelo”.
La Congregazione per la dottrina della fede ha poi specificato che la dignità di persona spetta ad ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale e che l’origine della vita umana ha il suo autentico contesto nel matrimonio tra uomo e donna e nella famiglia.
La legge naturale va in questa direzione e riconosce la centralità della logica del dono di sé che si fonda a sua volta sull’epistemologia dell’amore.
Il confronto ed il dialogo anche con il non-credente è pertanto possibile sulla base della comune esperienza dell’umanità. 
Le principali differenze di questo approccio con quello di tipo relativistico-materialista sono:
a)   la dignità e globalità della persona
b)   il rispetto della vita dal concepimento alla morte naturale
c)   un concetto maturo di libertà, connesso al tema della responsabilità
d)   la logica del dono di sé.

Da qui si possono trarre i pilastri della dottrina sociale della Chiesa: la dignità della persona umana, il bene comune, la sussidiarietà e la solidarietà.

La famiglia, l’educazione e le scelte sane

Il ruolo della famiglia diventa centrale quando parliamo di abitudini, comportamenti e stili di vita: il mangiar sano, fare attività fisica oppure l’uso di alcol, fumo, droghe illegali, il gioco d’azzardo, il ricorso agli psicofarmaci; è infatti assodato che coinvolgere la famiglia nei programmi di prevenzione da migliori risultati.

Esiste in ogni caso una responsabilità reciproca tra famiglia e società: entrambi sono chiamate al miglioramento ed al sostegno nei confronti dell’altro.
Nella Lettera alle famiglie Giovanni Paolo II sottolinea come il carattere indissolubile del matrimonio si pone quale “fondamento del bene comune della famiglia”.
Il bene comune di base è proprio l’uomo; la promozione di legami stabili e duraturi fa parte dell’uomo e della sua esperienza di relazione.

La famiglia è di per sé capitale sociale; in particolare si indica con ‘capitale sociale familiare’ quella proprietà sui generis che emerge dalla relazione familiare in grado di dar luogo a legami affidabili sulla base del dono e della reciprocità.

E’ pur vero che esistono anche famiglie problematiche e disfunzionali: è a queste che i servizi socio-sanitari si devono orientare per fornire nei modi e nei tempi adeguati aiuti e supporti volti ad affrontare le difficoltà e a difendere i soggetti deboli (ad es. minori, disabili, anziani non autosufficienti).

Concetti cardine per la promozione della salute e del bene comune possono essere così sintetizzati: legami stabili e pubblicamente rilevanti, apertura alla vita e difesa della vita, centralità della famiglia. E’ quindi necessario operare una sorta di alleanza tra bene comune, famiglia e promozione della salute.


Sostenere processi di facilitazione

La famiglia in sé può essere quindi definita una scelta sana in quanto per sua natura è motivata a sviluppare dinamiche virtuose, orientate alla salute e ad una migliore qualità della vita.
Pur non essendo i legami familiari un bene economico, è possibile tentare un ipotetico collegamento tra la promozione della famiglia e la logica del mercato sopra richiamata evidenziando i seguenti aspetti:
a)   se la famiglia costa in termini economici risulta più difficile promuoverla;
b)   è necessario far conoscere che ‘fare famiglia è bello’;
c)   a differenza dei beni che si inventano e si propongono al mercato, la famiglia è una formazione naturale e pre-esistente agli Stati: richiede di per sé interventi di protezione e promozione;
d)   il ruolo della pubblicità: esperienze quali la ‘pubblicità progresso’ possono essere utilizzate per promuovere la famiglia;
e)   la discussione mai esaurita sulle altre forme di relazione affettiva va necessariamente argomentata e non sottovalutata.

Di fatto, la famiglia stabile e solidale -nonché sobria - è la prima ‘nemica’ del mercato in quanto contrasta la proliferazione di beni e spese di ogni sorta tipica delle famiglie sfaldate ove si è persa l’unità (appartamenti, spese legali, alimentari, trasporti, ecc.).

L’ideologia della non-discriminazione richiama con forza, dal punto di vista giuridico una chiarificazione sulla natura ed il ruolo dello Stato.
E’ da considerare solo quale Ente che deve ratificare le scelte e le rivendicazioni dei singoli? Se lo Stato deve occuparsi del bene pubblico, qual è davvero l’interesse collettivo?
In realtà, il diritto per definizione non può essere indifferente o neutrale in senso assoluto; assistiamo invece ad una progressiva perdita di significato della famiglia, ridotta a semplice luogo dell’affettività.
In tal senso scompare la distinzione con altre forme di legame che però pretendono come principio uno status diverso da quello matrimoniale.
Chiedendoci però cos’è che lo Stato deve promuovere e difendere, ci si rende conto che è proprio mettendo al centro i valori importanti per la convivenza e le esigenze di chi è nel bisogno o non può rappresentare se stesso che acquista significato la presenza di un organismo al di sopra delle parti in grado di rappresentare e tutelare ciò è bene per la società.
Dal punto di vista della fede è necessario partire dall’uomo creato maschio e femmina ad immagine di Dio, uomo come “via della Chiesa”.
La verità rivelata indica quindi chiaramente la strada da percorrere per il bene dell’uomo.
Si può inoltre parlare di un ordine antropologico della famiglia caratterizzato dalla differenza sessuale dei due genitori e dalla differenza d’età tra le generazioni.
Sovvertire questo assetto è fonte di problemi e di disordine sociale (come ad esempio la situazione di una madre che dona l’ovulo alla figlia sterile, diventando così contemporaneamente nonna di suo figlio).

La famiglia come paradigma

Riflettendo sulla situazione attuale ci si può quindi chiedere quali siano le scelte di vita che vengono oggi facilitate; è agevole quindi intravvedere un orizzonte che delegittima la famiglia ed il matrimonio, riducendoli a scelta minoritaria, privatizzata e sempre più svincolata da un riferimento trascendentale.
Al suo posto sono promosse le convivenze, le unioni gay, le più svariate tecniche di procreazione assistita e le modalità di genitorialità per singoli e coppie dello stesso sesso. Sono stati disgiunti aspetti un tempo profondamente connessi ed interdipendenti: la sessualità, la genitorialità e la coniugalità.
Va recuperata la natura degli atti e degli affetti pubblicamente rilevanti, riconducendoli all’idea di bene comune. Sotto un profilo antropologico è quindi possibile proporre la seguente equazione:

il principio di autonomia sta all’individuo e si esprime nella logica del mercato
come
il bene comune sta alla famiglia e si esprime nella logica della promozione della salute

La famiglia, può diventare pertanto il perno attorno al quale vanno costruiti i percorsi di promozione della salute e del bene comune in quanto è proprio nella famiglia che si sviluppano, si apprendono e si trasmettono stili di vita sani, qualità e valori che contribuiscono in modo determinante alla crescita di persone responsabili.
Questo, oltre che infondere benessere già all’interno della famiglia stessa, contribuisce inevitabilmente alla diffusione del bene comune proprio dove le persone vivono e lavorano.

Alcune sintetiche indicazioni per le politiche sociali familiari

Venendo ora alle politiche sociali, promuovere non significa fermarsi al solo provvedimento di tipo monetario, nemmeno comporta sempre un maggior esborso di danaro pubblico; le tipologie di intervento, con alcune semplici esemplificazioni, possono essere così raggruppate:
f)   interventi di facilitazione: sportelli per la famiglia, incentivazioni al part-time;
g)  sgravi fiscali e tariffari, riforma dell’I.S.E.E.;
h)  erogazioni monetarie: bonus bebè, mutui agevolati per la casa, prestiti sull’onore, ecc.;
i)   promozione: consulte per la famiglia, osservatorio sulla famiglia, eventi culturali;
j)   sostegno: potenziare i consultori familiari, supporto nei percorsi pre-parto e post-parto, nuovi strumenti di sostegno per evitare il ricorso all’aborto.

Promuovere la famiglia significa allora attivare percorsi virtuosi non per forza collocabili unicamente all’interno dei sistemi socio-sanitari, in quanto, proprio per la trasversalità del tema, la promozione può trovare espressione secondo modalità che poco hanno da spartire con gli interventi di tipo riparatorio o curativo/riabilitativo tipici del servizio sociale e sanitario. Intervenire a favore della famiglia in senso promozionale non prevede processi di presa in carico, richiede invece strategie sussidiarie e positive nella valorizzazione della famiglia come bene comune per la società.
La regia di questi interventi può essere quindi individuata nell’ente locale, con particolare riferimento al Comune, inteso come istituzione più vicina al cittadino ed alle famiglie stesse.



Bibliografia in allegato

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