L'assegnazione della casa familiare

La trascrizione del provvedimento dell'assegnazione della casa familiare. Tesi in breve di Anna Maria De Mattei

28/01/2013





Tesi di Anna Maria De Mattei

Relatore:
Mirko Faccioli

Anno accademico 2010-2011

 

Facoltà di Giurisprudenza 
Università degli Studi di Verona



Anna Maria De Mattei

Introduzione

Nel disciplinare la sorte della casa familiare, la prima questione da risolvere attiene all’individuazione del coniuge in favore del quale disporre l’assegnazione una volta cessata la convivenza.
Nel nuovo art. 155 quater c.c. e` enunciata la regola che «il godimento della casa familiare e` attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli».
Tale norma – dettata nell’ambito della disciplina della separazione legale, ma applicabile anche al divorzio, alla nullita` del matrimonio e alle controversie relative ai figli di genitori non coniugati – e` alquanto generica e non risolve i dubbi interpretativi posti dalla normativa precedentemente dettata in materia di separazione e divorzio, ma anzi li aggrava,essendo l’inevitabile conseguenza della norma sull’affidamento condiviso, che diversamente da quella precedente sull’affidamento esclusivo, non permette di individuare, quantomeno normativamente, il genitore con cui i figli continueranno a vivere.
Piu` precisamente, quando la legge prevedeva l’affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori, presupponeva che il figlio avrebbe abitato prevalentemente con il genitore affidatario e avrebbe frequentato l’altro genitore secondo un regime di visita stabilito dal giudice.
Di qui la possibilita` di stabilire che «L’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli».



L'affidamento condiviso

Con l’affidamento condiviso, invece, la legge prevede che il giudice debba valutare prioritariamente la possibilita` che i figli restino affidati a entrambi i genitori e, in caso affermativo, che debba regolare tempi e modi della permanenza dei figli presso ciascun genitore, senza che sia possibile identificare, quantomeno normativamente, un genitore con cui il figlio abita prevalentemente.
Per questo, la norma sopra citata e` formulata in modo piu` generico, e si limita a indicare che l’assegnazione sia disposta tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
Tuttavia, nell’applicazione pratica, le nuove  norme sull’affidamento sono interpretate nel senso che, pur in un quadro giuridico di affidamento condiviso, occorre sempre individuare un genitore con cui il figlio abitera` prevalentemente, tanto che si dice, solitamente, che il figlio e` affidato a entrambi i genitori con collocazione stabile presso uno dei due.
Ne consegue, con riferimento alla casa, che l’interpretazione corrente dell’art. 155 quater e` analoga a quella data alla normativa precedente; e quindi l’assegnazione spetta al coniuge con cui i figli continueranno a vivere, mentre in caso di assenza di figli da tutelare, perche´ non ve ne sono o perche´ sono ormai diventati economicamente autonomi, non si da` luogo ad alcuna assegnazione.
L’assegnazione della casa coniugale costituisce un istituto tipico del diritto di famiglia,non inquadrabile, come e` noto, in alcuno dei diritti di godimento previsti dall’ordinamento: non e` quindi un diritto reale, cosı` come non e` un diritto personale di godimento di fonte contrattuale (locazione o comodato).
La sua funzione e` quella di regolamentare l’uso dell’immobile tra due soggetti nel caso in cui essi abbiano avuto figli e abbiano convissuto con essi in una casa comune, siano essi coniugi, ex coniugi o ex conviventi more uxorio.
E cio` a prescindere dal diritto sottostante in virtu` del quale essi lo occupavano durante la convivenza, diritto che non subisce modificazioni a seguito della assegnazione, sia che la proprieta` spetti a uno solo, sia che spetti a entrambi.
Tuttavia l’assegnazione comporta un’evidente limitazione di tale diritto, rilevante sotto diversi punti di vista.
Si pensi all’ipotesi che la casa appartenga ad un coniuge,ma venga assegnata all’altro; oppure all’ipotesi che la casa sia di proprieta` comune. In entrambi i casi il coniuge non assegnatario, pur restando proprietario, perde l’uso dell’immobile.
 E cio` assume rilievo sia nell’ambito della regolamentazione delle condizioni economiche della separazione, sia sotto il profilo del valore commerciale dell’immobile.
Quanto al primo punto, il nuovo art. 155 quater ha considerato il valore economico di questa perdita disponendo che «Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolamentazione dei rapporti economici, considerato l’eventuale titolo di proprieta`».
L’assegnazione, infatti, ha un valore economico a tutto vantaggio di chi ne beneficia, mentre comporta, per l’altro coniuge, la necessita` di trovarsi una nuova casa, con ovvie conseguenze sotto il profilo economico.
Quanto al valore commerciale dell’immobile, la casa assegnata e` una casa occupata, stante che la assegnazione, nelle modalita` che vedremo, e` opponibile ai terzi.
 Pertanto, pur essendo astrattamente vendibile, lo sara` con un minor valore e con una commerciabilita` ridotta.
La questione piu` delicata, nell’ambito della disciplina dell’assegnazione della casa familiare, si e` rivelata essere quella dell’opponibilita` ai terzi del provvedimento di assegnazione, la cui prima disciplina, peraltro parziale, e` intervenuta alquanto tardivamente solo con la riforma della legge sul divorzio del 1987.
Tale riforma, con riferimento al caso che ci occupa, ha colmato un vuoto normativo durato per ben diciassette anni, se si fa riferimento all’introduzione della legge sul divorzio, ma ha lasciato irrisolto il problema con riferimento alla separazione, richiedendo come vedremo l’intervento della Corte costituzionale.
L’art. 6, 6º co., l. 1.12.1970, n. 898 (l. div.), cosı` come risultante dalla riforma del 1987, disponeva che «l’assegnazione, in quanto trascritta, e` opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’art. 1599 del codice civile».
Con riferimento alla assegnazione della casa familiare, il citato art. 6, 6º co., l. div., e` stato inizialmente interpretato restrittivamente, poiche´ si e` pensato che, diversamente dalla locazione, per l’opponibilita` ai terzi del provvedimento di assegnazione fosse  sempre e comunque necessaria la trascrizione.
 Tuttavia, ben presto e` prevalsa l’interpretazione piu` favorevole, che ha adeguato integralmente la disciplina dell’opponibilita` dell’assegnazione a quella della locazione, e tale indirizzo ha ricevuto l’avallo della Corte costituzionale, successivamente contestato da una sentenza della Corte di cassazione, ma poi ribadito dalla medesima Cassazione, con una sentenza a Sezioni Unite.
L’assegnazione della casa familiare, a seguito della citata riforma, e` quindi risultata sempre opponibile ai terzi, se anteriore all’alienazione dell’immobile: per non piu` di nove anni, in caso di mancata trascrizione; e per tutta la sua durata, anche superiore ai nove anni, in caso di trascrizione.
Come abbiamo accennato sopra, si e` pero` trattato di una riforma parziale, non essendo stata disciplinata l’opponibilita` dell’assegnazione effettuata in sede di separazione, al punto che si e` reso necessario un intervento della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato «la illegittimita` costituzionale dell’art. 155, 4º co., c.c., nella parte in cui non prevede la trascrizione del provvedimento giudiziale di assegnazione della abitazione familiare al coniuge affidatario della prole, ai fini dell’opponibilita` ai terzi».
La disciplina e` stata ulteriormente modificata nella legge con cui e` stato introdotto l’affidamento condiviso, con una norma restrittiva che, pur nella sua infelice formulazione, sembra non lasciare adito a dubbi circa la necessita` della trascrizione del provvedimento di assegnazione, e la conseguente esclusione della possibilita` di applicare la disciplina piu` favorevole dettata per le locazioni per i contratti di durata inferiore ai nove anni, sopra illustrata.
 Il nuovo art. 155 quater, infatti, dispone che «il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili ai terzi ai sensi dell’art. 2643», senza che vi sia alcun richiamo dell’art. 1599 c.c.

 

Discussione

Tuttavia l’assegnazione comporta un’evidente limitazione di tale diritto, rilevante sotto diversi punti di vista.
Si pensi all’ipotesi che la casa appartenga ad un coniuge, ma venga assegnata all’altro; oppure all’ipotesi che la casa sia di proprieta` comune.
In entrambi i casi il coniuge non assegnatario, pur restando proprietario, perde l’uso dell’immobile.
E cio` assume rilievo sia nell’ambito della regolamentazione delle condizioni economiche della separazione, sia sotto il profilo del valore commerciale dell’immobile.
Quanto al primo punto, il nuovo art. 155 quater ha considerato il valore economico di questa perdita disponendo che «Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolamentazione dei rapporti economici, considerato l’eventuale titolo di proprieta`».
L’assegnazione, infatti, ha un valore economico a tutto vantaggio di chi ne beneficia, mentre comporta, per l’altro coniuge, la necessità di trovarsi una nuova casa, con ovvie conseguenze sotto il profilo economico.
Quanto al valore commerciale dell’immobile, la casa assegnata è una casa occupata, stante che la assegnazione, nelle modalita` che vedremo, è opponibile ai terzi.
Pertanto, pur essendo astrattamente vendibile, lo sarà con un minor valore e con una commerciabilità ridotta.
La questione più delicata, nell’ambito della disciplina dell’assegnazione della casa familiare, si è rivelata essere quella dell’opponibilità ai terzi del provvedimento di assegnazione, la cui prima disciplina, peraltro parziale, è intervenuta alquanto tardivamente solo con la riforma della legge sul divorzio del 1987.
Tale riforma, con riferimento al caso che ci occupa, ha colmato un vuoto normativo durato per ben diciassette anni, se si fa riferimento all’introduzione della legge sul divorzio, ma ha lasciato irrisolto il problema con riferimento alla separazione, richiedendo come vedremo l’intervento della Corte costituzionale.
L’art. 6, 6º co., l. 1.12.1970, n. 898 (l. div.), cosı` come risultante dalla riforma del 1987, disponeva che «l’assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’art. 1599 del codice civile».
Con riferimento alla assegnazione della casa familiare, il citato art. 6, 6º co., l. div., e` stato inizialmente interpretato restrittivamente, poiché si è pensato che, diversamente dalla locazione, per l’opponibilità ai terzi del provvedimento di assegnazione fosse  sempre e comunque necessaria la trascrizione.
Tuttavia, ben presto è prevalsa l’interpretazione più favorevole, che ha adeguato integralmente la disciplina dell’opponibilità dell’assegnazione a quella della locazione, e tale indirizzo ha ricevuto l’avallo della Corte costituzionale, successivamente contestato da una sentenza della Corte di cassazione, ma poi ribadito dalla medesima Cassazione, con una sentenza a Sezioni Unite.
L’assegnazione della casa familiare, a seguito della citata riforma, è quindi risultata sempre opponibile ai terzi, se anteriore all’alienazione dell’immobile: per non più di nove anni, in caso di mancata trascrizione; e per tutta la sua durata, anche superiore ai nove anni, in caso di trascrizione.
Come abbiamo accennato sopra, si e` pero` trattato di una riforma parziale, non essendo stata disciplinata l’opponibilita` dell’assegnazione effettuata in sede di separazione, al punto che si è reso necessario un intervento della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato «la illegittimita` costituzionale dell’art. 155, 4º co., c.c., nella parte in cui non prevede la trascrizione del provvedimento giudiziale di assegnazione della abitazione familiare al coniuge affidatario della prole, ai fini dell’opponibilita` ai terzi».
La disciplina e` stata ulteriormente modificata nella legge con cui è stato introdotto l’affidamento condiviso, con una norma restrittiva che, pur nella sua infelice formulazione, sembra non lasciare adito a dubbi circa la necessita` della trascrizione del provvedimento di assegnazione, e la conseguente esclusione della possibilità di applicare la disciplina più favorevole dettata per le locazioni per i contratti di durata inferiore ai nove anni, sopra illustrata.
Il nuovo art. 155 quater, infatti, dispone che «il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili ai terzi ai sensi dell’art. 2643», senza che vi sia alcun richiamo dell’art. 1599 c.c.

 

Capitoli della tesi:

Le fasi patologiche del rapporto di coppia e la casa familiare.
Separazione, divorzio e convivenza more uxorio;
La casa familiare
L’assegnazione della casa coniugale
La trascrizione dell’assegnazione della casa familiare 
La disciplina della trascrizione ante 2006
La trascrizione con la riforma del 2006
L’assegnazione della casa familiare e gli atti trascrivibili in materia
La trascrizione dell’ordinanza presidenziale
La trascrizione della  domanda di assegnazione
L’assegnazione della casa familiare e le misure cautelari
La revoca  dell’assegnazione della casa familiare 
Revoca del provvedimento di assegnazione
La pubblicità del provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa familiare.

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