25/06/2012
Eleonora Mazzon
Relatore: Francesca Zanuso
Anno accademico 2010-2011
Facoltà di Giurisprudenza
Università degli Studi di Verona
Eleonora Mazzon
Introduzione
“Tutto ciò che è tecno-scientificamente possibile in ambito biomedico è anche eticamente lecito?”
Questo è l’emblematico interrogativo che la Bioetica si pone con l’intento di fungere da terreno d’incontro tra le due istanze proprie del vivere, ovvero
l’innovazione-la libertà della scienza di progredire, da una parte, e
il rispetto dei valori e delle esigenze della convivenza sociale, dall’altra.
Tale obiettivo, tuttavia, non si presenta così agevole da raggiungere, in quanto deve focalizzarsi
nel contesto socio-culturale all’interno del quale il dibattito bioetico si sviluppa, comunemente identificato con il termine “post-modernità”.
Il pensiero post-moderno è caratterizzato, infatti, dal ritenere, in primo luogo,
impossibile elaborare principi e valori immutabili ed eterni, o anche semplicemente costanti; in secondo luogo, si distingue per la sua pretesa di affermare l’idea di un uomo “materializzato”, mero aggregato di proprietà, indifferente ad ogni alterità, anche in senso metafisico.
In questo contesto si inserisce il
mio lavoro, che si propone, quindi,
di decodificare una nuova “questione di frontiera” venuta recentemente ad arricchire il dibattito bioetico:
quella relativa alla doverosità o meno di procedere alla rianimazione dei feti prematuri nati a seguito di interruzione volontaria della gravidanza.
Per fare ciò, mi sono posta
una serie di interrogativi, relativi all’essenza delle due discipline maggiormente coinvolte in materia, ovvero la
“Medicina” e il “Diritto”, nonché al concetto di
“Persona” e di “autonomia”; inoltre, ho ricostruito il contesto storico che ha portato all’elaborazione della Legge 194/1978, fulcro normativo di riferimento in materia.
Il fine di questa riflessione è costituito dal tentativo, grazie ad essa, di comprendere se e
come coniugare la tutela della vita del feto con l’autonomia della donna che ha scelto di interrompere la gravidanza.
Sono, tuttavia, pienamente consapevole che cercare di rispondere a tali interrogativi impone di ripensare le categorie filosofico-culturali tradizionalmente accolte, con inevitabili ripercussioni anche sul panorama dei rapporti
tra i nuclei fondamentali della società, ovvero Famiglia, Stato e Chiesa.
Discussione
Il dibattito attorno al
“se” e al “quando” rianimare non è nuovo in medicina, anzi, affonda le proprie radici in studi condotti a livello internazionale già nei critici anni ’70 del secolo scorso.
Se, però, in passato il confronto si è concentrato più sullo studio clinico delle patologie di cui i feti prematuri risultavano affetti e, quindi, sulla loro cura, oggi, il mondo medico si divide
sull’interpretazione operativa da dare alla Legge 194/1978.
Il dato storico da cui è partito il mio lavoro, infatti, è rintracciabile nell’acceso confronto che si è animato quando dalle pagine dei principali giornali nazionali si apprendeva che all’Ospedale Careggi di Firenze,
due neonatologi, al termine di due I.V.G., eseguite per presunte malformazioni fetali, avevano proceduto alla rianimazione del feto prematuro in quanto vitale, contro il volere della donna.
Evidente, per alcuni, il pericolo che così si concretizzava: tale condotta avrebbe dato adito ad un nuovo attacco alla Legge 194/1978 e, quindi, alla presunta libertà della donna.
Tuttavia,
è la stessa Legge 194, all’art. 7, co.3, ad aver introdotto
il concetto di “vitalità” del feto ed ad aver imposto al medico di porre in essere ogni misura idonea a salvaguardare la vita dello stesso.
In effetti, la riflessione medica e biomedica
si è divisa proprio sul significato da attribuire al concetto di “vitalità, ovvero di capacità di sopravvivenza del feto prematuro; è così stato riproposto, anche in tale materia, quello scontro tipico del dibattito bioetico, ovvero tra
“bioetica pro-life” e “bioetica pro-choice”.
Da una parte, infatti, si collocano quei medici che riconoscono
nell’autonomia individuale il concetto etico superiore, che, come tale, non può ammettere limitazioni predeterminate. Essi
non negano il concetto di persona, ma, coerentemente con i loro assunti teorici, lo subordinano al “criterio della qualità”: il feto, cioè, è persona solo quando possiede determinate funzioni e, soprattutto, quando è in grado di manifestarle.
Tali medici-scienziati, pertanto, subordinano
il riconoscimento della vitalità del feto al raggiungimento di una determinata età gestazionale, con la conseguenza che essi adottano
un comportamento pregiudizialmente non rianimatorio.
A sostegno delle loro argomentazioni, tali studiosi si richiamano ad un documento, pubblicato nel 2006, noto come
“Carta di Firenze” che
consente l’attivazione della rianimazione solo al di sopra di una certa età gestazionale, stabilita sulla base di dati statistici di sopravvivenza dei prematuri.
Dall’altro lato vi sono, invece, quei medici che riconoscono
nella “Persona” il valore etico superiore, come tale non riducibile alle sue funzioni.
Conseguentemente, lo steso concetto di
autonomia-autodeterminazione della persona viene declinato in termini di responsabilità, assurgendo a diritto solo laddove promuove il riconoscimento dell’altro come interlocutore necessario.
Tali studiosi ritengono, pertanto,
che sia doveroso rianimare sempre, ovvero ogni qual volta l’intervento rianimatorio non si riduca in un accanimento terapeutico.
Tra questi medici vi sono parte degli estensori
della c.d. “Carta di Roma”, pubblicata nel 2008, che sancisce la tutela del feto prematuro sin dalla nascita,
in quanto soggetto di diritto a tutti gli effetti.
Lo
stesso parere è stato pronunciato al riguardo dal
Comitato Nazionale per la Bioetica, con un documento dal
titolo “I grandi prematuri. Note bioetiche”, del 2008.
Di fronte all’irrompente novità di un tema così scottante, si deve
rilevare la difficoltà del nostro ordinamento giuridico ad inquadrare giuridicamente la tematica, stante l’assenza di una disciplina omogenea in materia.
Con il mio lavoro ho, quindi,
cercato di interpretare i dati normativi maggiormente rilevanti in materia: la sent. Corte Cost. n. 27/1975 che ha avviato in Italia il dibattito sull’”aborto”; la L. 194/1978, gli artt. 2 e 32 C., l’art. 1 C.c., la disciplina del “consenso informato” e quella sula “potestà genitoriale”.
Ho interpretato le varie disposizioni normative
alla luce di alcuni principi fondamentali,
costituzionalmente fondati, richiamando il valore di persona, di solidarietà e della priorità del rispetto dei diritti dell’uomo su qualsivoglia ricerca scientifica.
A tal fine ho dovuto
confutare alcuni “luoghi comuni”: ed esempio, quello che riconosce la natura personale solo a chi sia portatore di determinate qualità, quello che sostituisce alla “solidarietà sociale” il criterio della “simpatia sociale”, quello, infine, che reputa utilitaristicamente sacrificabile una vita debole laddove tale sacrificio produca un vantaggio per i più o solo per alcuni.
Ho, quindi, dimostrato
come il feto prematuro debba essere concepito come persona in senso assoluto e, dunque,
come titolare, sin dalla nascita, del diritto ad essere curato-rianimato sempre, a prescindere dall’età gestazionale; di conseguenza, ho ritenuto
che il diritto all’autodeterminazione della donna non possa spingersi sino a negare il diritto alla salute del nato, imponendo la non rianimazione, in particolar modo nei casi di c.d. “aborto procurato”, cioè eseguito per ragioni non specificamente terapeutiche, ovvero non preordinate alla salvaguardia della salute della donna.
Indice
Capitolo I:
1.1 La “Questione Femminile” e il pensiero femminista
1.2 Il dibattito culturale e politico sull’aborto
1.3 La Legge 194/1978: “Norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria di gravidanza”
1.4 L’ένδοξον dell’autodeterminazione
Capitolo II
2.1 L’ένδοξον del valore della persona
2.2 “Chi è persona?” Teorie a confronto
2.3 L’irriducibilità del concetto di persona
2.4 La procreazione tra libertà e responsabilità
Capitolo III
3.1 La cronaca
3.2 Chi è il nato prematuro
3.3 L’operatività della L. 194/1978 dopo il 90° giorno di gestazione
3.4 Rianimare o non rianimare? Premesse e Linee guida
3.5 La rianimazione tra autonomia e potestà genitoriale
Conclusioni